Cerchiamo di rispondere separatamente alle domande formulate.
Quanto al problema dell’intervento, il suggerimento che si sentiamo di offrire è quello di definire la procedura lo stesso giorno in cui si accede al fascicolo, poiché l’intervento dei creditori potrà avvenire in qualunque momento, fino all’udienza fissata per la distribuzione del ricavato.
Quindi, il giorno in cui si definisce la posizione con i creditori ci si deve assicurare che la procedura sia dichiarata estinta.
Ovviamente nella definizione delle proprie posizioni deve essere coinvolta anche l’Equitalia, poiché questa, in quanto intervenuta in una procedura da altri intrapresa, potrebbe dare impulso alla stessa.
A proposito della terza domanda riteniamo che l’accordo debba essere raggiunto con tutti i creditori che potrebbero spiegare intervento; in caso contrario, è sempre possibile che questi possano intervenire o addirittura possano iniziare una autonoma procedura esecutiva.
Quanto alle spese di estinzione della procedura, esse, se non risulta diversamente dagli accordi delle parti, sono restano a carico del creditore.
Questa risposta richiede di essere argomentata poiché ad essa si giunge attraverso un iter normativo piuttosto articolato.
A nostro avviso per inquadrare l'argomento occorre premettere una serie di dati normativi.
Prima fra tutti l'art. 8 d.P.R. 30.5.2002, n. 115 (meglio noto come Testo unico delle spese di giustizia), a mente del quale ciascuna parte provvede:
- alle spese degli atti processuali che compie;
- alle spese degli atti processuali che chiede;
- ad anticipare le spese per gli atti necessari al processo quando l'anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal magistrato.
Si tratta di una previsione che ricalca la originaria formulazione dell'art. 90 c.p.c., che l'art. 299 del citato testo unico ha abrogato.
Dunque, in forza di questa disposizione, la parte processuale è tenuta ad un onere di anticipazione, che riguarda le spese degli atti che compie, di quelli che chiede, nonché di quelli necessari al processo (anche se non richiesti ma adottati dal magistrato) quando la relativa anticipazione sia posta a suo carico dalla legge o dal giudice.
La norma va letta unitamente all'art. 91 c.p.c., il quale prevede che il giudice con il provvedimento con cui chiude il processo pone definitivamente le spese dello stesso a carico del soccombente, salvo che non ritenga di compensarle, in tutto o in parte.
Lo stesso principio viene adattato al processo di esecuzione dall'art. 95 c.p.c., il quale dispone che le spese sostenute dal creditore procedente e dal creditore intervenuto sono a carico di colui il quale ha subito l'esecuzione.
Quindi, in sede esecutiva, il creditore anticipa i costi della procedura e li recupera al momento della distribuzione del ricavato.
Rispetto all'ordinario modello delineato dalle norme appena citate, la rinuncia all'esecuzione introduce un elemento di distorsione, poiché il creditore rinunciante, cessando di essere parte del processo, non parteciperà alla distribuzione del ricavato. Questo allora pone il problema di comprendere quale disciplina deve applicarsi alle spese da egli sostenute, non potendo trovare applicazione l'art. 95 c.p.c.
A questo proposito viene in rilievo l'art. 629, comma primo, c.p.c., a mente del quale il processo esecutivo si estingue se, prima dell'aggiudicazione, il creditore procedente e quelli intervenuti muniti di titolo rinunciano alla procedura. In questo caso, specifica l'ultimo comma della disposizione, si applicano l'art. 306 c.p.c., il quale a sua volta prevede che il rinunciante deve rimborsare alle altre parti le spese del processo, salvo diverso accordo tra loro.
Più in generale, poi, l'art. 310 ultimo comma, espressamente richiamato dall'art. 632 c.p.c. prevede che le spese del processo estinto rimangono a carico della parte che le ha anticipate.
Dal combinato disposto di queste norme si evince che il creditore rinunciante può chiedere la liquidazione delle spese in suo favore solo quando la relativa richiesta sia formulata al giudice di comune accordo tra le parti (Cass. civ., 4.4.2003, n. 5325), poiché l’art. 95 c.p.c., nel porre a carico del debitore esecutato le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione, presuppone che il processo esecutivo si sia concluso e non che si sia arrestato per rinuncia o inattività del creditore procedente, ipotesi per le quali le spese sostenute sono poste, rispettivamente, a carico del rinunciante, in mancanza di diverso accordo tra le parti, e a carico di chi le ha anticipate (Cass. civ., 18.5.1971, n. 1497; Cass. civ., 4.8.2000, n. 10306; Cass. civ., 7.5.2002, n. 6509; Cass. civ., 14.4.2005, n. 7764) in applicazione generale del principio di cui all'art. 306, ultimo coma, c.p.c..