Per rispondere all'interrogativo occorre premettere che ai sensi dell’art. 1, comma 346 L. 30/12/2004, n. 311, “I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati” (A norma dell'art. 3, comma 9, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, la sanzione si applica anche quando: a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo; b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio. Sono tuttavia fatti salvi i contratti registrati con applicazione della disciplina della "cedolare secca", secondo quanto previsto dell'art. 5, comma 1-ter, d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla l. 23 maggio 2014, n. 80). A proposito di questa norma la Corte Costituzionale con ordinanza n. 420 del 2007 ha affermato che essa “non introduce ostacoli al ricorso alla tutela giurisdizionale, ma eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 cod. civ”.
In termini simili, e trattando degli effetti della registrazione tardiva si è espressa Cass. civ., sez. 3, 28 aprile 2017, n. 10498, la quale ha osservato che “In tema di locazione immobiliare (nella specie per uso non abitativo), la mancata registrazione del contratto determina, ai sensi dell’art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004, una nullità per violazione di norme imperative ex art. 1418 c.c., la quale, in ragione della sua atipicità, desumibile dal complessivo impianto normativo in materia ed in particolare dalla espressa previsione di forme di sanatoria nella legislazione succedutasi nel tempo e dall’istituto del ravvedimento operoso, risulta sanata con effetti “ex tunc” dalla tardiva registrazione del contratto stesso, implicitamente ammessa dalla normativa tributaria, coerentemente con l’esigenza di contrastare l’evasione fiscale e, nel contempo, di mantenere stabili gli effetti negoziali voluti dalle parti, nonché con il superamento del tradizionale principio di non interferenza della normativa tributaria con gli effetti civilistici del contratto, progressivamente affermatosi a partire dal 1998”.
Sulla questione sono intervenute altresì le Sezioni Unite, le quali con la sentenza n. 23601 del 9 ottobre 2017 hanno chiarito che Il contratto di locazione di immobili, sia ad uso abitativo che ad uso diverso, contenente “ab origine” l’indicazione del canone realmente pattuito (e, dunque, in assenza di qualsivoglia fenomeno simulatorio), ove non registrato nei termini di legge, è nullo ai sensi dell’art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004, ma, in caso di tardiva registrazione, da ritenersi consentita in base alle norme tributarie, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza “ex tunc”, atteso che il riconoscimento di una sanatoria “per adempimento” è coerente con l’introduzione nell’ordinamento di una nullità(funzionale) “per inadempimento” all’obbligo di registrazione.
Il complesso delle richiamate coordinate normative e giurisprudenziali ci consente di affermare che se il contratto di è tacitamente rinnovato, il fatto che non si sia provveduto al versamento della imposta di registro dovuta in occasione della rinnovazione, non incide sulla opponibilità o meno del contratto, poiché non rileva ai fini della nullità dello stesso.
Invero, in tema di locazione, ad integrare novazione del contratto non è sufficiente la variazione della misura del canone o del termine di scadenza, trattandosi di modificazioni accessorie, essendo invece necessario, oltre al mutamento dell'oggetto o del titolo della prestazione, l' "animus" e la "causa novandi", consistenti, il primo, nella manifestazione inequivoca dell'intento novativo e, la seconda, nell'interesse comune delle parti all'effetto novativo (Cass., sez. III, 28/10/2004 n. 20 906).