Il giudice non consente la restituzione degli assegni

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  • Ultimo messaggio 17 settembre 2018
Luciano pubblicato 11 settembre 2018

Buongiorno,

ho partecipato in data 23 maggio 2018 ad un'asta per l'acquisto di alcuni box auto, svoltasi presso il tribunale ordinario di Roma. Prima dell'avvio dell'asta sono emerse alcune difformità tra quanto dichiarato in perizia e quanto effettivamente riscontrato durante lo svolgimento dell'asta stessa. In pratica il box a cui ero interessato e che da perizia risultava libero, era in realtà già occupato da uno dei partecipanti all'asta. A quel punto io e gli altri partecipanti abbiamo fatto presente il fatto al giudice, il quale ha disposto che l'occupante firmasse una dichiarazione scritta del fatto che occupava senza titolo l'immobile, cosa puntiualmente avvenuta. A questo punto, io e gli altri partecipanti abbiamo rinunciato a partecipare all'asta, essendo venute meno le condizioni esposte in fase di pubblicazione dell'avviso d'asta. Il giudice si è arrogato il diritto di non restituire gli assegni ai legittimi proprietari, perchè voleva verificare che l'immobile fosse realmente occupato, e dando incarico al curatore, presente in aula, di occuparsi di tale verifica. Lo stesso curatore, in seguito da me da me interpellato, mi ha assicurato di aver provveduto alla verifica e di aver trovato l'immobile sgombro di cose e persone e di averne dato tempestiva comunicazione al giudice, in modo da consentire l'annullamento dell'asta e l'avvio di una nuova procedura, oltre che, ovviamente, la restituzione degli assegni circolari ai proprietari. Ad oggi, 11 Settembre 2018 il giudice non ha ancora disposto la sospensione della procedura di verifica e la restituzione degli assegni. Mi chiedo: può farlo? è possibile? Come si può obbligarlo a restituire gli assegni indebitamente trattenuti?

Grazie.

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inexecutivis pubblicato 13 settembre 2018

Riteniamo che il Giudice abbia correttamente agito, e che anzi sia andato anche oltre quanto avrebbe potuto limitarsi a fare, adottando accorgimenti che di fatto hanno agevolato i potenziali acquirenti.

Cerchiamo di spiegare le ragioni della nostra affermazione.

Ai sensi dell'art. 560, comma terzo, il Giudice adotta, al più tardi nel momento in cui procede all'aggiudicazione, l'ordine di liberazione dell'immobile pignorato, ordinando altresì al custode di procedere alla sua attuazione, con oneri a carico della procedura e disponendo, se necessario, l'intervento della forza pubblica.

Aggiungiamo che (solo) con il decreto di trasferimento l'aggiudicatario acquista la proprietà del bene (poiché è il decreto di trasferimento, e non già il verbale di aggiudicazione o il versamento del saldo prezzo che determina il prodursi dell'effetto traslativo), sicché è da quel momento che questi acquisisce il diritto ad ottenerne la consegna ai sensi dell'art. 1477 c.c.. (cfr. Cassazione civile, sez. I 17 febbraio 1995, n. 1730).

Dal combinato disposto di queste premesse discende il corollario per cui il fatto che un bene risulti, al momento dell'aggiudicazione, libero oppure occupato, costituisce un circostanza neutra per l'aggiudicatario, il quale non ha diritto a che il bene sia libero al momento dell'aggiudicazione, avendo il diverso (e, se si vuole, più importante) diritto ad ottenere la consegna di un bene libero nel momento, successivo, in cui verrà pronunciato il decreto di trasferimento.

Ed allora, nel caso di specie, se è vero che la situazione relativa al reale stato di occupazione del bene era diversa da quella rappresentata nell'avviso di vendita (cosa che teoricamente potrebbe anche non essere il frutto di errori poiché, ad esempio, si tratta di una occupazione abusiva successiva alla pubblicazione dell'avviso di vendita, anche se normalmente non è così), è altrettanto vero che questa distonia tra situazione reale e situazione rappresentata, poiché sul piano teorico non pregiudica l'aggiudicatario, non legittima il suo recesso dalla vendita, che il nostro ordinamento circoscrive a casi del tutto limitati.

Orbene, venendo al caso di specie, in assenza di ulteriori informazioni possiamo ipotizzare solo che il Giudice abbia sospeso le operazioni di vendita.

La strada che allora può essere percorsa è quella di chiedere l'applicazione dell'art. 571, comma terzo n. 3 c.p.c., a mente del quale l'offerta di acquisto è irrevocabile per un periodo di 120 giorni, decorsi i quali, in mancanza di aggiudicazione l'offerente può tornare sui propri passi.

Specifichiamo a proposito di questo termine che esso, a nostro avviso, ha carattere processuale, sicché esso soggiace al regime della sospensione feriale dei termini processuali di cui all'art. 1 L. 07-10-1969, n. 742, a mente del quale “Il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative è sospeso di diritto dal 1° al 31 agosto di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione

Luciano pubblicato 14 settembre 2018

Scusate, nella fretta ho omesso alcuni particolari che ritengo essenziali per una visione quanto più possibile completa dell'accadimento.

Innanzitutto l'avviso di vendita per asta senza incanto era viziato da un errore formale, in quanto l'intestazione dell'assegno circolare risultava errata(al tribunale anziche al curatore) con la conseguenza pratica che la Banca emittente l’assegno possa, successivamente all’apertura delle buste/incanto, rifiutare il pagamento al custode delegato, in quanto non è la persona indicata come beneficiario del titolo. A questo punto nonostante l’effettivo pagamento ad opera dell’offerente la procedura si troverebbe privata – di fatto – della cauzione. Tale situazione potrebbe assimilarsi a quella del mancato versamento della cauzione stessa, con la conseguente potenziale nullità dell’offerta.

Il giudice prima dell'avvio dell'asta, come previsto, ha chiesto formalmente agli offerenti se volessero o meno rinunciare a partecipare, procedura seguita anche per il lotto precedententemente assegnato( e facente parte dello stesso avviso di vendita). In seguito a tale richiesta tutti gli offerenti si sono ritirati, motivando la rinuncia come sopra, per cui l'asta poteva considerarsi andata deserta(in quanto gli offerenti erano "legittimati" a rinunciare). Ma il giudice ha deciso per la sospensione. Su ammissione dello stesso giudice, l'asta, a seguito della sospensione, sarebbe stata annullata per le motivazioni sopra esposte e pertanto bandita una nuova asta. A questo punto non esiste alcuna possibilità (e quindi nessun vantaggio) per l'offerente che avesse proposto l'offerta migliore di aggiudicarsi il bene,poichè l'asta sarebbe stata annullata in ogni caso.

Il giudice ha motivato ai presenti la sospensione ed il trattenimento delle somme, per la necessità di doversi accertare del fatto che i partecipanti non si fossero preventivamente accordati con l'occupante senza titolo, e avessero rinunciato volontariamente per mandare deserta l'asta, favorendo così l'occupante... Lascio a voi le conclusioni sulla correttezza giuridica dell'operato.

inexecutivis pubblicato 17 settembre 2018

Non siamo in grado di fornire indicazioni ulteriori a quelle già offerte, poichè per spingersi oltre sarebbe necessario un accurato e meticoloso studio delle carte processuali.

Ribadiamo comunque (anche alla luce di quanto aggiunto) l'opinione che il giudice abbia correttamente operato. 

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