La risposta alla sua domanda deve necessariamente partire dalla lettura dell’art. 559 c.p.c., ai sensi del quale con il pignoramento il debitore è costituito ex lege “custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori, comprese le pertinenze e i frutti senza diritto a compenso”. La medesima norma prevede che egli debba essere sostituito nella custodia, al più tardi, con l’ordinanza di vendita, a meno che il Giudice, “per la particolare natura” dei beni stessi, “ritenga che la sostituzione non abbia utilità”.
Da questa norma si ricava il dato per cui in ogni procedure c’è sempre un custode, che va individuato nella persona dell’esecutato, fino a quando il giudice non nomini un custode diverso.
Questa nomina è tendenzialmente obbligatoria, ed alla sostituzione il giudice può derogare quando non lo ritenga concretamente utile per la procedura medesima.
È chiaro, tuttavia, che se si pone un problema di liberazione dell’immobile la necessità di nominare un custode diverso dal debitore si impone, poiché è del tutto inverosimile che della liberazione possa occuparsi il debitore medesimo.
Quanto ai costi, come abbiamo detto, occorre considerare che le modalità di "attuazione" (e non di "esecuzione") dell'ordine di liberazione, sono state completamente riscritte prima dal Decreto Legge 3 Maggio 2016 n. 59 convertito in Legge 30 Giugno 2016 n. 119, che ha significativamente modificato i commi terzo e quarto dell'art. 560 c.p.c., e successivamente dal dall’art. 4, comma 2, d.l. 14/12/2018, n. 135, convertito dalla legge 11/2/2019, n. 12, il cui effetti si produrranno solo per le esecuzioni intraprese a partire dal 13 febbraio 2019.
Prima di quest’ultimo intervento normativo l’art. 560 prevedeva che la liberazione venisse attuata dal custode “senza oneri per l’aggiudicatario” il che significava che i costi della liberazione sono interamente a carico della procedura esecutiva, ed il creditore.
Questa precisazione non è più contenuta nel novellato art. 560.
Questo ha delle conseguenze rilevanti.
Invero, per le procedure iniziate prima del 13 febbraio 2019 riteniamo che, nel silenzio dell’ordinanza di vendita, le spese di liberazione dell’immobile debbano gravare sulla procedura, ma non ci sembra censurabile l’ordinanza del giudice dell’esecuzione con la quale si decidesse di porle a carico dell’aggiudicatario, non trattandosi di norma inderogabile, così come non sembrerebbero essere inderogabili, in generale, le spese che ripartiscono tra massa ed aggiudicatario le spese di esecuzione. Si è infatti affermato, per esempio, che “In tema di vendita forzata, il giudice dell'esecuzione (o quello delegato al fallimento) può, con proprio provvedimento, porre le spese per la cancellazione delle trascrizioni ed iscrizioni gravanti sull'immobile trasferito a carico dell'aggiudicatario, anziché a carico del debitore (o della massa fallimentare), come disposto dagli artt. 2878 cod. civ. e 586 cod. proc. civ. (nonché 105 della legge fall.), poiché il principio dell'obbligo del pagamento delle spese predette a carico del debitore (o della massa fallimentare) non può dirsi inderogabile, non essendo tale inderogabilità sancita da alcuna norma di legge, e non avendo esso ad oggetto situazioni soggettive indisponibili”. (Cass. n. 10909 del 25.7.2002).
Per le procedure iniziate a partire dal 13 febbraio 2019 il discorso è diverso perché la norma non individua il soggetto tenuto al pagamento delle spese di liberazione, sicché in ogni caso sarà necessario un provvedimento del giudice dell’esecuzione.