inexecutivis
pubblicato
28 settembre 2020
Riteniamo che per rispondere all’interrogativo formulato occorra muovere dalla lettura di una serie di nome.
In primo luogo va considerato l’art. 164 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, a mente del quale “quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.
Va poi fatta applicazione dell’art. 591, comma 2, c.p.c., come novellato dal d.l. 59/2016, convertito con l. 119/2016, ai sensi del quale, nel disporre un nuovo tentativo di vendita nel caso in cui quello già espletato non abbia avuto successo “Il giudice può altresì stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto e, dopo il quarto tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà”.
Ed allora, potrebbe accadere: che il giudice disponga la chiusura anticipata della procedura se il prezzo base è ormai troppo basso (normalmente i tribunali ragionano in questo modo quando il valore si riduca di oltre l’80% rispetto a quello di stima); che il giudice ordini la celebrazione di un tentativo di vendita allo stesso prezzo di quello precedente; che il giudice riduca della metà il prezzo base se si è al quarto tentativo di vendita.
Insomma, le variabili sono moltissime.
L’unica cosa che non può accadere è l’assegnazione del bene al creditore, poiché a tal fine è necessario che questi ne abbia fatto esplicita richiesta almeno 10 giorni prima della vendita a norma dell’art. 588 c.p.c. e che questa sia andata deserta o non si sia raggiunto un prezzo almeno pari a quello base.