immobile in comproprietà all'asta

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  • Ultimo messaggio 19 novembre 2020
liona pubblicato 05 novembre 2020

salve, mio zio ha in comprioprietà un immobile locato con un altro fratello indebitato con equitalia.

sa per caso se l'equitalia preferisce pignorare la sua quota di affito oppure procedere con un pignoramento immobiliare? il debito del fratello è di 300 mila, a fronte di 1000 euro al mese di affitto percepiti.per un negozio che varrà 200 mila euro.

inoltre volevo sapere se non dovessero trovare un accordo in sede di divizione immobiliare (bel caso di pignor immobiliare) tra i comprorietari e l'equitalia, l'immobile andrà all'asta e verrà venduto tutto o solo la sua quota??

se non ci sono offerte ed il prezzo si abbassa tanto (può anche essere inferiore dell'80% del prezzo base d'asta oppure se dovesse raggiungere un prezzo molto basso la procedura si estingue?) può partecipare all'asta il comproprietario non debitore?

grazie

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inexecutivis pubblicato 09 novembre 2020

Andiamo con ordine.

Il creditore potrebbe pignorare l’immobile, ed il pignoramento dell’immobile si estenderebbe automaticamente ai canoni di locazione a norma dell’art. 2912 c.c.

Quanto allo svolgimento della procedura in caso di pignoramento di quota forniamo le seguenti indicazioni.

A norma del dell’art. 600 c.p.c. il pignoramento che ha ad oggetto la quota indivisa di un bene possono può avere un triplice sbocco:

separazione materiale della quota in natura;

vendita forzata della quota indivisa;

vendita dell’intero nell’ambito di un giudizio divisorio incidentale con attribuzione alla procedura esecutiva della quota parte del ricavato spettante al comproprietario debitore esecutato.

È tuttavia possibile individuare anche altri esiti, per quanto non espressamente previsti dall'art. 600: l’assegnazione della quota del bene immobile al comproprietario ex art. 720 c.c. al valore di stima; la divisione totale ed immediata del bene, con l’accordo di tutti gli interessati; la liquidazione della quota ideale del debitore, con l’assegnazione di una somma in danaro da parte degli altri contitolari o di alcuni di essi, sempre al valore di stima.

Con la separazione della quota in natura una porzione materiale del bene indiviso, corrispondente per valore alla quota pignorata, viene trasferita all'esecutato in proprietà esclusiva, destinandola così alla vendita forzata.

In questo modo la parte residuale del bene, liberata dalle iscrizioni ipotecarie trascritte contro l'esecutato e dal pignoramento, rimane in capo agli altri comproprietari, e l'esecuzione prosegue nelle forme ordinarie sulla porzione separata.

Dalla lettera dell'art. 600 c.p.c. emerge chiaramente il fatto che la separazione della quota sia l'opzione preferita dal legislatore.

Così la Corte di Cassazione, secondo la quale "In tema di esecuzione forzata immobiliare su bene indiviso in forza di pignoramento limitato alla quota di spettanza del debitore, il potere - dovere del giudice dell’esecuzione di adottare i provvedimenti contemplati dall’art. 600 cod. proc. civ., configuranti atti esecutivi in senso proprio, resta soggetto alle modalità ed ai criteri fissati dalla norma medesima, che prevede, quando possibile, la separazione di detta quota in natura e consente, solo quando ciò sia impossibile, la scelta fra la vendita della quota stessa e la divisione della comunione, da disporsi con un ordine del medesimo giudice della esecuzione di trattazione ed istruzione della causa davanti a sé (quale giudice istruttore), ove la competenza spetti all’ufficio giudiziario al quale appartiene" (Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2005, n. 10334).

Ovviamente, la separazione della quota in natura deve essere possibile, ed il concetto di possibilità va inteso non tanto in senso fisico, quanto piuttosto in senso economico-giuridico. La precisazione sta a significare che, ad esempio, se per operare la separazione è necessari sostenere delle e di spese per realizzare opere, la separazione in natura dovrà ritenersi non possibile qualora tali opere fossero eccessivamente onerose. Ad identica conclusione si giungerà quante volte, essendo impossibile ritagliare una porzione esattamente corrispondente al valore della quota, la separazione in natura richieda la corresponsione di conguagli a favore o a carico dei condividenti, quantomeno, qualora i conguagli fossero eccessivamente elevati rispetto al valore della porzione separata, ed i soggetti tenuti al versamento negassero il loro consenso (è da ritenersi ad avviso di chi scrive che in genere un conguaglio superiore al 20 – 25% sia eccessivo).

La vendita della quota indivisa viene concepita dal legislatore come una vera e propria "ultima spiaggia". La lettura dell'art. 600, comma secondo, c.p.c. non la scia dubbi in proposito, prevedendosi che si possa ricorrere ad essa solo se il giudice ritiene che la quota si venderà ad un prezzo pari o superiore al suo valore venale, stimato dall’esperto nominato.

In caso di vendita di quota indivisa si seguiranno le regole generali, con l'espressa avvertenza che nel decreto di trasferimento dovrà specificarsi che oggetto del trasferimento è la quota e non l'intero, e che prima della sua pronuncia eventuali titolari di diritti di prelazione dovranno essere posti in grado di esercitarla.

La così detta "divisione endoesecutiva" è invece l'epilogo "obbligato" dell'udienza di comparizione delle parti quando sia stato verificato l'impossibilità giuridico economica di procedere alla separazione della quota o di venderla ad un prezzo almeno pari al valore di stima, nonché l'indisponibilità degli altri quotisti a liquidare l'esecutato.

Attraverso questo giudizio si procede allo scioglimento della comunione, similmente a quanto accadrebbe in un ordinario giudizio divisorio, con attribuzione all'esecutato di una porzione del ricavato dalla vendita di valore uguale al valore della quota di proprietà di cui era titolare, e sulla quale è stato trascritto il pignoramento.

 

rickhunter pubblicato 17 novembre 2020

Salve, 

scusate se intervengo. Sto tenendo d'occhio delle aste ormai da diversi mesi, e quelle che trovo aggiudicate sono quasi sempre (anzi diciamo sempre a memoria), con offerta minima, con arrotondamento di 50 euro. Sembra una prassi talmente diffusa che mi è sembrata strana visto che tanti partecipano senza esperienza alcuna. In un caso c'era una casetta, molto carina, ma purtroppo solo la metà di essa era dell'esecutato, il birbone aveva posto l'altra metà, non soggetta a pignoramento, a nome della moglie, che ci viveva con i figli minorenni.

Mi chiedo, com'è possibile che un terzo abbia acquistato un bene del genere (metà) con tutti i problemi che potrebbero crearsi? Non è plausibile supporre che gli esecutati, o la famiglia se ci vivono dei parenti, non mettano in atto mezzi vari per riprendersi la casa a prezzo ribassato pur con il rischio che un terzo incomodo entri in gioco? E nel caso, che succederebbe? 

inexecutivis pubblicato 19 novembre 2020

Difficile rispondere alla domanda senza una precisa cognizione degli atti della procedura.

In generale, quando è pignorata la quota di un bene “Il giudice dell'esecuzione … provvede, quando è possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore. Se la separazione non … è possibile, il giudice dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile, salvo che ritenga probabile la vendita della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa…”.

In sostanza, quando è pignorata una quota il Giudice, ove possibile provvede a separarla materialmente dall’intero (ad esempio disponendo il frazionamento di un terreno). Se invece il materiale frazionamento non è possibile (cosa che si verifica quando vengono pignorati fabbricati) dispone che si proceda allo scioglimento della comunione mediante la vendita dell’intero e la distribuzione del ricavato tra i comproprietari, con l’avvertenza che quanto spettante al comproprietario esecutato sarà posto a disposizione dei creditori.

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