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pubblicato
18 novembre 2021
Per rispondere alla domanda occorre premettere che a mente dell’art. 571 c.p.c. le offerte di acquisto sono irrevocabili per un periodo di 120 giorni dalla data di presentazione. In proposito la giurisprudenza ha affermatoche “Nell’esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, l’offerta con “aumento di sesto” [ma il principio, stante la eadem ratio, è del tutto applicabile ad ogni tipo di offerta] di cui all’art. 584 cod. proc. civ. non può essere formulata con espressa clausola di revocabilità, sebbene non sia prevista un’esplicita sanzione di nullità al riguardo, in quanto l’irrevocabilità è un requisito indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell’atto, consistente nella possibilità di procedere all’aggiudicazione a un prezzo superiore a quello offerto dall’aggiudicatario provvisorio e, dunque, più vicino a quello realizzabile in una libera contrattazione”.
Non resta dunque che sperare nel fatto di non essere l’unico offerente e di non divenire aggiudicatario.
Se così fosse, dovrà aversi cura di presentare immediatamente un reclamo ex art. 591-ter c.p.c. avverso il verbale di aggiudicazione eccependo, appunto, la non sanabilità degli abusi e dunque la ricorrenza di una ipotesi di aliud pro alio.
A questo proposito ricordiamo che in generale si ha aliud pro alio quando il bene aggiudicato:
1. appartenga ad un genere affatto diverso da quello indicato nell'ordinanza di vendita;
2. oppure manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico sociale;
3. oppure ancora quando ne sia del tutto compromessa la destinazione all'uso previsto e che abbia costituito elemento dominante per l'offerta di acquisto.
Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione si va affermando il principio per cui “La differenza strutturale tra la vendita forzata e quella negoziale è ostativa all'adozione, per la prima, di una nozione lata di "aliud pro alio", con la conseguenza che la nullità del decreto di trasferimento è ravvisabile solo in caso di radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata ovvero se ontologicamente diverso da quello sul quale è incolpevolmente caduta l'offerta dell'aggiudicatario, oppure perché, in una prospettiva funzionale, dopo il trasferimento risulti definitivamente inidoneo all'assolvimento della destinazione d'uso che, presa in considerazione nell'ordinanza di vendita, ha costituito elemento determinante per l'offerta dell'aggiudicatario” (Cass. Sez. III, 29 gennaio 2016, n. 1669. Si trattava del caso in cui una unità abitativa la cui inagibilità, dichiarata dal Comune per la presenza di elementi inquinanti, ed emersa solo a seguito di una integrazione della perizia di stima depositata dopo il versamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario, ed era solo temporanea per la piena recuperabilità della salubrità dell'immobile).