Sui vari siti si trova diversi pareri sul fatto delle aste deserte, alcuni dicono che l ultima sia la quarta invece altri dicono che si arriva al punto di un offerta libera che copra le spese bancarie. Si possono avere maggiori delucidazioni? Grazie
Sui vari siti si trova diversi pareri sul fatto delle aste deserte, alcuni dicono che l ultima sia la quarta invece altri dicono che si arriva al punto di un offerta libera che copra le spese bancarie. Si possono avere maggiori delucidazioni? Grazie
L’art. 19, comma 2, lett. b) del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con l. 10 novembre 2014, n. 162 ha introdotto l’art. 164 bis disp. att. c.p.c. il quale dispone che “Quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.
L’istituto si applica anche alle procedure pendenti in forza del comma 6 bis del medesimo art. 19, in forza del quale “le disposizioni del presente articolo, fatta eccezione per quelle previste al comma 2, lettera a), limitatamente alle disposizioni di cui all’articolo 155-sexies, e lettera b), e al comma 5, si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. La legge di conversione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 10 novembre 2014 e, pertanto, la novella è definitivamente entrata in vigore il 10 dicembre 2014.
La norma costituisce l’espressione di una netta (almeno in linea di principio) scelta rispetto al tema, assai sentito, del limite entro il quale sia “ragionevole” proseguire con le operazioni di vendita allorquando le possibilità di realizzo si assottigliano oltremodo. Se il bene, nonostante i ribassi applicati nei vari tentativi, rimane invenduto, fino a che punto la procedura deve ulteriormente procedere?
La giurisprudenza di legittimità che si era occupata della questione aveva escluso la possibilità che lo stallo della procedura, o l’antieconomicità della stessa, potesse giustificare l’adozione di un provvedimento di chiusura atipica (Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2006, n. 27148)
Con questa norma il legislatore ha espressamente riconosciuto la possibilità di una “chiusura anticipata del processo esecutivo” così ponendo rimedio al rigoroso (ma del tutto condivisibile, de iure condito) atteggiamento della Corte di Cassazione, e di cui sopra si è detto.
Dalla relazione relativa al disegno di legge di conversione del d.l. 132/2014, si legge chiaramente che la norma è stata coniata allo scopo di evitare "che vadano avanti (con probabili pregiudizi erariali anche a seguito di azioni risarcitorie per danno da irragionevole durata del processo) procedimenti di esecuzione forzata pregiudizievoli per il debitore ma manifestamente non idonei a produrre il soddisfacimento degli interessi dei creditori in quanto generatori di costi processuali più elevati del concreto valore di realizzo degli asset patrimoniali pignorati", aggiungendo che l’ordinanza di chiusura anticipata per infruttuosità sarà impugnabile nelle forme dell’opposizione agli atti esecutivi.
Da tali indicazioni è stata ricavata da taluna dottrina la condivisibile affermazione per cui essa non è (come pure altri hanno ritenuto) strumento di contemperamento tra l’interesse al soddisfacimento dei creditori e l’interesse del debitore a non vedere “svenduto”, bensì mezzo di tutela di un interesse, proprio dell’amministrazione della giustizia, "ad evitare che proseguano sine die procedure esecutive inidonee a consentire il soddisfacimento degli interessi dei creditori, con inutile dispendio di risorse".
Come si vede, il legislatore ha quindi canonizzato l’antieconomicità della procedura come causa di “chiusura anticipata” della medesima.
La lettera della norma induce a ritenere che la infruttuosità dell’esecuzione si atteggi a causa di estinzione atipica della procedura, con tutte le conseguenze che questo determina in punto di effetti sulla prescrizione e regime di impugnazione del provvedimento.
Secondo la lettera della norma, affinché la procedura sia dichiarata improseguibile è necessario accertare l’impossibilità di conseguire un “ragionevole soddisfacimento” delle ragioni “dei creditori”; questo giudizio deve essere formulato “anche” tenendo conto:
- dei costi necessari per la prosecuzione della procedura;
- delle probabilità di liquidazione del bene;
- del presumibile valore di realizzo.
Insomma, il Giudice deve compiere una valutazione comparativa tra le ragioni “dei creditori” (si noti il plurale), da un lato, i costi della procedura, la probabilità che si giunga ad una vendita ed il presumibile valore di realizzo dall’altro, e disporre la chiusura della procedura quante volte il risultato di siffatta valutazione lo conduca a ritenere inverosimile approdare ad un “ragionevole soddisfacimento” delle pretese creditorie.
Ora, ciò detto, è evidente che comprendere quando questo si verifichi è compito tutt’altro che agevole, e non a caso l’espressione normativa è volutamente ampia.
Così, stando al tenore della previsione, dovrebbe certamente escludersi che la procedura possa proseguire quando i costi necessari al suo ulteriore divenire superino il presumibile valore di aggiudicazione. Allo stesso modo, sul versante opposto, pare difficile che possa dichiararsi improseguibile una procedura in cui, nonostante i numerosi ribassi, il prezzo di vendita, sebbene assai ridotto rispetto a quello iniziale, conservi una consistenza ancora economicamente apprezzabile.
Sennonché, al di fuori di questi casi, il limite di proseguibilità assume contorni certamente più sfumati. In ipotesi, potrebbe verificarsi che il valore di aggiudicazione del bene è più o meno corrispondente ai costi della procedura già sostenuti; stando alla lettera della norma, in questa evenienza la procedura dovrebbe interrompersi poiché le pretese creditorie non hanno alcuna possibilità di trovare ragionevole ristoro, e tuttavia è legittimo che il creditore chieda di proseguire, per lo meno al fine di evitare che una estinzione anticipata della procedura lo obblighi a dover sostenere anche le spese già anticipate.
Ceramente, non costituisce un limite di proseguibilità (almeno nelle esecuzioni immobiliari) l'avvenuto espletamento di 4 tentativi di vendita.