Revoca Aggiudicazione Provvisoria all' Unico Offerente Minimo

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  • Ultimo messaggio 28 marzo 2019
mase pubblicato 19 marzo 2019

salve, sono a richiedere alcuni chiarimenti connessi ai temi che ho posto nel titolo relativi all'asta senza incanto poichè, perlomeno in qualche tribunale, ho visto che in CASO di UNICO OFFERENTE al prezzo MINIMO la prassi è che il Delegato provveda ad "aggiudicazione provvisoria" con contestuale rinvio al giudice ai sensi del 591-ter cpc, SENZA tuttavia precisazione di specifici vizi. Parliamo infatti di aste valide e regolari, senza richieste di assegnazione nè opposizione di creditori..

1- Ma l'aggiudicazione non è forse sempre definitiva come trovo descritto nelle didascalie dei bandi di alcuni tribunali (Napoli e Milano, direi) e non era che la "aggiudicazione provvisoria" era un istituto della sola vendita con incanto, giustificato appunto dalla possibilità di un successivo aumento del quinto ?

2- nel caso di specie, partendo  dal 572, c3  "il giudice può far luogo alla vendita se ritiene che non vi sia SERIA possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita....": orbene, sappiamo che in concreto in asta c'è il Delegato quindi cosa significa, che il giudice ha la facoltà di "sospendere" (ovvero Revocare) la vendita ai sensi del 572, c3 cpc ...  quindi esprimersi in un momento SUCCESSIVO a quello dell'udienza di vendita, revocando l'aggiudicazione pronunciata dal SUO delegato .. ad nutum ?  

o forse che sono necessari (e sufficienti !) "motivi nuovi" come ad esempio la semplice istanza al giudice di qualcuno che si dichiara interessato ad offrire di più  ... peraltro istanza/reclamo senza limiti di termine fintantochè non sia emesso decreto di trasferimento. ..con tanti saluti alla stabilità dell'aggiudicazione !  

Grazie 

 

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inexecutivis pubblicato 22 marzo 2019

Le perplessità sollevate nella domanda sono condivisibili.

L'art. 572 dispone che se il prezzo offerto è inferiore al prezzo stabilito nell'ordinanza di vendita in misura non superiore a un quarto, il giudice può far luogo alla vendita quando ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate istanze di assegnazione.

La norma, evidentemente, fa riferimento al giudice quale dominus del procedimento esecutivo.

La previsione tuttavia deve essere coordinata con la disciplina dell'art. 591 bis, c.p.c., il quale nelle ipotesi (ormai normali) di delega, al comma 3 n. 3 affida al professionista delegato il compito di procedere alla delibazione sulle offerte ai sensi dell'art. 572 e 573 c.p.c. Quindi è da ritenersi che, ove il giudice non disponga diversamente, la valutazione circa la opportunità di non aggiudicare competa al professionista delegato, fermo restando che il giudice potrà comunque procedere alla revoca dell'aggiudicazione ove non ritenga condivisibile la soluzione scelta dal delegato medesimo, nell'esercizio dei poteri di direzione del procedimento esecutivo (art. 484 c.p.c.).

Dunque, in definitiva, è pur vero che nella vendita senza incanto (a differenza di quanto avviene nella vendita coni incanto) l'aggiudicazione è sempre definitiva (nel senso che deve escludersi la possibilità che vengano formulate offerte in aumento di quinto) ma cionondimeno il giudice potrebbe rivedere l'operato del professionista delegato quante volte ritenga che all'aggiudicazione non avrebbe dovuto procedersi esistendo "serie" possibilità di vendere il bene ad un prezzo superiore con un nuovo tentativo di vendita (Si osservi che (sebbene in casi del tutto eccezionali) la giurisprudenza ha ritenuto revocabile financo il decreto di trasferimento, osservando che “In tema di espropriazione forzata immobiliare, il giudice dell'esecuzione può sempre revocare il decreto di trasferimento di sua iniziativa, anche dopo la scadenza del termine previsto dalla legge per la proposizione dell'opposizione di cui all'art. 617 cod. proc. civ., a meno che il provvedimento non abbia avuto definitiva esecuzione, momento, quest'ultimo, che si identifica non con quello dell'emanazione del decreto di trasferimento, ma con quello del compimento, da parte del cancelliere, delle operazioni indicate dall'art. 586 cod. proc. civ.”. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24001 del 16/11/2011).

Quanto ai motivi sulla scorta dei quali ritenere di non procedere ad aggiudicazione, siamo dell'avviso per cui l'aggiudicazione disposta dal delegato potrebbe essere revocata solo per ragioni preesistenti all'aggiudicazione (anche se conosciuti in un momento successivo) e mai per fatti sopravvenuti.

Invero, la stabilità dell'aggiudicazione è una condizione necessaria a garantire l'affidabilità della vendita e in funzione della fruttuosità della stessa a tutela degli interessi dei creditori, poiché un'aggiudicazione precaria disincentiva il mercato in quanto gli offerenti vedrebbero esposta la loro operazione economica ad eventi futuri ed imponderabili, il che costituisce rilevante fattore di diffidenza.

E così, potrebbe ad esempio accadere che sia stata presentata un'offerta inefficace per un importo superiore all'offerta minima, poiché affetta da errori di compilazione ovvero siano sopravvenuti (rispetto all’epoca dell’ordinanza di vendita o comunque della fissazione del prezzo), fatti incidenti sullo stesso, come l’estinzione dell’usufrutto (nel caso sia staggita la nuda proprietà), o della proprietà superficiaria, o ancora in caso di modifica della destinazione urbanistica del sito, anche se vanno registrate le perplessità di quella dottrina la quale ha osservato come la presa in considerazione di offerte inefficaci potrebbe indurre alla presentazione di offerte "civette", il che impone evidentemente una valutazione caso per caso, volta a verificare la genuinità e serietà dell'offerta invalida.

mase pubblicato 24 marzo 2019

La ringrazio per tutti gli approfondimenti, utilissimi per ulteriori riflessioni.

Proprio poichè col 591-bis si affida al delegato la valutazione sull'opportunità di aggiudicare o meno, mi sfugge quale sarebbe il dispositivo ai sensi del quale il giudice potrebbe, DOPO conclusasi l'udienza di vendita,  procedere di propria iniziativa (escludendo cioè i casi di reclami ex 591-ter ovvvero quelli ancor più gravi contemplati dal 586) alla revoca dell'aggiudicazione. Forse che intende ai sensi del 484cpc ?

 Il caso poi ulteriore, che ho esposto in apertura di questa pagina di discussione, che vede la prassi "automatizzata" di rinviare al giudice la decisione tutte le volte che ricorra il "caso di unico offerente minimo"  mediante utilizzo del 591-ter (ovvero implicitamente con la prospettazione di presunte difficoltà incontrate dal Delegato nella fase di vendita, ancorchè inesistenti ) mi pare costituisca uno stravolgimento dello spirito normativo nella misura in cui ciò viene a qualificare l'offerta minima quale motivo di reclamo, appunto.

Non solo. Le conseguenze di questo operare  diventano anche ulteriormente insidiose dato che accorciano il tempo utile per l'aggiudicatario che volesse opporsi alla mancata conferma della vendita, non potendovisi ricorrere con l'opposizione agli atti esecutivi di cui al 617  essendo che il giudice avrà deciso, per il ricorso al 591-ter, con ordinanza ...

Le chiederei infine un'ulteriore riflessione con riguardo ai "motivi nuovi", nel caso lo ritenesse di qualche interesse. Partiamo dal comma 1 del 572 che non abbiamo ancora ripetuto: " Sull'offerta il giudice dell'esecuzione sente le parti ed i creditori iscritti non intervenuti". Si parla cioè dell'interesse dei creditori, l'interesse attorno al quale è precipuamente finalizzato il processo esecutivo. Un interesse al maggior realizzo che è tuttavia (ovviamente !) opposto a quello di chi compra... insomma la classica domanda ed offerta alla quale il procedimento d'asta informatizzata è teso ad assicurare un giusto punto d'equilibrio, ovverossia un "giusto prezzo". Tuttavia la norma anche qui lascia aperta un'altra porta piuttosto agli uni  e, se da un lato è condivisibilissima l'affermazione di principio che l'eventuale revoca dovrebbe fondarsi soltanto su motivi preesistenti all'aggiudicazione e mai a fatti sopravvenuti, mi pare che nella realtà l'aggiudicatario "provvisorio" venga a soccombere non solo al libitum del giudice ma anche a quello del creditore che viene ammesso a poter riferire, A POSTERIORI,  di essere in disaccordo poichè avrebbe magari un'offerta più alta ...  

 

inexecutivis pubblicato 28 marzo 2019

 Cerchiamo di rispondere con ordine.

Quanto al potere di revoca dei propri provvedimenti, e dunque anche di quelli adottati dal professionista delegato, il quale, appunto è un delegato del giudice, ausiliario sui generis, esso è insito nel potere di direzione del procedimento che viene assegnato dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 484 c.p.c., e trova espressa conferma nell'art. 487.

Del resto, la Corte di Cassazione ha ribadito in più occasioni che "al giudice dell'esecuzione deve essere riconosciuto un potere di modifica e revoca, anche di ufficio, delle proprie ordinanze fatta salva la condizione che le ordinanze stesse non siano già state portate ad esecuzione" (Cass. Sez. III, 16/09/2008 n. 23709), e sarebbe ontologicamente incompatibile con l'istituto della delega l'impossibilità per il delegante di avocare a sé i poteri delegati e rivedere l'operato del proprio ausiliario.

Quanto ad un ricorso sistematico all'istituto del reclamo ex art. 591 ter, si tratta in effetti di una pratica difforme rispetto allo spirito della norma, che è quello di consentire il rimedio (solo) quando "insorgono difficoltà".

Questo determina anche una parziale modifica degli strumenti di tutela, che è insita nella disciplina del 591-ter c.p.c.. Invero, quando a ricorrere al giudice è il delegato, il decreto emesso dal magistrato è reclamabile. Proposto reclamo il giudice decide con ordinanza a sua volta reclamabile dinanzi al collegio.

È evidente allora che il reclamo non innesca il meccanismo di cui all'art. 617 c.p.c., come invece la norma prevedeva prima della riforma introdotta con il d.l. 83/2015, e come il legislatore si premura di specificare nella relazione alla legge di conversione, dove si legge che il reclamo ex art. 669-terdecies costituisce «un rimedio impugnatorio» introdotto, in luogo dell'opposizione agli atti esecutivi, «al fine di accelerare la definizione delle pendenze», e quindi, soprattutto, non è prevista la bifasicità del relativo procedimento, nel senso che  con l'ordinanza che decide sul reclamo il giudice non deve fissare il termine per l'introduzione del giudizio di merito (In dottrina è stato osservato che con la modifica dell'art. 591-ter c.p.c., analogamente a quanto avviene con i reclami ex artt. 26-36 l. fall. nella liquidazione dell'attivo, "il legislatore ha voluto eliminare dal controllo sugli atti del professionista le forme della cognizione piena che caratterizza l'opposizione agli atti esecutivi, confondendo (sic!) il reclamo al collegio nel procedimento camerale con quello cautelare"). Inevitabile corollario, allora, sarà che il provvedimento adottato dal collegio in sede di reclamo avrà, necessariamente, carattere definitivo.

Resta sostanzialmente insoluto il tema del se e del come il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi possa concorrere con il reclamo proposto ex art. 591-ter c.p.c.

Invero, taluno sostiene che il reclamo sia mezzo esclusivo e necessario, per cui se non vengono impugnati gli atti del professionista delegato, o se questi vengono confermati dal giudice dell'esecuzione o dal collegio adito in sede di reclamo, i relativi vizi non potranno essere riproposti impugnando ex 617 il decreto di trasferimento. Si osserva in proposito da un lato che il 591-ter prevede già un duplice scrutinio sull'operato del delegato, e dall'altro che il legislatore del 2015 ha consapevolmente espunto dal testo dell'art. 591-ter la previsione per cui «restano ferme le disposizioni di cui all'art. 617 c.p.c.».

Una diversa opinione invece sostiene che la natura cautelare del rimedio non permette di sancirne l'idoneità a supplire, a livello di sistema, alla funzione tradizionalmente assolta dall'opposizione ex art. 617 c.p.c., con la conseguenza che persiste l'impugnabilità del decreto di trasferimento ex art. 617 c.p.c., sia per vizi propri, che per vizi derivati, ossia anche in relazione a profili già oggetto di decisione dinanzi al mentovato collegio del reclamo.

Infine, per quanto attiene ai motivi che rendono conveniente non aggiudicare all'unico offerente, è evidente che, stando alla lettera dell'art. 572 c.p.c., se il creditore addurrà ragioni ostative all'aggiudicazione, non resterà che procedere ad una valutazione caso per caso.

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