Perizia con errori di destinazioni d'uso e conseguente sottostima del valore degli immobili

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  • Ultimo messaggio 12 settembre 2018
antonellacanalis pubblicato 05 settembre 2018

Nell' esperimento di vendita all'asta dove risultiamo la parte esecutata, in una prima stima (2011) del ctu nominato dal tribunale sono stati utilizzati come parametri dei valori vicini a quelli Omi e invece in una seconda stima (2016), dove sono stati aggiunti altri immobili, questi sono stati valutati da un altro ctu nominato dal tribunale con valori dimezzati. inoltre il ctu non ha neanche fatto una visura catastale inquanto risultano erroneamente classificati, per esempio locali artigianali sono stati considerati depositi, e di conseguenza il valore è risultato inferiore.

Dopo il secondo esperimento andato a vuoto con il nostro legale abbiamo presentato una controstima redata dal nostro ctu e ci siamo opposti chiedendo di rivedere i valori ma il giudice continua  a rigettare le opposizioni e intanto siamo arrivati alla quarta/quinta e sesta asta dove sono stati venduti 7 lotti , con valori inferiori dal 80/90% dei valori Omi rilevati dall'agenzia delle entrate della nostra zona.

Se gli errori del ctu sono evidenti perchè il giudice non nomina un terzo ctu?

 

 

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inexecutivis pubblicato 07 settembre 2018

Rispondiamo alla domanda osservando che il comportamento del Giudice ci sembra del tutto corretto e conforme al dettato normativo.

Infatti, la contestazione dell'elaborato peritale, e dunque del prezzo base di vendita fissata da Giudice dell'esecuzione, va incartata nelle forme della opposizione agli atti esecutivi, che deve essere proposta nel termine perentorio di giorni 20 decorrenti dalla data di adozione del provvedimento (o da quella in cui si è avuta conoscenza legale o di fatto del provvedimento), in base al chiaro tenore dell'art. 617 c.p.c. (in questi termini si è espressa anche (Cass.Sez. 3, n. 7051 del 09/05/2012).

Così ricostruita la cornice normativa di riferimento, riteniamo che le opposizioni presentate siano state correttamente respinte dal Giudice dell'esecuzione, in quanto tardive.

yak yak pubblicato 08 settembre 2018

Non è pensabile che se si arriva alla sesta asta potrebbe voler dire che l'immobile non ha richiesta sul mercato e/o che il prezzo base di vendita sia stato troppo alto?

antonellacanalis pubblicato 10 settembre 2018

Gli immobili con destinazione d'uso artigianale (considerati dal CTU magazzini) sono stati venduti a 50€ al mq con base di partenza d'asta a 270€, con valori Omi riferiti alla zona che vanno da 800€ a 1200€.

inexecutivis pubblicato 12 settembre 2018

Va detto, a proposito di questa norma, che la facoltà in essa prevista va esercitata, anche in considerazione dello stringente dato normativo, cum grano salis, e certamente in senso restrittivo va circoscritta la portata della nozione di “giusto prezzo” recata dalla disposizione in parola.

In questa direzione è significativo che il testo dell’attuale art. 586 risulti dalle modifiche apportate dall'art. 19-bis della legge 203 del 1991(recante ("provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa"), dal che si ricava il precipitato per cui esso, sebbene formalmente modellato sulla previsione di cui all'art. 108 della legge fall., persegue lo scopo di contrastare tutte le possibili interferenze illegittime nel procedimento di determinazione del prezzo delle vendite forzate immobiliari.

Ed allora, il “prezzo giusto” è quello che in sede di vendita esecutiva si sarebbe conseguito in condizioni di non interferenza di fattori devianti, con l’ulteriore conseguenza che la vendita può essere sospesa quando il prezzo di aggiudicazione sia notevolmente inferiore a quello.

In siffatti termini si è espressa la giurisprudenza, osservando che “La norma di cui all'art. 586 cod. proc. civ. (come novellata dall'art. 19-bis della legge 203 del 1991), secondo cui il giudice dell'esecuzione "può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto", è formalmente modellata su quella di cui all'art. 108 della legge fall., ma persegue lo scopo di contrastare tutte le possibili interferenze illegittime nel procedimento di determinazione del prezzo delle vendite forzate immobiliari, attesane la collocazione nel più generale contesto della citata legge n. 203 del 1991, ("provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa"). Ne consegue che l'individuazione della nozione di "giusto prezzo" presuppone una ineludibile comparazione tra dati costituiti dal prezzo concretamente realizzato con l'aggiudicazione e da quello che invece, in condizioni di non interferenza di fattori devianti, sarebbe stato conseguito nella procedura di vendita così come concretamente adottata e normativamente disciplinata (senza che, peraltro, possa costituire utile o vincolante parametro il prezzo di mercato), così che, per disporsi la sospensione, la differenza tra le due entità dovrà evidenziarsi in termini di "notevole inferiorità", secondo criteri da adattarsi di volta in volta al caso concreto nel quadro di quell'esigenza di contrasto delle illegalità perseguita dalla norma”. (Cass. Sez. 3, 23.2.2010, n. 4344 del 23/02/2010), e che “Il potere di sospendere la vendita, attribuito dall'art. 586 c.p.c. (nel testo novellato dall'art. 19 bis della legge n. 203 del 1991) al giudice dell'esecuzione dopo l'aggiudicazione perché il prezzo offerto è notevolmente inferiore a quello giusto, può essere esercitato allorquando: a) si verifichino fatti nuovi successivi all'aggiudicazione; b) emerga che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa; c) il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita sia stato frutto di dolo scoperto dopo l'aggiudicazione; d) vengano prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conosceva anteriormente all'aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili dalle altre parti prima di essa, purché costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l'esercizio del potere del giudice dell'esecuzione. (Sez. 3, Sentenza n. 18451 del 21/09/2015).

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