revoca d'ufficio aggiudicazione

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  • Ultimo messaggio 20 agosto 2018
gmario pubblicato 16 agosto 2018

in una procedura esecutiva è stata riscontrato, anche se tardivamente, un vizio nella pubblicità (il delegato non ha rispettato completamente quanto previsto dal giudice nell'ordinanza di vendita).

Il giudice aveva espressamente previsto nella sua ordinanza che, in caso di non rispetto della pubblicità, si sarebbe provveduto alla REVOCA D'UFFICIO DELL'AGGIUDICAZIONE, cosa che pero' non è stata fatta in quanto il giudice non ha verificato il corretto svolgimento delle operazioni di vendita ma ha semplicemente accettato come buono il rapporto del delegato.

E' possibile ora percorrere la strada della richiesta di revoca dell'aggiudicazione, anche dopo l'emissione del decreto di trasferimento ma comunque ancora in attesa del piano di riparto (l'asta è stata effettuata a fine maggio 2017)?

Data la sua tardività, l'opposizione, è stata respinta con rinvio al giudizio di merito tuttora in corso, con udienza il prossimo 11 settembre 2018.

Che possibilità vi sono che il giudice possa decidere per la revoca dell'aggiudicazione, e quale procedura occorre eventualmente istruire per ottenere una risposta?

In ogni caso sarà poi perseguibile un ricorso in appello e/o in Cassazione?

Grazie.

grazie.

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inexecutivis pubblicato 20 agosto 2018

Il quesito formulato richiede lo svolgimento di alcune considerazioni di carattere generale.

L’insufficiente o irregolare pubblicità costituisce, secondo dottrina e giurisprudenza unanime, motivo di opposizione agli atti esecutivi idoneo ad incidere anche sull’atto di aggiudicazione, con evidenti effetti anche per l’acquirente, e deve essere fatta valere mediante lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., a pena di inammissibilità, nel termine di decadenza che decorre dall’atto di aggiudicazione. Infatti, trattandosi di nullità che riguarda gli atti della vendita e non gli atti che “hanno preceduto la vendita”, non opera in favore dell’aggiudicatario la previsione di cui all’art. 2929 c.c.

Il principio costituisce ormai una costante nella giurisprudenza della Cassazione. In questi termini si sono pronunciate, ad esempio, Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2005 n. 8006; Cass. civ., sez. III, 11 dicembre 1995 n. 12653. Andando a ritroso nel tempo si risale a Cass. civ., sez. III, 13 dicembre 1962, n. 3340, secondo cui “Il precetto, risultante dagli artt. 490 e 534 cod. proc. civ., secondo il quale il provvedimento che ordina la vendita mobiliare all’incanto dev’essere pubblicato mediante avviso contenente tutti i dati che possono interessare il pubblico, da affiggersi nell’albo pretorio per tre giorni consecutivi, dev’essere osservato a pena di nullità della vendita stessa anche quando il giudice dell’esecuzione, con ordinanza successiva, abbia modificato la precedente in elementi essenziali quali la fissazione del luogo e dell’ora degli incanti. In tal caso la pubblicità va estesa al nuovo provvedimento e la nullità derivante dalla omissione può essere fatta valere con l’opposizione agli atti esecutivi entro il breve termine di cinque giorni stabilito dall’art 617 cod. proc. civ., decorrente dalla vendita, con l’effetto di rendere inoperante la preclusione posta dall’art 2929 cod. civ.”.

La nullità della vendita per omissione degli adempimenti pubblicitari prescritti vale sia per l’omessa pubblicità obbligatoria, sia per l’omessa pubblicità integrativa disposta dal Giudice dell’esecuzione con l’ordinanza di vendita (così si espressa, anche recentemente, Cass. Civ., Sez. VI – III, 7 maggio 2015, n. 9255, secondo la quale “in tema d'espropriazione forzata, le condizioni di vendita fissate dal giudice dell'esecuzione, anche in relazione ad eventuali modalità di pubblicità ulteriori rispetto a quelle minime di cui all'art. 490 c.p.c., devono essere rigorosamente rispettate a garanzia dell'uguaglianza e parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti alla gara, nonché dell'affidamento da ciascuno di loro riposto nella trasparenza e complessiva legalità della procedura, per cui la loro violazione comporta l'illegittimità dell'aggiudicazione, che può essere fatta valere da tutti gli interessati e, cioè, da tutti i soggetti del processo esecutivo, compreso il debitore").

Tema delicato è quello relativo alla revocabilità (e dunque alla stabilità dell’effetto traslativo) del decreto di trasferimento quando il ricorso in opposizione agli atti esecutivi sia stato tardivamente promosso.

In generale, non vi sono difficoltà ad ammettere che il decreto di trasferimento soggiaccia, come tutti i provvedimenti del Giudice dell’esecuzione, alla previsione di cui all’art. 487 c.p.c., a mente del qualeSalvo che la legge disponga altrimenti, i provvedimenti del giudice dell'esecuzione sono dati con ordinanza, che può essere dal giudice stesso modificata o revocata finché non abbia avuto esecuzione”.

Il problema che invece si è posto, attiene alla individuazione del momento ultimo entro cui il potere di revoca possa intervenire, e cioè alla individuazione del momento in cui possa dirsi che il decreto di trasferimento “abbia avuto esecuzione”, atteso che l’effetto proprio del decreto di trasferimento, ossia il trasferimento della proprietà, è un effetto immediato, che consegue al deposito del decreto in cancelleria.

La giurisprudenza si è occupata dell’argomento, affermando che il momento ultimo entro cui il decreto di trasferimento può essere revocato è quello in cui sono compiute le formalità indicate al comma primo dell’art. 586, vale a dire registrazione (da eseguirsi nel termine di 60 giorni – art. 13, comma 1 bis, d.lgs. 131/1986), trascrizione e voltura catastale del decreto di trasferimento (da compiersi nel termine di 120 giorni - art. 6, comma 2 D.Lgs. 31/10/1990, n. 347).

Si è detto, in particolare, che “In tema di espropriazione forzata immobiliare, il giudice dell'esecuzione può sempre revocare il decreto di trasferimento di sua iniziativa, anche dopo la scadenza del termine previsto dalla legge per la proposizione dell'opposizione di cui all'art. 617 cod. proc. civ., a meno che il provvedimento non abbia avuto definitiva esecuzione, momento, quest'ultimo, che si identifica non con quello dell'emanazione del decreto di trasferimento, ma con quello del compimento, da parte del cancelliere, delle operazioni indicate dall'art. 586 cod. proc. civ.” (Cass. civ., sez. III, 16 novembre 2011, n. 24001).

Ed allora, venendo al quesito prospettato, se il ricorso in opposizione agli atti esecutivi è stato tardivamente promosso, l'unica alternativa possibile è quella di sollecitare il Giudice all'esercizio dei suoi poteri officiosi (se ancora possibili secondo quanto abbiamo appena detto). Non è però detto che questo condurrà alla revoca del decreto in quanto mentre in occasione della opposizione all'esecuzione l'annullamento del decreto di trasferimento e conseguenza obbligata dell'accoglimento della stessa, l'esercizio di poteri officiosi implica l'esercizio di un potere discrezionale nell'esercizio del quale secondo noi il Giudice deve valutare i differenti interessi in gioco ed all'esito decide se revocare o meno il decreto, cosa che farà se ritiene che quella revoca giovi agli interessi della procedura medesima, cosa che a nostro avviso è altamente improbabile per i seguenti motivi. In primo luogo occorrerebbe dimostrare che la corretta esecuzione degli adempimenti pubblicitari avrebbe portato ad una vendita ad un prezzo più alto, talmente più alto da ritenere opportuno, anche dopo la pronuncia del decreto di trasferimento, riaprire la procedura.

In secondo luogo occorre salvaguardare la posizione del nuovo acquirente, in capo al quale è individuabile l'interesse a che sia salvaguardata la stabilità della vendita nel momento in cui è decorso il termine per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi.

inexecutivis pubblicato 20 agosto 2018

Aggiungiamo inoltre che il tema dei rapporti tra opposizioni esecutive globalmente intese ed esercizio dei poteri officiosi del giudice dell'esecuzione si pone con riferimento alle opposizioni all'esecuzione e non in relazione alle opposizioni agli atti esecutivi, laddove lo spirare del termine implica la sanatoria del vizio a meno che non ricorrano situazioni per cui l'atto adottato debba considerarsi tam quam non esset (infatti i casi di revoca del decreto di trasferimento dopo lo spirare del termine di cui all'art. 617 cpc riguardavano ipotesi in cui il giudice si era avveduto del fatto per cui il saldo del prezzo non era mai stato versato, con la conseguenza che mancavano i presupposti per il prodursi dell'effetto traslativo).

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