La sentenza da lei citata è la stessa a cui noi abbiamo fatto riferimento, e le obiezioni da lei mosse sono assolutamente condivisibili.
La questione a nostro avviso non è di facile soluzione.
Non è un caso infatti che la dottrina più autorevole sia divisa sul punto (si esprimono nel senso della opponibilità della locazione CHINALE, GENTILE, TAMBURRINO, MAIORCA; propendono invece per la tesi della inopponibilità GORLA – ZANELLI, e RUBINO).
Cass. 7776/2016 così motiva l’opponibilità della locazione all’ipoteca: “Non tutti i diritti personali di godimento resistono dinanzi al prevalente diritto del creditore ipotecario, anzi, di regola vale il contrario (come è per il diritto del comodatario). Vi resiste la locazione, perché l'ordinamento consente che l'ipoteca si estenda ai frutti del bene, compresi i canoni di locazione (arg. ex art. 2811 cod. civ.), che quindi sono soggetti ad espropriazione ai sensi dell'art. 2808 cod. civ.. Pertanto, il contratto di locazione sopravvenuto all'iscrizione d'ipoteca non pregiudica il creditore ipotecario poiché non priva il bene del valore d'uso e ne consente la vendita come bene produttivo di reddito; tanto ciò è vero che quando invece questo non sia possibile -come nell'ipotesi prevista dall'art. 2643 n. 9 e dagli ultimi due comma dell'art. 2812 cod. civ. (cessioni e liberazioni di pigioni e di fitti non scaduti)- è lo stesso legislatore a prevedere che il diritto del conduttore, che superi determinati limiti temporali, debba essere trascritto e che l'iscrizione ipotecaria prevalga sul diritto del conduttore non trascritto o trascritto successivamente”.
La corte, nella sostanza, svolge il seguente ragionamento: la locazione non pregiudica perché assicura un quid all’aggiudicatario, id est l’equivalente monetario del godimento.
Secondo noi tuttavia occorre muovere da una premessa: quali sono gli interessi che occorre bilanciare?
In primo luogo quello del creditore ipotecario a mantenere integra la garanzia, il quale potrebbe avere interesse a pignorare un bene libero, oppure un bene locato se la locazione (oltre a produrre frutti e dunque aumentare l’attivo ripartibile) incrementa l’appetibilità del bene per via del vantaggioso canone.
In secondo luogo esiste l’interesse dell’aggiudicatario, il quale potrebbe avere: o un interesse a conseguire il bene libero, oppure l’interesse a mantenere in vita la locazione, perché conveniente forma di rendita. Quest’ultimo interesse può essere sempre perseguito rinunciando a far valere l’eventuale inopponibilità della locazione nei suoi confronti.
In terzo luogo esiste l’interesse del debitore a disporre, mediante la stipula di un contratto di locazione, del bene ipotecato.
Infine viene in considerazione l’interesse del conduttore a permanere nell’immobile, pur sapendo che esso è ipotecato e/o pignorato.
Orbene, non ci sembra che la composizione di questi interessi, potenzialmente contrastanti, si rinvenga all’interno del codice: non nell’art. 2923 (che si riferisce al pignoramento), e non nell’art. 1599 c.c., che disciplina i trasferimenti negoziali. In queste due norme la regolazione dei rapporti tra conduttore ed acquirente/aggiudicatario, trova una sistemazione coerente, nel senso che la data certa anteriore, (alla vendita o al pignoramento, salvo il caso della detenzione anteriore) attribuisce prevalenza al conduttore.
Si osservi che in questi casi, tra il diritto del conduttore e quello dell’acquirente/aggiudicatario prevale quest’ultimo, poiché mentre (attraverso il requisito della data certa) l’acquirente/aggiudicatario è in grado di sapere se acquista un bene libero, il conduttore non gode di equipollenti strumenti di informazione perché sia nel caso della vendita che in quello del pignoramento non viene in considerazione la data della trascrizione ma quello della notifica del pignoramento, (poiché per il debitore la notifica è costitutiva del vincolo di indisponibilità) o della stipula del contratto di vendita.
Anche il diritto del creditore risulta prevalente rispetto a quello del conduttore. Infatti, nel momento in cui esegue il pignoramento è posto nelle condizioni di sapere se sottoporrà ad esecuzione un bene libero oppure gravato da una locazione opponibile alla procedura.
Orbene, dalla ricostruzione appena svolta si ricava il dato per cui l’unico interesse pregiudicato da queste interrelazioni è quello del conduttore, che è sempre recessivo rispetto a quello dell’acquirente, del creditore e dell’aggiudicatario.
La stessa prevalenza del diritto del creditore (qui rispetto a quello del titolare del diritto reale minore) si registra, a ben vedere, anche nell’art. 2812 c.c. Qui, infatti, sebbene il titolare del diritto reale che si estingue con il pignoramento può far valere le sue ragioni sul ricavato, ciò non può avvenire in danno del creditore ipotecario, che ha diritto di soddisfarsi per primo, con la conseguenza che, in caso di incapienza, il titolare del diritto reale minore costituito dopo l’iscrizione ipotecario rimane pregiudicato.
Se così è, e nel silenzio del quadro normativo, l’analogia iuris dovrebbe condurre a regolare il rapporto tra creditore ipotecario e conduttore negli stessi termini in cui è disciplinato il rapporto tra creditore e conduttore nell’art. 2923 c.c., con la conseguenza che il contratto di locazione inopponibile avente data certa successiva all’iscrizione dell’ipoteca dovrebbe inopponibile a quest’ultima.
L’osservazione contenuta nella sentenza n. 7776/2016 per cui “il contratto di locazione sopravvenuto all'iscrizione d'ipoteca non pregiudica il creditore ipotecario poiché non priva il bene del valore d'uso e ne consente la vendita come bene produttivo di reddito” pur astrattamente condivisibile non pare convincente nella misura in cui espone comunque il creditore ipotecario alle determinazioni volitive del debitore (il cui interesse, come si è visto, è sempre recessivo nei rapporti con il rimo), il qual potrebbe stipulare, (magari con un conduttore compiacente) un contratto che, senza incorrere nella tagliola del canone vile, contenga tuttavia un canone e clausole contrattuali tali da non renderne appetibile il subentro, e dunque scoraggiare potenziali acquirenti, così “annacquando” la funzione della garanzia ipotecaria, conducendo potenzialmente la procedura esecutiva nel baratro dell’art. 164 bis disp. att. c.p.c.