Liquidazione coatta: iva o registro?

  • 428 Viste
  • Ultimo messaggio 28 ottobre 2019
Marco della rovere pubblicato 23 ottobre 2019

Buongiorno,

Da un fallimento di una cooperativa sono stati messi in vendita degli appartamenti (ultimati nel 2011) con procedura competitiva. Sono aggiudicatario di uno degli immobili e durante l aggiudicazione davanti al notaio il liquidatore ha prospettato che la vendita sarebbe potuta avvenire a registro (Iva 2% sul catastale) anziché l'Iva al 4% (prima casa) perché tanto dalla procedura non avrebbero da scaricare nulla.

Ora che si avvicina il momento dell atto vero e proprio ho chiesto conferma al liquidatore sull applicazione del registro, ma ha detto che non è fattibile perché dovrebbe ricostruire la situazione economica dell impresa, che rintracciare i documenti fiscali per poter fare l operazione a registro sarebbe troppo difficoltoso, che da un accertamento ("provata" , che non ho idea di cosa significhi) dell'agenzia delle entrate potrebbero nascere dei problemi.

So per certo che in precedenza, alcuni acquirenti di questa procedura, hanno acquistato a registro con un discreto vantaggio economico, E, a suo tempo, gli fu detto che siccome gli immobili erano tutti ultimati da più di 5 anni, potevano applicare il registro anziché l Iva.

Considerando che la mia situazione è analoga, ma non vorrei tirare in causa terze persone che mi hanno dato queste informazioni, vorrei chiedervi su che base si applica il registro o l Iva in questo genere di procedure?

Genericamente tutti dicono che se acquisti da costruttore c'è l Iva, invece da privato si va a registro. Ma non capisco perché il liquidatore in questo caso può esercitare la facoltà di applicare un regime o un'altro a sua discrezione.

Vi ringrazio per ogni aiuto e informazione che potete darmi.

inexecutivis pubblicato 28 ottobre 2019

In base all’art. 10 primo comma, n. 8-bis), del d.P.R. n. 633 del 1972, come modificato dal decreto-legge n. 83 del 2012, le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato diversi da quelli strumentali sono soggette al regime “naturale” di esenzione da IVA, ad eccezione delle seguenti ipotesi:

1) cessioni effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino degli stessi entro 5 anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento;

2) cessioni poste in essere dalle stesse imprese anche successivamente, nel caso in cui nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione;

3) cessioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali per le quali nel relativo atto il cedente abbia manifestato espressamente l’opzione per l’imposizione.

Per quanto attiene al calcolo del quinquennio, è chiaro che bisogna considerare due date: quella della cessione e quella della ultimazione dei lavori.

Quanto alla cessione, in base ai criteri previsti dall’art. 6 del d.P.R. n. 633 del 1972, le cessioni di beni immobili si considerano effettuate all’atto della stipula del contratto ovvero, qualora prima della stipula sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo o sia emessa la fattura, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo pagato o fatturato, alla data della fattura o a quella del pagamento del corrispettivo. Traslando questi concetti alla vendita immobiliare, riteniamo che debba essere considerato il momento del versamento del saldo prezzo.

Per quanto concerne, invece la data di ultimazione dei lavori, con la circolare n. 12/E dell’1/3/2007 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il concetto di ultimazione della costruzione o dell'intervento di ripristino dell'immobile, al quale si ricollega il regime impositivo dell'operazione, debba essere individuato con riferimento al momento in cui l'immobile sia idoneo ad espletare la sua funzione ovvero sia idoneo ad essere destinato al consumo. Pertanto, come già precisato con circolare n. 38/E del 12 agosto 2005 in materia di accertamento dei requisiti "prima casa", si deve considerare ultimato l'immobile per il quale sia intervenuta da parte del direttore dei lavori l'attestazione della ultimazione degli stessi, che di norma coincide con la dichiarazione da rendere in catasto ai sensi degli artt. 23 e 24 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Inoltre, ha aggiunto, si deve ritenere "ultimato" anche il fabbricato concesso in uso a terzi, con i fisiologici contratti relativi all'utilizzo dell'immobile, poiché lo stesso, pur in assenza della formale attestazione di ultimazione rilasciata dal tecnico competente, si presume che, essendo idoneo ad essere immesso in consumo, presenti tutte le caratteristiche fisiche idonee a far ritenere l'opera di costruzione o di ristrutturazione completata.

Per completezza, ricordiamo che secondo l’Agenzia delle Entrate (circolare 4 agosto 2006, n. 27/E ribadita, sul punto, dalla circolare 29 maggio 2013, n. 18/E), sono fabbricati abitativi quelli classificati o classificabili nel gruppo catastale “A” (esclusa la categoria “A/10”). Sono invece fabbricati strumentali per natura (vale a dire, quelli che “per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni”) le unità immobiliari classificate o classificabili nei gruppi catastali “B”, “C”, “D”, “E” e nella categoria “A10” qualora la destinazione ad ufficio o studio privato risulti dal provvedimento amministrativo autorizzatorio.

Se pertanto si applica l’IVA, detta imposta sarà dovuta nella misura del 4%, mentre l’imposta di registro sarà applicata nella misura fissa di €. 200,00 ai sensi 40, comma 1 del d.P.R. 131/1986. Anche l’imposta ipotecaria sarà dovuta nella misura fissa di €. 200,00 (nota all’art. 1 della tariffa del d.lgs 31.1.0.1990, n. 347) così come pure l’imposta catastale (art. 10 d.lgs 31.1.0.1990, n. 347).

Dunque, in conclusione, nel caso prospettato dalla domanda il liquidatore ha facoltà di decidere se assoggettare il trasferimento ad IVA piuttosto che ad imposta di registro.

Close