inexecutivis
pubblicato
14 ottobre 2018
Rispondiamo alla domanda osservando che la disciplina delle detrazioni fiscali legate alla ristrutturazione e quella della plusvalenza sono tra loro indipendenti, nel senso che non si tiene conto delle prime ai fini del calcolo della seconda.
Quanto alle modalità di tassazione, occorre partire dall’art. 1, comma 496 l. L. 23/12/2005, n. 266 (modificato prima dal comma 21 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione, e poi dal comma 310 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296), il quale prevede che In caso di cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, all'atto della cessione e su richiesta della parte venditrice resa al notaio, in deroga alla disciplina di cui all'articolo 67, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sulle plusvalenze realizzate si applica un'imposta, sostituiva dell'imposta sul reddito, del 20 per cento. A seguito della richiesta, il notaio provvede anche all'applicazione e al versamento dell'imposta sostitutiva della plusvalenza di cui al precedente periodo, ricevendo la provvista dal cedente. Il notaio comunica altresì all'Agenzia delle entrate i dati relativi alle cessioni di cui al primo periodo, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore della predetta Agenzia”.
Dunque, le modalità di tassazione delle plusvalenze sono due: o il venditore chiede al notaio, in sede di rogito, l'applicazione di una imposta sostitutiva del 20%, che il notaio medesimo provvede a versare, oppure la plusvalenza viene portata in dichiarazione ed inserita tra i redditi diversi e sconta il pagamento dell'Irpef