immobile occuparto dal debitore

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leleio pubblicato 02 ottobre 2018

Buongiorno,

 

in relazione ad un immobile all'sta senza incanto si dice nell'avviso di vendita che "la partecipazione alla vendita implica la conoscenz aintegrale e l'accettazione incondizonata di quanto contenuto nell'ordinanza di vendita, nel presente avviso nella relazione peritale e nei suoi allegati".

Solo nella perizia di stima si dice: nelle disponibilità dell'esecutato stesso e considerato pertanto libero. Ed è una perizia del 2008, ovvero di dieci anni fa.

questa frase però non è riportata nè nell'avviso di vendita nè nell'ordinanaza di vendita.

 

Come faccio ad essere sicuro che l'immobile è occupato solo dal debitore e quindi "da considerarsi libero"? Sono passati 10 anni!

 

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leleio pubblicato 05 ottobre 2018

Salve potreste per favore dare una risposta?

Tra l'altro aggiungo che dopo la visita è risultata evidente una servitù di passaggio non riportata in perizia per ben due abitazioni confinanti. Possibile che una vendita venga fatta in questo modo?

 Aggiunta: ho contattato il custode che mi ha detto di chiedere al perito: rsiposta: è una perizia di 10 anni fa..io non ricordo...ma sarà come dice lei..."!!!

Ma secondo voi non ci sono gli estremi per aggiornare la perizia di stima? Come è possibile che sia venduto un immobile in cui in perizia si parla di resede esclusivo, non si accenna a nessuna servitù e poi risulta che in quel resede passano le auto di ben due abitazioni confinanti?

 

inexecutivis pubblicato 05 ottobre 2018

In effetti i dati che ci ha riferito implicherebbero la necessità di aggiornare l'elaborato peritale.

Il problema si pone soprattutto per le servitù, le quali se trascritte sono opponibili anche all'aggiudicatario. Quindi, in primo luogo, occorrerebbe procedere ad eseguire una visura ipotecaria per verificare se le servitù di cui si parla sono state trascritte a carico del bene oggetto di vendita.

Se così fosse la perizia andrebbe sicuramente aggiornata poiché l'esistenza di una servitù è un dato rispetto al quale la perizia non può tacere per espressa previsione dell'art. 173 bis n. 4 disp. att. c.p.c.

Se invece non risultassero trascritte le stesse non potrebbero essere fatte valere nei confronti dell'aggiudicatario, anche se qualora il fondo a favore del quale esse sono state costituite rimanesse privo di accesso sulla via pubblica il proprietario potrebbe comunque promuovere un'azione giudiziaria per ottenerne il riconoscimento a carico del bene oggetto di vendita.

Quanto alla occupazione, l'unico rimedio è quello di chiedere informazioni al custode, esercitando il diritto di visita dell'immobile ai sensi dell'art. 560 c.p.c.. Ciò in quanto si tratta di una circostanza per sua natura mutevole nel corso del tempo.

leleio pubblicato 05 ottobre 2018

molte grazie.

 

contatterò il delegato alla vendita e vediamo cosa decide.

 

 

leleio pubblicato 05 ottobre 2018

questa la risposta ricevuta dal tribunale:

 

Provvederemo a fare le opportune ricerche
tuttavia lei richieda chiairmenti direttamente al CTU, perchè l'immobile viene venduto nello stato di fatto e di diritto in cui verte,
per cui se c'è un errore nella perizia l'aggiudicatario si potrà rivalere sul CTU ma sicuramente non con il Tribunale
in quanto la vendita giudiziaria non è coperta dalla garanzia per vizi 

 

Cioè l'aggiudicatario si può rivalere sul CTU? E come quantificare il danno?

inexecutivis pubblicato 07 ottobre 2018

La risposta che le è stata fornita a nostro avviso deve essere spiegata per evitare che si creino equivoci, poichè non è detto che l'esistenza di un errore nella perizia determini automaticamente una responsabilità del perito, quando l'errore sia conosciuto (cosa che si è verificata nel caso di specie) o comunque conoscibile usando l'ordinaria diligenza.

Invero, il perito stimatore soggiace alle regole generali in tema di responsabilità civile, e dunque all’art. 2043 c.c., che impone l'obbligo del risarcimento del danno a colui che compie un fatto illecito con dolo o colpa.

Quella dello stimatore, è una obbligazione di mezzi, e dunque la diligenza dovuta è quella di cui all’art. 1176, comma secondo, c.p.c.; se poi nello svolgimento dell’incarico egli è stato chiamato a svolgere di prestazioni di particolare difficoltà, la sua diligenza dovrà essere valutata secondo i criteri di cui all’art. 2236 c.c.. In questi termini si è pronunciata Cass. 2.2.2010, n. 2359, con riferimento al caso in cui lo stimatore aveva erroneamente determinato la superficie di un immobile pignorato.

Più in generale, secondo la giurisprudenza “L'esperto nominato dal giudice per la stima del bene pignorato è equiparabile, una volta assunto l'incarico, al consulente tecnico d'ufficio, sicché è soggetto al medesimo regime di responsabilità ex art. 64 c.p.c., senza che rilevi il carattere facoltativo della sua nomina da parte del giudice e l'inerenza dell'attività svolta ad una fase solo prodromica alla procedura esecutiva. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di condanna dell'ausiliare, che aveva proceduto a stima viziata, per difetto, nel computo della superficie dell'immobile, al risarcimento dei danni in favore di coloro cui era stata revocata, in conseguenza di tale errore, l'aggiudicazione in sede esecutiva)”. (Cass., 18.9.2015, n. 18313).

Nello stesso solco si è collocata, per altro recentemente, Cass., 23.6.2016, n. 13010, la quale ha affermato che “Il perito di stima nominato dal giudice dell'esecuzione risponde nei confronti dell'aggiudicatario, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per il danno da questi patito in virtù dell'erronea valutazione dell'immobile staggito, solo ove ne sia accertato il comportamento doloso o colposo nello svolgimento dell'incarico, tale da determinare una significativa alterazione della situazione reale del bene destinato alla vendita, idonea ad incidere causalmente nella determinazione del consenso dell'acquirente. (Nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità del perito in relazione ai costi sostenuti dall'aggiudicatario per la regolarizzazione urbanistica dell'immobile acquistato, maggiori rispetto a quelli indicati in perizia, evidenziando come gli stessi fossero ricollegabili ad una disattenzione dell'acquirente, che non aveva considerato la mancanza, pur rappresentata dall'ausiliario nel proprio elaborato, di alcuni documenti importanti ai fini della valutazione di tali oneri)”.

Ovviamente, come abbiamo anticipato, la responsabilità del perito potrà essere fatta valere soltanto se gli errori erano sconosciuti e non conoscibili con l'ordinaria diligenza, poichè se l'offerente, pur sapendo delle lacune della perizia, cinonostante si determina ad offrire, non potrà successivamente dolersi di alcunchè.

leleio pubblicato 08 ottobre 2018

Buongiorno e grazie della risposta.

 

Riassumendo:

- il tribunale scarica la responsabilità sul CTU

- Il CTU verbalmente ammette che c'è forse una carenza nel non aver indicato una servitù

- da visita sull'immobile è evidente la servitù

- Come può l'offerente sapere se quella servitù è un diritto reale oppure se può essere ignorata? Deve l'offerente pagare a suo spese un tecnico che faccia il lavoro che doveva fare il CTU? E poi magari perdere comunque l'aggiudicazione? Non è questo un onere che deve ricadere sul tribunale che mette in vendita? Non può in questa fase il tribunale venuto a conoscenza di questa mancanza, chiedere al CTU di integrare la perizia?

 

inexecutivis pubblicato 08 ottobre 2018

Come abbiamo detto nelle precedenti risposte, se la rervitù risultasse trascritta, essa sarebbe certamente opponibile all'aggiudicatario. Se invece non risultasse trascritta, essa non potrebbe essere fatta valere nei confronti dell'acquirente, con la seguente precisazione: qualora il fondo a favore del quale essa risulta costituita rimanesse, dopo il decreto di trasferimento, privo di accesso sulla via pubblica il proprietario potrebbe comunque promuovere un'azione giudiziaria per ottenerne il riconoscimento a carico del bene oggetto di vendita.

inexecutivis pubblicato 08 ottobre 2018

Ribadiamo inoltre che secondo noi la perizia andrebbe integrata. Tuttavia ove questo non dovesse avvenire l'interessato all'acquisto deve assumere le decisioni del caso secondo le indicazioni che abbiamo suggerito.

leleio pubblicato 08 ottobre 2018

Mille grazie per le tante risposte e la precisione. Direi che siete molto più puntuali dei tribunali.

:)

 

saluti

 

inexecutivis pubblicato 09 ottobre 2018

Grazie mille, ma non riteniamo di essere più puntuali dei tribunali. Semplicemente, forse, gestiamo una minore mole di lavoro.

In bocca al lupo!

approfondisco pubblicato 17 ottobre 2018

Buongiorno

in rif. a un esecutato non collaborativo che fisicamente non ha piu' la disponibilità del bene (il custode ha cambiato con il fabbro la serratura) , il mancato trasferimento della residenza da parte dello stesso  in altro luogo   puo' creare problemi al nuovo inquilino che deve trasferire nell'immobile oggetto di esecuzione la propria residenza?

Grazie anticipatamente per la risposta.

inexecutivis pubblicato 21 ottobre 2018

Il fatto che il debitore esecutato mantiene la residenza all'interno dell'immobile non crea problemi al nuovo proprietario che in quello stesso immobile deve trasferire la residenza.

Ricordiamo, peraltro, che il trasferimento della residenza in un luogo diverso da quello in cui essa risulta formalmente può anche condurre alla cancellazione di quel soggetto dall'anagrafe della popolazione residente tenuta presso il comune.

Infatti, il regolamento anagrafico (D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223) prevede, ai fini della regolare tenuta delle posizioni anagrafiche che sia possibile cancellare d'ufficio un cittadino dall'anagrafe della popolazione residente a seguito di ripetuti accertamenti.

Si tratta di un procedimento che l’ufficiale d’anagrafe può avviare in seguito a notizie della presunta irreperibilità di un cittadino (o di una intera famiglia) pervenutegli da qualsiasi fonte, e quindi anche su segnalazione di privati.

In questo caso l'ufficiale anagrafico avvia il relativo procedimento amministrativo che consiste nella preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento all’interessato (artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990) e nella esecuzione di successivi accertamenti, i quale devono essere ripetuti e opportunamente intervallati avvalendosi normalmente della polizia municipale.

Al fine di scongiurare cancellazione affrettate, l’ISTAT ha precisato che le cancellazioni per irreperibilità dei cittadini italiani o stranieri devono essere effettuate quando sia stata accertata la irreperibilità al loro indirizzo da almeno un anno e non si conosca l’attuale loro dimora abituale (Circolare ISTAT n. 21 del 5 aprile 1990).

In sostanza, l’ufficiale d’anagrafe deve accertarsi che la condizione di irreperibilità duri da almeno un anno.

Il procedimento di cancellazione per irreperibilità consta anche di una fase integrativa dell’efficacia: infatti, ai sensi dell'art. 15 del D.P.R. n. 223/1989) deve essere notificato all’interessato, ed essendo egli irreperibile si dovrà procedere alla notifica nelle forme previste dall’art. 143 c.p.c.

approfondisco pubblicato 22 ottobre 2018

Grazie per la usuale precisione nella risposta.

 

approfondisco pubblicato 22 ottobre 2018

Colgo l'occasione per porre un ulteriore quesito in materia di liberazione dell'immobile.

Qualora l'immobile (correttamente oggetto di esecuzione nella sua totalita' cosi' come emerge dalle provenienze) risultasse in una piccola parte (giardino) in possesso di terzi estranei alla procedura e l'accesso a quella piccola parte risultasse interclusa da rete metallica elettrosaldata  fino a che punto si puo' spingere il custode per la liberazione di quella parte?

Grazie ancora per l'ulteriore risposta.

inexecutivis pubblicato 24 ottobre 2018

A nostro avviso la situazione descritta non impedisce l'attuazione dell'ordine di liberazione.

Ci spieghiamo con un esempio ed una domanda.

Se il bene fosse occupato da un terzo senza titolo opponibile che rifiuta, ipotizziamo, di consegnare le chiavi della serratura, questo potrebbe costituire ostacolo alla liberazione? Evidentemente no, poiché se così fosse si legittimerebbe l'uso della forza, quale comportamento ostativo alla liberazione, cosa che il legislatore esclude laddove consente al giudice dell'esecuzione di far intervenire anche la forza pubblica ex art. 68 c.p.c.

L'unica accortezza che secondo noi deve essere utilizzata quando l'occupante è estraneo alla procedura è quella per cui gli deve essere notificato l'ordine di liberazione, poiché il termine per promuovere opposizione allo stesso ex art. 617 decorre, per i terzi, dalla data della notifica.

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