Partecipazione acquisto immobile a procedura esecutiva

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  • Ultimo messaggio 22 settembre 2018
domenicoparisi pubblicato 07 settembre 2018

Buongiorno,

volevo chiedere se secondo voi, una società di capitali, può partecipare all'acquisto di un immobile di una procedura esecutiva la cui esecutata è una un'altra società di capitali avente la stessa composizione societaria nonchè lo stesso amministratore della potenziale nuova acquirente?

Grazie

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thewole pubblicato 08 settembre 2018

Salve volevo un informazione se è possibile vorrei sapere dopo l 4 asta deserta cosa succe, Si parla che il procedimento viene chiuso ma si parla anche di prezzo libero. La mia domanda è cosa si intende per prezzo libero? Se trovo un asta che è andata deserta 3 volte alla quarta c'è un ulteriore ribasso del 25 es 100 prezzo d asta 75 prezzo min io posso effettuare un offerta libera e se fosse così come fare ?

francescomaria70 pubblicato 08 settembre 2018

Salve, io vorrei acquistare un immobile facendo un'offerta prima che sia riproposto in asta. La mia domanda è: in questo caso, la cancellazione delle ipoteche di cui è gravato l'immobile a carico di chi sono? dell'acquirente o della procedura? quali spese impreviste ci possono essere?

Grazie.

inexecutivis pubblicato 09 settembre 2018

Rispondiamo al quesito formulato da "domenicoparisi".

La questione della possibilità, per il coniuge del debitore, di partecipare alla vendita è stata più volte affrontato in dottrina e giurisprudenza. Il problema si pone sulla scorta del tenore letterale degli artt. 571 e 579 c.p.c., ai sensi del quale “ognuno, tranne il debitore” è ammesso ad offrire.

La prevalente dottrina afferma che la norma abbia carattere eccezionale, e dunque poiché il divieto di partecipare colpisce solo il debitore, analoga preclusione non può operare nei riguardi del coniuge.

In questi termini si esprime la giurisprudenza. Secondo Cass. civ., sez. III, 2 febbraio 1982, n. 605, “In tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione dello art. 579 cod. proc. civ. denegativa per il debitore esecutato dalla legittimazione di fare offerte all’incanto - che non integra un divieto dell’acquisto da parte del debitore - costituendo norma eccezionale rispetto alla “regola” stabilita dallo stesso art. 579 per la quale la legittimazione all’offerta compete ad “ognuno”, non può trovare applicazione analogica per altre ipotesi od a altri soggetti non considerati in detta norma, neppure con riguardo al coniuge del debitore - ancorché sussista tra i coniugi il regime di comunione legale dei beni previsto dagli artt. 177 e segg. cod. civ. - sicché questi rientrando nell’ampia e onnicomprensiva categoria delineata dal richiamato art. 579 cod. proc. civ., è ammesso a fare offerte per l’incanto ed offerta di aumento del sesto dopo la aggiudicazione, senza che rilevi il fatto che, per volontà della legge, l’effetto traslativo del bene - operato direttamente soltanto in capo a lui quale offerente aggiudicatario - si ripercuota per la metà nel patrimonio del debitore esecutato”.

Nella medesima direzione sembra muoversi Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2007, n. 11258., la quale ha ribadito che “In tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione contenuta nell’art.579 cod. proc. civ. (che inibisce al debitore esecutato la legittimazione di fare offerte all’incanto), costituendo norma eccezionale rispetto alla regola generale stabilita dallo stesso art. 579, non può trovare applicazione analogica rispetto ad altri soggetti non considerati in detta norma, salvo che non ricorra un’ipotesi di interposizione fittizia o che si configuri, in caso di accordo fra debitore esecutato e terzo da lui incaricato di acquistare per suo conto l’immobile, un negozio in frode alla legge”.

Infine, e con specifico riferimento proprio alla questione prospettata nella domanda, ricordiamo che Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2007, n. 11258 ha osservato che in tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione contenuta nell’art. 579 c.p.c. (che inibisce al debitore esecutato la legittimazione di fare offerte all’incanto), costituendo norma eccezionale rispetto alla regola generale stabilita dallo stesso art. 579, non può trovare applicazione analogica rispetto ad altri soggetti non considerati in detta norma, salvo che non ricorra un’ipotesi di interposizione fittizia o che si configuri, in caso di accordo fra debitore esecutato e terzo da lui incaricato di acquistare per suo conto l’immobile, un negozio in frode alla legge. Ne consegue che, a più forte ragione, la disposizione citata non è applicabile ove l’offerta provenga da una società di capitali, avuto riguardo alle complesse formalità di organizzazione e di attuazione che la caratterizzano, agli effetti che la pubblicità legale persegue e considerato che gli istituti dell’autonomia patrimoniale e della distinta personalità giuridica della società di capitali rispetto ai soci comportano la esclusione della riferibilità a costoro del patrimonio sociale, anche nell’ipotesi in cui uno dei soci possa essere considerato socio di larga maggioranza, e tali conclusioni si impongono ancor più quando manchi la dimostrazione della sussistenza di comportamenti suscettibili di essere qualificati come abuso della personalità giuridica. Così argomentando, è stata ritenuta legittima l’offerta formulata da una società con unico socio, diverso dal debitore, la quale era rappresentata dal debitore in qualità di amministratore, trattandosi di soggetto autonomo e distinto dai soci e dalle persone finanche rappresentative di essa.

inexecutivis pubblicato 09 settembre 2018

Rispondiamo adesso a thewole osservando che nessuna norma prevede, in tela di esecuzioni immobiliari, che dopo il quarto tentativo di vendita la procedura esecutiva debba essere chiusa, né che si possa offrire un qualunque importo.

Non esiste un numero tentativi di vendita esperiti i quali il Giudice ha l’obbligo di estinguere la procedura.

Il nuovo art. 591 c.p.c. come risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. 59/2016, prevede esclusivamente che dopo il quarto tentativo di vendita (per intenderci, quindi, al quinto tentativo di vendita) il Giudice può ridurre fino alla metà (invece che fino ad un quarto) il prezzo base.

Solo nella vendita mobiliare il nuovo testo dell’art. 532 prevede che il Giudice fissi al massimo tre tentativi di vendita da compiersi nel termine di sei mesi, dopo di che la procedura si estingue, a meno che uno dei creditori non abbia chiesto l’assegnazione dei beni pignorati.

Piuttosto, potrebbe verificarsi il caso previsto dall'art. 164 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, a norma del quale “quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.

 

Nel valutare questa eventualità dovrà tenersi conto di una molteplicità di elementi:

-          l’importo e la natura dei crediti, considerati sia complessivamente che singolarmente;

-          l’importo delle spese di giustizia sostenute e prevedibilmente da sostenere a norma degli artt. 2755 o 2770 c.c., specificando, in particolare, i costi medi sostenuti per i tentativi di vendita già espletati;

-          le ragioni che hanno ostacolato l’esitazione dei beni staggìti (ad es. mancata emissione dell’ordine di liberazione, necessità di regolarizzazioni edilizie e urbanistiche, necessità di interventi di manutenzione), specificando se sussistano probabilità di liquidazione del bene, tenuto anche conto di eventuali contatti intrattenuti con interessati all’acquisto;

-          il presumibile valore di realizzo del bene pignorato, qualora si dovesse optare per la prosecuzione delle attività di vendita.

inexecutivis pubblicato 09 settembre 2018

Infine, a proposito del quesito di francescomaria, osserviamo che a nostro avviso la strada ipotizzata nella domanda non è percorribile.

Invero, nel momento in cui si apre il procedimento di vendita deve essere garantita, attraverso la presentazione delle offerte, la più ampia partecipazione degli interessati attraverso procedure competitive che consentano il massimo realizzo.

È evidente che accettare una offerta al di fuori dei tempi e dei modi di partecipazione alla vendita scanditi dagli artt. 571 e seguenti c.p.c. altererebbe questo meccanismo.

L'unica soluzione possibile è quella di contattare i creditori e concordare con loro una soluzione transattiva nei termini che seguono:

l'acquirente acquista il bene (al di fuori della procedura) versando il prezzo (in tutto o in parte) in favore dei creditori, i quali contestualmente rinunciano alla procedura ai sensi dell'art. 629 cpc.

francescomaria70 pubblicato 12 settembre 2018

Grazie!

thewole pubblicato 13 settembre 2018

Salve vorrei una informazione vedendo la perizia di un immobile all asta trovo che il bene è occupato in forma di comodato d uso gratuito con promessa di acquisto in questi casi in caso di aggiudicazione cosa succede ? Ha diritto l occupante a rimanere nell immobile ?

inexecutivis pubblicato 14 settembre 2018

A nostro avviso il contratto di comodato non è opponibile all'aggiudicatario.

Trib. Torino Sez. III Ord., 07-05-2007, ha condivisibilmente affermato che “Il contratto di comodato stipulato dal precedente proprietario in epoca anteriore al suo trasferimento non è opponibile all'acquirente del bene; e ciò in quanto, per effetto del trasferimento in suo favore, il compratore acquista ipso iure il diritto di far cessare il godimento da parte del comodatario e di ottenere la piena disponibilità della cosa. In ogni caso, un comodato non è opponibile all'aggiudicatario di un immobile acquistato in sede di vendita forzata nell'ambito di una procedura di esecuzione immobiliare; ed invero, l'art. 2923, co. 1, c.c. consente l'opponibilità all'acquirente delle sole locazioni aventi data certa anteriore al pignoramento".

Argomenti in questo senso si ricavano anche da Cass. 11424/1992.

Il medesimo concetto si ricava anche dalla lettura di Cass. sez. I, 30.7.2009, n. 17735, la quale ha confermato la sentenza della corte di appello di Napoli che aveva ritenuto inopponibile al fallimento il contratto di comodato stipulato dal fallito prima della dichiarazione di fallimento, ritenendo inapplicabile l’art. 2923 c.c., il quale regola esclusivamente le condizioni di opponibilità della locazione.

In particolare, la sentenza afferma che pur in presenza di una detenzione che abbia data certa, ove non si provi che quella detenzione ha titolo in un contratto di locazione, non può trovare applicazione l’art. 2923 c.c. (che introduce un elemento di certezza in ordine alla anteriorità, sulla linea di quanto prevede in via generale l'art. 2704 c.c.) essendo la detenzione compatibile anche con altri rapporti, compreso quello di comodato.

Questa soluzione è del resto coerente con l’unanime convincimento dottrinario, secondo cui al comodato, stante la sua gratuità e precarietà, non è applicabile la disciplina dell’art. 2923.

thewole pubblicato 20 settembre 2018

Salve dato che siete disponibilissimi vi ringrazio per i vostri aiuti e vi formulo una nuova domanda in una perizia trovo che l immobile è 1/2 di x più 1/2 di y in regime patrominiale legale di separazione beni. In caso di aggiudicazione in questo caso si è in possesso Dell intera proprietà o ci potrebbero essere problemi? Grazie ancora

inexecutivis pubblicato 22 settembre 2018

Dai dati contenuti nel quesito ricaviamo il convincimento er cui è stato pignorato, per l'intero, un bene appartenente pro quota a due soggett idiversi, ciascuno proprietario della metà del bene.

Se così è, non ci sarà nessun problema, poichè il decreto di trasferimento verrà emesso in favore dell'aggiudicatario e contro gli attuali proprietari.

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