Inosservanza della legge 59 del 3 maggio 2016

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  • Ultimo messaggio 21 febbraio 2022
Mario787 pubblicato 11 febbraio 2022

Buonasera, nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare che dura da 22 anni, è stato fatto presente al G.E. che a partire dell'entrata in vigore della legge 59 del 2016, per quanto concerne il computo degli esperimenti necessario alla determinazione del prezzo di vendita ribassato, si deve tenere conto anche di quelli svolti prima della legge, e più precisamente che:

Ai fini dell'applicazione della disposizione di cui alla lettera

h), si tiene conto, per il computo del numero  degli  esperimenti  di

vendita anche di quelli  svolti  prima  dell'entrata  in  vigore  del

presente decreto

inoltre, è stato fatto presente che la stessa legge precisa anche che dopo il terzo esperimento andato deserto, il ribasso non può superare il limite del 50%, dato che l'immobile è arrivato incredibilmente al valore del 16% rispetto al valore di stima del bene immobile (valore scritto dallo stesso G.E. nelle motivazioni del rigetto).

A questo punto quali azioni si possono intraprendere per ottenere l'applicazione della suddetta legge? Grazie

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robertomartignone pubblicato 12 febbraio 2022

La procedura dovrebbe essere estinta , ma il valore di vendita al 16% del valore di perizia soddisferebbe il credito del procedente e degli intervenuti ? Secondo avete già fatto istanza al GE e Vi è stata rigettata ? Se si quale è stata la motivazione del GE ? 

inexecutivis pubblicato 15 febbraio 2022

La domanda probabilmente tradisce un pochino di incertezze.

Proviamo dunque a mettere ordine.

Probabilmente ci si intende riferire all’art. 164 bis disp. att. c.p.c. (introdotto dall'art. 2, comma 4 novies, lett. b), d.l. n. 14.3.2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla l. 14.5.2005, n. 80).

Con questa norma il legislatore ha espressamente riconosciuto la possibilità di una “chiusura anticipata del processo esecutivo”, prevedendo che quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo, così ponendo rimedio ad un atteggiamento assai rigoroso (ma del tutto condivisibile, de iure condito) della Corte di Cassazione, secondo la quale il principio della tassatività delle ipotesi di estinzione del processo esecutivo rendeva illegittimo un provvedimento di c.d. estinzione atipica fondato sulla improseguibilità per “stallo” della procedura di vendita forzata e, quindi, sulla inutilità o non economicità sopravvenuta del processo esecutivo (Cass. civ., 19 dicembre 2006, n. 27148).

Dalla relazione relativa al disegno di legge di conversione del d.l. 132/2014, si legge chiaramente che la norma è stata coniata allo scopo di evitare "che vadano avanti (con probabili pregiudizi erariali anche a seguito di azioni risarcitorie per danno da irragionevole durata del processo) procedimenti di esecuzione forzata pregiudizievoli per il debitore ma manifestamente non idonei a produrre il soddisfacimento degli interessi dei creditori in quanto generatori di costi processuali più elevati del concreto valore di realizzo degli asset patrimoniali pignorati", aggiungendo che l’ordinanza di chiusura anticipata per infruttuosità sarà impugnabile nelle forme dell’opposizione agli atti esecutivi.

Da queste indicazioni è stata ricavata da taluna dottrina la condivisibile affermazione per cui essa non è (come pure altri hanno ritenuto) strumento di contemperamento tra l'interesse al soddisfacimento dei creditori e l’interesse del debitore a non vedere “svenduto”, bensì mezzo di tutela di un interesse, proprio dell’amministrazione della giustizia, "ad evitare che proseguano sine die procedure esecutive inidonee a consentire il soddisfacimento degli interessi dei creditori, con inutile dispendio di risorse".

Nel valutare questa eventualità dovrà tenersi conto di una molteplicità di elementi:

-          l’importo e la natura dei crediti, considerati sia complessivamente che singolarmente;

-          l’importo delle spese di giustizia sostenute e prevedibilmente da sostenere a norma degli artt. 2755 o 2770 c.c., specificando, in particolare, i costi medi sostenuti per i tentativi di vendita già espletati;

-          le ragioni che hanno ostacolato l’esitazione dei beni staggìti (ad es. mancata emissione dell’ordine di liberazione, necessità di regolarizzazioni edilizie e urbanistiche, necessità di interventi di manutenzione), specificando se sussistano probabilità di liquidazione del bene, tenuto anche conto di eventuali contatti intrattenuti con interessati all’acquisto;

-          il presumibile valore di realizzo del bene pignorato, qualora si dovesse optare per la prosecuzione delle attività di vendita.

Dunque, occorre considerare quale sarebbe il prezzo base del prossimo tentativo di vendita e qual’è il credito vantato dal creditore procedente e dai creditori intervenuti.

Mario787 pubblicato 18 febbraio 2022

Innanzitutto grazie per la risposta. Effettivamente il mio quesito è stato formulato in maniera generica, dato che voglio fare espresso riferimento all'art. 591 c.p.c.; infatti, come da Decreto Legge 59/2016 entrato in vigore a partire dal 4 maggio 2016, l’art. 4, comma 1, lettera h, è andato a modificare il citato art. 591 c.p.c. il quale, al secondo comma stabilisce che:

il giudice, può altresì stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto e, DOPO IL QUARTO TENTATIVO DI VENDITA ANDATO DESERTO, FINO AL LIMITE DELLA METÀ.”.

Inoltre, come già detto, L'art. 4, comma 7 stabilisce che:

ai fini dell’applicazione della disposizione di cui alla lettera h), SI TIENE CONTO, PER IL COMPUTO DEL NUMERO DEGLI ESPERIMENTI DI VENDITA ANCHE QUELLI SVOLTI PRIMA DELL’ENTRATA IN VIGORE DEL PRESENTE DECRETO”.

Tutto questo per dire che, nonostante l'opposizione agli atti esecutivi da noi presentata, concernente le doglianze di cui sopra (oltre 15 aste deserte già esperite, con un prezzo di vendita ampiamente inferiore al limite del 50%), il G.E. ha rigettato la stessa opposizione, affermando che il D.L. 59/2016  "si è limitato a stabilire la misura massima del possibile ribasso in relazione ai diversi tentativi di vendita ma certamente non ha imposto né misura del ribasso né numero massimo di esperimenti".

Già dalla lettura parziale della motivazione qui sopra trascritta, appare evidente la palese contraddizione in cui è caduto il G.E.; tuttavia, allo stato attuale, nonostante la determinazione del prezzo contra legem sia molto inferiore rispetto a quanto stabilito per legge, l'esecuzione immobiliare continua il suo corso.

 

robertomartignone pubblicato 19 febbraio 2022

Ho visto casi simili , domanda : il ricavato dell ' eventuale vendita va a soddisfare i creditori , si o no ??

Mario787 pubblicato 19 febbraio 2022

Assolutamente no, è infatti una vendita a prezzo "vile", dato che il ricavato dalla vendita lascia gli esecutati senza abitazione ma soprattutto ancora con parte del debito nei confronti del creditore procedente.

robertomartignone pubblicato 19 febbraio 2022

In che percentuale % ? Alcuni tribunali in casi simili  sospendono l ' esecuzione altri no . Avete parlato con il creditore ? o ci sono piu' creditori ?

inexecutivis pubblicato 21 febbraio 2022

La decisione del giudice è corretta. Aggiungiamo che le norme che lei ha citato non implicano che al di sotto di un certo prezzo base non si possa andare.

robertomartignone pubblicato 21 febbraio 2022

Verifichi in proposito le linee guida seguite dal tribunale di competenza .

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