Regime fiscale per impresa individuale cessata

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  • Ultimo messaggio 17 febbraio 2022
Libero90 pubblicato 11 febbraio 2022

Buonasera e grazie innanzitutto per il prezioso contributo.

Nella qualità di delegato alla vendita di un procedimento di esecuzione immobiliare, devo mettere all'asta un magazzino  e mi chiedo da alcuni giorni il regime fiscale a cui sottoporre la cessione.

L'immobile (cat. c/1) è stato acquistato nel 1987 ed è stato adibito a laboratorio artigianale da parte del debitore esecutato, per l'esercizio della propria impresa individuale. Nel 2009 il debitore esecutato cessava la propria partita iva, nel 2018 cancellava l'impresa e nel 2020 (alcuni mesi dopo la notifica del pignoramento) decedeva. Ad oggi gli eredi non ancora accettano l'eredità.

Ai sensi del combinato disposto del DPR n. 917 del 1986 art. 40 co. 2 e art. 77 co. 1 gli immobili relativi ad imprese individuali, aventi carattere strumentali ed utilizzati dall'imprenditore esclusivamente per l'esercizio dell'impresa sono beni relativi all'impresa, a prescindere dall'iscrizione dei registri di inventario o beni ammortizzabili, come già affermato dalla Cass. n. 772 del 2011. 

Oggi la partita Iva risulta cessata e l'impresa cancellata dal registro delle imprese, ma non so (e non saprei neanche come recuperare questa informazione) se l'imprenditore abbia estromesso il bene o se abbia proceduto al c.d. autoconsumo.

QUindi vi chiedo :

1. devo trattare il bene esecutato come appertente ad un soggetto privato oppure come bene immobile dell'impresa?  Nell'individuare il regime tributario della vendita, alcuni ritengono che per le imprese individuali nel caso in cui la partita iva  sia cessata, il decreto di trasferimento sarà soggetto ad imposta di registro, senza che assuma rilavenza alcuna la circostanza che sia stato effettuato da parte dell'esecutato il c.d. autoconsumo. Nel dubbio circa il regime fiscale da applicare alla vendita, potrei richiedere un chiarimento alla Agenzia delle Entrate?

2. nel caso in cui la vendita sia soggetta ad IVA, la c.d. opzione IVA da chi può essere esercitata? COme detto in precedenza il debitore esecutato è deceduto e i chiamati all'eredità non ancora accettano. Io propenderei per invitare i chiamati all'eredità ad esercitare l'opzione, dando loro un termine perentorio per l'esercizio, avvisandoli che la dichiarazione constituisce una implicita accettazione dell'eredità e che, nel caso in cui non ricevessi la dichiarazione  nei termini, la cessione sarà effettuata in regime di esenzione iva;

3. nel caso in cui la vendita sia soggetta ad IVA e non venga esercitata l'opzione IVA, devo in ogni caso emettere la fattura in nome e per conto del debitore esecutato deceduto? in questo caso dovrei farmi autorizzare dal GE a riaprire la partita iva.

RIngrazio in anticipo

 

 

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inexecutivis pubblicato 14 febbraio 2022

La situazione prospettata è peculiare, ed involge l’applicazione dell’art. 35 del d.P.R. 633/1972 (testo unico IVA).

Il comma terzo di questa norma prevede che in caso di cessazione dell'attività, il contribuente entro trenta giorni farne dichiarazione all’Agenzia delle Entrate utilizzando modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, aggiungendo al comma 4 che per le operazioni relative alla liquidazione dell'azienda, rimangono ferme le disposizioni relative al versamento dell'imposta, alla fatturazione, registrazione, liquidazione e dichiarazione.

Se dunque, nonostante la titolarità di cespiti aziendali l’esecutato ha provveduto a dichiarare la cessazione dell’attività presso il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate, il citato art. 35 è stato violato.

Venendo alla posizione del delegato, ed in assenza di una norma, come l’art. 74-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che nel fallimento stabilisce che gli adempimenti in materia di imposta sul valore aggiunto costituiscono un obbligo del curatore fallimentare, l’agenzia delle entrate è intervenuta con la risoluzione 16 maggio 2006 n. 62/E, ribadita con la risoluzione n. 102/E del 21 aprile 2009.

La scelta di fondo seguita dall’Agenzia è stata quella di ritenere che obbligato ad emettere fattura in nome e per conto del contribuente e a versare l’IVA sia il professionista delegato delle operazioni di vendita.

L’Agenzia delle Entrate sottolinea come, se da un lato il custode giudiziario non assume la titolarità del bene oggetto di espropriazione forzata, che va riconosciuta pur sempre in capo al debitore, quest’ultima non si delinea come una titolarità piena nel suo esercizio, in quanto priva del potere dispositivo sul bene. Ne consegue che anche la soggettività passiva d’imposta del debitore esecutato deve ritenersi in parte “limitata” sotto il profilo dei concreti adempimenti che ne discendono, in particolare con riguardo agli obblighi di fatturazione e versamento del tributo. La procedura espropriativa del resto rappresenta un momento patologico nella circolazione del bene immobile, cosicché anche sotto il profilo della tutela degli interessi dell’erario, gli obblighi di fatturazione e versamento del tributo, non solo nell’ipotesi di irreperibilità del contribuente ma, in ogni caso, devono ritenersi accentrati nella procedura stessa.

Quanto affermato dalla risoluzione n. 158/E costituisce esplicazione di un orientamento già espresso in termini più generali dalla circolare n. 6 del 17 gennaio 1974, e dalla successiva risoluzione del 13 agosto 1974, in cui con riferimento alla figura dell’incaricato della vendita (commissionario, cancelliere, ufficiale giudiziario, istituto vendite giudiziarie) si era sottolineato come quest’ultimo ha l’obbligo di emettere la fattura con l’addebito della relativa IVA, precisandosi che l’IVA riscossa deve essere versata in tutti i casi in cui non sia possibile girare l’importo all’impresa esecutata, come ad esempio nel caso di irreperibilità di quest’ultima.

È evidente che rispetto a questi precedenti la novità dell’intervento ultimo dell’Agenzia si incentra sulla ritenuta natura “limitata” della soggettività passiva d’imposta del debitore esecutato, dalla quale l’Agenzia fa discendere la generalizzazione della soluzione secondo cui gli obblighi di fatturazione e versamento gravano sul professionista delegato in tutti i casi, e non solo nelle ipotesi di irreperibilità dell’esecutato.

Come detto in uno dei precedenti post di questa discussione, la posizione dell’Agenzia delle Entrate appena illustrata è radicalmente diversa da quella contenuta nella circolare del Ministero della Giustizia (Direzione generale della giustizia civile, Ufficio I) n. 44/2006 del 5 dicembre 2006, ma è quella che negli uffici giudiziari prevale.

Dunque, in base a questo orientamento, il professionista delegato dovrebbe richiedere all’Agenzia delle Entrate la riapertura della partita IVA, previa autorizzazione del ge e con costi a carico della procedura, e procedere ai relativi adempimenti, a meno che non sia stata già emessa autofattura.

La questione è tuttavia peculiare e sarebbe utile una interlocuzione formale (tramite interpello) con l’Agenzia delle Entrate.

Libero90 pubblicato 14 febbraio 2022

Vi ringrazio. Pertanto, a Vs conferma, in mancanza di una liquidazione dei beni alla cessazione dell'attività, l'alinazione forzata del bene deve ancora considerarsi effettuata "nell'esercizio di impresa" e dovrò quindi richiedere al GE l'autorizzazione alla riapertura della p.iva, per procedere alla fatturazione al momento del versamento del prezzo.

Nel frattempo, il creditore procedente mi ha informato che è stato nominato un curatore dell'eredità giacente, il  quale potrà richiedere alla AdE la documentazione necessaria a verificare se il debitore ha emesso autofattura o liquidato il cespite.

 

inexecutivis pubblicato 17 febbraio 2022

Esatto. 

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