Offerte giudicate nulle

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  • Ultimo messaggio 02 marzo 2019
alex77caria.. pubblicato 23 febbraio 2019

Ho partecipato ad una vendita con incanto relativa ad un fallimento del 1995. Il Giudice ha escluso la mia domanda perchè nella busta che ho presentato personalmente in cancelleria, come indicato nell'ordinanza di vendita, ho indicato, oltre al nome del giudice e la data della gara, anche il mio nome, così rendendola riconoscibile. Nell'ordinanza nulla diceva su come compilare la busta. Che differenza c'è tra vendita con incanto e senza incanto per quanto concerne le buste? Posso fare opposizione? Chi paga le spese? E' necessario l'avvocato?  

Lo stesso Giudice ha escluso altri offerenti perchè hanno presentato assegni circolari delle poste? E' corretto escluderli?

Grazie

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alex77caria.. pubblicato 23 febbraio 2019

Aggiungo, chi decide l'opposizione, lo stesso Giudice che mi ha escluso dalla gara?

Grazie

inexecutivis pubblicato 02 marzo 2019

Sulla scorta degli elementi che ci sono stati offerti riteniamo che l'esclusione dell'offerta in ragione della riconoscibilità della medesima non sia corretta, poiché il nominativo indicato sulla medesima era quello di chi materialmente ha provveduto al deposito in cancelleria.

Per comprendere le ragioni di questa affermazione occorre partire dalla lettura dell'art. 571 c.p.c., a mente del quale l'offerta deve essere depositata in busta chiusa, all'esterno della quale sono annotati, a cura del cancelliere ricevente:

il nome di chi materialmente provvede al deposito (che deve essere preventivamente identificato dal cancelliere medesimo);

il nome del giudice dell'esecuzione o del professionista delegato ai sensi dell'articolo 591-bis;

la data dell'udienza fissata per l'esame delle offerte.

Da questa norma ricaviamo allora il dato per cui se il nome di chi presenta la busta in cancelleria deve essere indicato dal cancelliere, il fatto che il presentatore abbia provveduto a scriverlo lui stesso, nulla cambia, a patto che il cancelliere al momento del deposito abbia provveduto ad identificarlo.

Quanto agli assegni circolari, anche qui occorre partire dalla previsione dell'art. 571 c.p.c., a mente del quale una delle cause di inefficacia dell'offerta è rappresentata dal fatto che l'offerente non abbia prestato cauzione secondo le modalità stabilite nell'ordinanza di vendita.

A proposito di questa prescrizione va registrato un precedente della giurisprudenza di legittimità secondo il quale “Nell'esecuzione per espropriazione immobiliare, quando sia disposta la vendita senza incanto, è inefficace l'offerta presentata con modalità difformi da quelle stabilite nell'ordinanza che dispone la vendita, a nulla rilevando che la difformità riguardi prescrizioni dell'ordinanza di vendita stabilite dal giudice di sua iniziativa, ed in assenza di una previsione di legge in tal senso” (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto inefficace l'offerta accompagnata da una cauzione prestata mediante assegni circolari tratti su una banca diversa da quella che era stata indicata dal giudice dell'esecuzione nell'ordinanza dispositiva della vendita. (cass. Sez. 3, Sentenza n. 12880 del 24/07/2012).

Infine, quanto al giudice competente a decidere l'opposizione, osserviamo quanto segue.

Promossa una opposizione all'esecuzione o, come nel suo caso, una opposizione agli atti esecutivi, il giudice, adottati i provvedimenti eventualmente richiesti inaudita altera parte, deve fissare con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé ai sensi dell'art. 618 c.p.c. ed un termine perentorio entro il quale l'opponente deve notificare il ricorso ed il decreto alle altre parti adottando, nei casi urgenti, i provvedimenti opportuni.

Alla udienza così fissata lo stesso giudice, adottati i provvedimenti che egli ritiene indilazionabili e sospesa (se lo ritiene opportuno) la procedura, fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito a cura della parte che abbia interesse.

Per espressa previsione delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, la fase di merito deve essere trattata da un giudice diverso da quello dell'esecuzione (art. 186 bis)

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