inexecutivis
pubblicato
09 settembre 2018
- Ultima modifica 09 settembre 2018
Rispondiamo al quesito formulato da "domenicoparisi".
La questione della possibilità, per il coniuge del debitore, di partecipare alla vendita è stata più volte affrontato in dottrina e giurisprudenza. Il problema si pone sulla scorta del tenore letterale degli artt. 571 e 579 c.p.c., ai sensi del quale “ognuno, tranne il debitore” è ammesso ad offrire.
La prevalente dottrina afferma che la norma abbia carattere eccezionale, e dunque poiché il divieto di partecipare colpisce solo il debitore, analoga preclusione non può operare nei riguardi del coniuge.
In questi termini si esprime la giurisprudenza. Secondo Cass. civ., sez. III, 2 febbraio 1982, n. 605, “In tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione dello art. 579 cod. proc. civ. denegativa per il debitore esecutato dalla legittimazione di fare offerte all’incanto - che non integra un divieto dell’acquisto da parte del debitore - costituendo norma eccezionale rispetto alla “regola” stabilita dallo stesso art. 579 per la quale la legittimazione all’offerta compete ad “ognuno”, non può trovare applicazione analogica per altre ipotesi od a altri soggetti non considerati in detta norma, neppure con riguardo al coniuge del debitore - ancorché sussista tra i coniugi il regime di comunione legale dei beni previsto dagli artt. 177 e segg. cod. civ. - sicché questi rientrando nell’ampia e onnicomprensiva categoria delineata dal richiamato art. 579 cod. proc. civ., è ammesso a fare offerte per l’incanto ed offerta di aumento del sesto dopo la aggiudicazione, senza che rilevi il fatto che, per volontà della legge, l’effetto traslativo del bene - operato direttamente soltanto in capo a lui quale offerente aggiudicatario - si ripercuota per la metà nel patrimonio del debitore esecutato”.
Nella medesima direzione sembra muoversi Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2007, n. 11258., la quale ha ribadito che “In tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione contenuta nell’art.579 cod. proc. civ. (che inibisce al debitore esecutato la legittimazione di fare offerte all’incanto), costituendo norma eccezionale rispetto alla regola generale stabilita dallo stesso art. 579, non può trovare applicazione analogica rispetto ad altri soggetti non considerati in detta norma, salvo che non ricorra un’ipotesi di interposizione fittizia o che si configuri, in caso di accordo fra debitore esecutato e terzo da lui incaricato di acquistare per suo conto l’immobile, un negozio in frode alla legge”.
Infine, e con specifico riferimento proprio alla questione prospettata nella domanda, ricordiamo che Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2007, n. 11258 ha osservato che in tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione contenuta nell’art. 579 c.p.c. (che inibisce al debitore esecutato la legittimazione di fare offerte all’incanto), costituendo norma eccezionale rispetto alla regola generale stabilita dallo stesso art. 579, non può trovare applicazione analogica rispetto ad altri soggetti non considerati in detta norma, salvo che non ricorra un’ipotesi di interposizione fittizia o che si configuri, in caso di accordo fra debitore esecutato e terzo da lui incaricato di acquistare per suo conto l’immobile, un negozio in frode alla legge. Ne consegue che, a più forte ragione, la disposizione citata non è applicabile ove l’offerta provenga da una società di capitali, avuto riguardo alle complesse formalità di organizzazione e di attuazione che la caratterizzano, agli effetti che la pubblicità legale persegue e considerato che gli istituti dell’autonomia patrimoniale e della distinta personalità giuridica della società di capitali rispetto ai soci comportano la esclusione della riferibilità a costoro del patrimonio sociale, anche nell’ipotesi in cui uno dei soci possa essere considerato socio di larga maggioranza, e tali conclusioni si impongono ancor più quando manchi la dimostrazione della sussistenza di comportamenti suscettibili di essere qualificati come abuso della personalità giuridica. Così argomentando, è stata ritenuta legittima l’offerta formulata da una società con unico socio, diverso dal debitore, la quale era rappresentata dal debitore in qualità di amministratore, trattandosi di soggetto autonomo e distinto dai soci e dalle persone finanche rappresentative di essa.