Immobile all'asta e canone di locazione

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  • Ultimo messaggio 02 febbraio 2021
alex15 pubblicato 30 gennaio 2021

Buongiorno.Ho intenzione di partecipare ad un'asta senza incanto per la piena proprietà per 1000/1000 di un immobile a piano terra attualmente locato.Avendo riscontrato lacune nella perizia del CTU,per maggiori informazioni ho scritto al delegato alla vendita-custode,il quale mi informa in questo modo:

"Il contratto di locazione ad oggi in essere prevede il pagamento di un canone annuo rideterminato in 30000 euro(36% in capo ai debitori esecutati);

-la quota di canone spettante agli esecutati è pari al 36% dell'importo complessivo,essendo l'intero immobile in comproprietà ad altri soggetti estranei alla procedura esecutiva"

Da successive informazioni ho saputo che l'immobile risulta intestato ad una coppia di coniugi in regime di comunione legale dei beni;quindi-verosilmimente-uno tra il marito i la moglie dovrebbe essere il soggetto esecutato e che lo stesso non è materialmente divisibile.

Il messaggio del custode non mi risulta del tutto chiaro e per questo chiedo la vostra opinione.

In particolare,secondo l'art.2912 c.c. agli esecutati non dovrebbe toccare nessuna quota del canone di locazione,dato che il pignoramento si estende anche ai frutti della cosa pignorata,nel caso specifico allo stesso canone.

Inoltre,l'avviso di vendita parla espressamente di piena proprietà per 1000/1000 e non cita comproprietà,nel caso quest'ultima verosimilmente esistesse(uno dei due coniugi in regime di comunione non dovrebbe essere esecutato),l'aggiudicatario acquisirebbe la proprietà per l'intero del bene ed il giudice,con il ricavato ottenuto,dovrebbe-a quel punto-soddisfare il creditore ed il compropietario( se non sbaglio,alcune sentenze si sono espresse in questo senso).

Vi ringrazio.

 

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inexecutivis pubblicato 31 gennaio 2021

Dal contenuto della domanda ricaviamo il convincimento che l’esecuzione di cui si tratta abbia avuto ad oggetto un bene ricadente nella comunione legale tra i coniugi.

Il tema è stato, fino a qualche tempo fa, uno dei più tormentati della materia esecutiva.

Preziose indicazioni operative sono venute dalla sentenza n. 6575 pronunciata dalla sezione terza della Corte di Cassazione il 14 marzo 2013.

La Corte muove dalla premessa giurisprudenziale assolutamente prevalente (Corte cost. 10 marzo 1988, n. 311) secondo cui la comunione dei beni nascente dal matrimonio è una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto tutti i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei, trattandosi di comunione finalizzata, a differenza della comunione ordinaria, non già alla tutela della proprietà individuale, ma piuttosto a quella della famiglia. Ricorda la Corte che detta comunione può sciogliersi nei soli casi previsti dalla legge ed è indisponibile da parte dei singoli coniugi i quali, tra l’altro, non possono scegliere quali beni farvi rientrare e quali no, ma solo mutare integralmente il regime patrimoniale con atti opponibili ai terzi mediante l’annotazione formale a margine dell’atto di matrimonio. La quota dunque non è un elemento strutturale della proprietà e nei rapporti coi terzi ciascuno dei coniugi, mentre non ha diritto di disporre della propria quota, può tuttavia disporre dell’intero bene comune.

Sulla scorta di queste premesse la sentenza fa derivare il fatto che il bene deve essere venduto per l’intero con diritto del coniuge non debitore ad ottenere la metà del controvalore lordo del bene non potendo a lui farsi carico delle spese di trasformazione in denaro del bene (cioè quelle della procedura medesima), rese necessarie per il solo fatto del coniuge debitore che non ha adempiuto i suoi debiti personali. Per concorrere alla distribuzione del ricavato, inoltre, il coniuge non obbligato non è onerato dalla necessità di spiegare un intervento, trovando applicazione l’art. 510, ultimo comma, c.p.c., che come sappiamo riconosce al debitore quanto sopravanza dalla distribuzione del ricavato.

Questo giustificherebbe la risposta del delegato.

Tuttavia quello che non ci è chiaro è una contraddizione tra quello che lei dice (bene cointestato ai coniugi) e quello che le dice il delegato, che parla di un 36% spettante agli esecutati. Probabilmente la spigazione sta nel fatto che il contratto di locazione interessa molti beni, tra i quali ritentra anche quello oggetto di esecuzione (cointestato ai coniugi) che prevede un canone complessivo il 36% del quale imputabile agli immobili pignorati.

Se così fosse il cerchio si chiude e tutto sarebbe chiaro.

alex15 pubblicato 31 gennaio 2021

Ringrazio,innanzitutto,per la precisa risposta.Anche a me hanno lasciato perplesso,infatti,le parole del delegato in merito al 36% spettante agli esecutati.Da mie informazioni,gli altri beni della stessa procedura,allo stato attuale,risultano liberi mentre il bene in esame è oggetto di contratto di locazione con un istituto bancario;quindi desumo si tratti,in ogni caso, di un contratto a sè stante.

All'atto pratico,se non ho capito male,qualora riuscissi ad aggiudicarmi il bene,stante l'avviso di vendita che parla di proprietà per 1000/1000 ed in considerazione dell'indivisibilità del bene (immobile locato a filiale bancaria),diventerei unico proprietario dell'immobile ed al comproprietario non debitore non spetterebbe alcuna quota del canone di locazione.

Grazie anticipatamente

inexecutivis pubblicato 02 febbraio 2021

Esatto. Posti in vendita i 100/1000, l'aggiudicatario diverrà proprietario dell'intero, ed all'altro comproprietario non debitore non spetterebbe alcuna quota parte del canone.

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