Per rispondere alla domanda occorre premettere che "In tema di espropriazione forzata immobiliare, è valido, anche se genericamente riferito alla proprietà del bene, il pignoramento che intenda sottoporre ad esecuzione un immobile costruito, oggetto di sola proprietà superficiaria in capo al debitore, sebbene si tratti di alloggio di edilizia popolare ed economica, ove il residuo patrimonio del medesimo debitore sia insufficiente ai fini del soddisfacimento delle ragioni dei creditori" (Così Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 14/03/2013 n. 6576).
Ciò detto, occorre ricordare, in generale, che ai sensi dell'art. 2919 c.c., la vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'esecuzione.
Questa norma va coordinata con l'art. 2644 c.c., a norma del quale quando un atto è soggetto a trascrizione, esso non ha effetto in pregiudizio del terzo che prima della trascrizione di quell'atto abbia trascritto un proprio atto di acquisto.
Ed allora, per risolvere il caso di specie occorre in primo luogo verificare se il titolo di acquisto trascritto in favore dell'esecutato (o dei suoi danti causa) contemplava il fatto che oggetto del trasferimento fosse non già la piena proprietà bensì la proprietà superficiaria.
A tal fine non sarà necessario indagare l'atto concessorio stipulato tra il comune ed il primo concessionario ai sensi dell'art. 35 L. 22/10/1971, n. 865, bensì la relativa nota di trascrizione, attesa che la sua funzione è tale per cui “Il terzo non è tenuto a compiere indagini sul contenuto del documento esibito per la trascrizione, ma deve essere posto in grado di rilevare dalla stessa nota trascritta quale sia la natura e il contenuto dell'atto reso pubblico e, quindi, trattandosi di servitù, quale ne sia la natura e quale sia il fondo servente su cui essa grava” (Cass. Sez. 2, n. 1976 del 26/07/1967; più recentemente, Sez. 3, n. 18892 del 31/08/2009).
Fatte queste premesse, riteniamo che occorra verificare in primo luogo se sia opponibile o meno all'aggiudicatario il fatto che l'acquisto aveva ad oggetto non la piena proprietà bensì la proprietà superficiaria.
Aggiungiamo, ancora, che anche ove il vincolo fosse opponibile, andrà verificato se il corrispettivo richiesto dal comune è dovuto o il suo pagamento costituisce, come noi riteniamo, una mera facoltà collegata alla possibilità di divenire proprietario. Ricordiamo infatti che ai sensi dell'art. 31, comma 45 L. 23/12/1998, n. 448, I comuni possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie ai sensi dell'articolo 35, quarto comma, della medesima legge n. 865 del 1971, ma il successivo comma 47 dispone che questa trasformazione non può essere imposta, dovendo costituire oggetto di proposta ed accettazione delle parti.
Quanto ai rimedi esperibili, ove aggiudicatario dovesse subire l'evizione da parte del comune, (nel caso in cui, cioè, il comune dovesse rivendicare in giudizio con esito vittorioso la proprietà del suolo sul quale l'edificio insiste) l’unica strada percorribile ci sembra quella tracciata dall’art. 2921 c.c., a mente del quale “L'acquirente della cosa espropriata, se ne subisce l'evizione, può ripetere il prezzo non ancora distribuito, dedotte le spese, e, se la distribuzione è già avvenuta, può ripeterne da ciascun creditore la parte che ha riscossa e dal debitore l'eventuale residuo, salva la responsabilità del creditore procedente per i danni e per le spese”. Secondo la giurisprudenza (Cass. civ. Sez. I, 09-10-1998, n. 10015) la norma, “consentendo all'aggiudicatario che non riesca a conseguire una parte del bene il diritto a ripetere una parte proporzionale del prezzo di aggiudicazione, impedisce che si verifichi un indebito arricchimento di coloro che dovranno ripartirsi il prezzo ricavato dalla vendita, in applicazione del principio generale della ripetizione dell'indebito.
Infine, non può essere esclusa a priori una responsabilità del perito stimatore, il quale soggiace alle regole generali in tema di responsabilità civile, e dunque all’art. 2043 c.c., che impone l'obbligo del risarcimento del danno a colui che compie un fatto illecito con dolo o colpa.
Quella dello stimatore, è una obbligazione di mezzi, e dunque la diligenza dovuta è quella di cui all’art. 1176, comma secondo, c.p.c.; se poi nello svolgimento dell’incarico egli è stato chiamato a svolgere di prestazioni di particolare difficoltà, la sua diligenza dovrà essere valutata secondo i criteri di cui all’art. 2236 c.c.. In questi termini si è pronunciata Cass. 2.2.2010, n. 2359, con riferimento al caso in cui lo stimatore aveva erroneamente determinato la superficie di un immobile pignorato.
Più in generale, secondo la giurisprudenza “L'esperto nominato dal giudice per la stima del bene pignorato è equiparabile, una volta assunto l'incarico, al consulente tecnico d'ufficio, sicché è soggetto al medesimo regime di responsabilità ex art. 64 c.p.c., senza che rilevi il carattere facoltativo della sua nomina da parte del giudice e l'inerenza dell'attività svolta ad una fase solo prodromica alla procedura esecutiva. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di condanna dell'ausiliare, che aveva proceduto a stima viziata, per difetto, nel computo della superficie dell'immobile, al risarcimento dei danni in favore di coloro cui era stata revocata, in conseguenza di tale errore, l'aggiudicazione in sede esecutiva)”. (Cass., 18.9.2015, n. 18313).
Nello stesso solco si è collocata, per altro recentemente, Cass., 23.6.2016, n. 13010, la quale ha affermato che “Il perito di stima nominato dal giudice dell'esecuzione risponde nei confronti dell'aggiudicatario, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per il danno da questi patito in virtù dell'erronea valutazione dell'immobile staggito, solo ove ne sia accertato il comportamento doloso o colposo nello svolgimento dell'incarico, tale da determinare una significativa alterazione della situazione reale del bene destinato alla vendita, idonea ad incidere causalmente nella determinazione del consenso dell'acquirente. (Nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità del perito in relazione ai costi sostenuti dall'aggiudicatario per la regolarizzazione urbanistica dell'immobile acquistato, maggiori rispetto a quelli indicati in perizia, evidenziando come gli stessi fossero ricollegabili ad una disattenzione dell'acquirente, che non aveva considerato la mancanza, pur rappresentata dall'ausiliario nel proprio elaborato, di alcuni documenti importanti ai fini della valutazione di tali oneri)”.