A nostro avviso la sua esclusione è illegittima perchè, stando all'avviso di vendita, il termine dei 120 giorni andava calcolato dal 14 dicembre, o dalla data successiva di aggiudicazione.
quanto ai rimedi praticabili, essi vanno individuati nell'art. 591-ter c.p.c..
A mente dell’art. 591 ter c.p.c., “Quando nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell’esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il predetto decreto nonché avverso gli atti del professionista delegato con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. Contro il provvedimento del giudice è ammesso il reclamo ai sensi dell’articolo 669-terdecies”.
La norma, che costituisce il precipitato dell’istituto della delega delle operazioni di vendita, consente in primo luogo al professionista delegato di rivolgersi al Giudice dell’esecuzione per risolvere sia questioni di carattere materiale che (riteniamo) giuridiche. L’unico limite è rappresentato, a nostro avviso, dalla impossibilità di adottare provvedimenti che si sostanzino in una rivisitazione delle condizioni di vendita, poiché questi provvedimenti andrebbero assunti previo radicamento del contraddittorio, atteso che determinano una modifica dell’ordinanza di vendita. Il decreto adottato dal Giudice è reclamabile dalle parti e dagli interessati dinanzi allo stesso Giudice dell’esecuzione, che provvede ordinanza.
Il procedimento è del tutto deformalizzato, in quanto pensato in un contesto meramente operativo; non è dunque previsto un contraddittorio, sebbene il Giudice possa comunque ritenere di sentire gli interessati ai sensi dell’art. 485 c.p.c.
Altra possibilità riconosciuta dalla norma alle parti ed agli interessati è quella di impugnare gli atti del professionista delegato dinanzi allo stesso Giudice dell’esecuzione, che provvede con ordinanza.
Lecito è chiedersi se il reclamo avverso gli atti del professionista delegato promosso dalle parti (o da chiunque vi abbia interesse) possa essere proposto personalmente o sia necessario il ministero di un difensore.
Per rispondere all’interrogativo occorre muovere dalla previsione di cui all’art. 82 c.p.c., a mente del quale la parte può stare in giudizio solo con il ministero di un difensore, “salvo che la legge non disponga diversamente”.
Occorre poi dire che secondo la prevalente opinione dottrinaria il reclamo si instaura con “ricorso” al Giudice dell’esecuzione (da depositarsi, evidentemente, in cancelleria) il quale normalmente fisserà con decreto la comparizione delle parti davanti a sé assegnando un termine per la notifica del ricorso e del decreto medesimo alla controparte.
Infine, deve considerarsi che il procedimento, che evidentemente seguirà le regole processuali dei procedimenti camerali, ha una evidente natura contenziosa.
Dunque non sembra affatto possibile che rispetto ad esso possa prescindersi dalla difesa tecnica.
Del resto, e con riferimento generale al procedimento esecutivo, la dottrina prevalente e la giurisprudenza (Cass., sez. III, 17 dicembre 1984, n. 6603) ritengono che la difesa tecnica sia necessaria, sicché la parte non può stare in giudizio personalmente.
Anche considerazioni di carattere sistematico militano nel senso di ritenere che lo strumento processuale in parola sia attivabile esclusivamente tramite il ministero di un difensore.
Invero, tra reclamo al Giudice dell’esecuzione contro gli atti del professionista ed opposizione agli atti esecutivi avverso i provvedimenti del Giudice dell’esecuzione esiste un mero rapporto di specialità, nel senso che i due rimedi differiscono tra loro solo perché il primo colpisce il provvedimento ove adottato dal delegato, il secondo colpisce quello stesso provvedimento ove adottato dal Giudice in assenza di delega, con la conseguenza che il regime procedimentale non può che essere il medesimo.
Questo parallelismo si coglie oggi ancor più nel fatto che, all’esito della modifica intervenuta con il d.l. n. 83/2015, il provvedimento adottato dal giudice dell’esecuzione non è più soggetto all’opposizione agli atti esecutivi, bensì al reclamo al collegio ex art. 669 terdecies c.p.c.,
Il cerchio, in questo modo, si è definitivamente chiuso: sia gli atti del professionista delegato che quelli del Giudice dell’esecuzione sono in generale impugnabili dinanzi al Giudice dell’esecuzione medesimo; i primi ex art. 591 ter, i secondi ex art. 617. Entrambe le ordinanze che definiscono della impugnazione sono reclamabili dinanzi al collegio.