La disciplina fiscale del fondo spese non è trattata allo stesso modo dalle prassi dei vari tribunali.
Per comprendere come orientarsi occorre secondo noi partire dal quadro normativo di riferimento, e considerare in primo luogo l'art. 8 d.P.R. 30.5.2002, n. 115 (meglio noto come Testo unico delle spese di giustizia), a mente del quale ciascuna parte provvede:
- alle spese degli atti processuali che compie;
- alle spese degli atti processuali che chiede;
- ad anticipare le spese per gli atti necessari al processo quando l'anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal magistrato.
Dunque la parte processuale è tenuta ad un onere di anticipazione (avente ad oggetto le spese degli atti che compie, di quelli che chiede, nonché di quelli necessari al processo, anche se non richiesti ma adottati dal magistrato) quando la relativa anticipazione sia posta a suo carico dalla legge o dal giudice.
Va poi considerato l'art. 91 c.p.c., a mente del quale il giudice con il provvedimento con cui chiude il processo pone definitivamente le spese dello stesso a carico del soccombente, salvo che non ritenga di compensarle in tutto o in parte.
Lo stesso principio vale, opportunamente adattato, per il processo di esecuzione dall'art. 95 c.p.c., il quale dispone che le spese sostenute dal creditore procedente e dal creditore intervenuto sono a carico di colui il quale ha subito l'esecuzione.
Quindi, in sede esecutiva, il creditore anticipa i costi della procedura e li recupera al momento della distribuzione del ricavato.
Fatta questa premessa a nostro avviso la fattura non deve essere emessa nei confronti della procedura, ma piuttosto nei confronti del creditore procedente, oppure, secondo altra prospettazione, nei confronti del debitore esecutato, sul quale grava alla fine della procedura il relativo onere finanziario, perlomeno nei casi in cui le spese di procedura vengono sostenute con i proventi della vendita di altri lotti, o con i frutti da questi prodotti.
Quanto allo splyt pyment, occorre premettere che esso trova la sua disciplina nell'art. 17-ter D.P.R. 26/10/1972, n. 633, il cui contenuto è utile riportare integralmente.
1. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di amministrazioni pubbliche, come definite dall'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni e integrazioni, per le quali i cessionari o committenti non sono debitori d'imposta ai sensi delle disposizioni in materia d'imposta sul valore aggiunto, l'imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle operazioni effettuate nei confronti dei seguenti soggetti:
0a) enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona;
0b) fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento;
a) società controllate, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 2), del codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri;
b) società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c);
c) società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b);
d) società quotate inserite nell'indice FTSE MIB della Borsa italiana identificate agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto; con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui al comma 1 può essere individuato un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario.
1-ter. Le disposizioni del presente articolo si applicano fino al termine di scadenza della misura speciale di deroga rilasciata dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE.
1-quater. A richiesta dei cedenti o prestatori, i cessionari o i committenti di cui ai commi 1 e 1-bis devono rilasciare un documento attestante la loro riconducibilità a soggetti per i quali si applicano le disposizioni del presente articolo. I cedenti e prestatori in possesso di tale attestazione sono tenuti all'applicazione del regime di cui al presente articolo.
1-quinquies. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli enti pubblici gestori di demanio collettivo, limitatamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi afferenti alla gestione dei diritti collettivi di uso civico.
1-sexies. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle prestazioni di servizi rese ai soggetti di cui ai commi 1, 1-bis e 1-quinquies, i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Come si vede, quando la cessione viene effettuata nei confronti di uno di questi soggetti, il cessionario (vale a dire il destinatario della fattura) procede direttamente al pagamento dell'imposta, e quindi versa al cedente il corrispettivo della prestazione o del servizio al netto dell'IVA.
La categoria di soggetti che rileva in sede di procedura esecutiva è quella di cui alla let. d) del comma 1 bis, alla quale spesso sono riconducibili gli istituti di credito.
Dunque, se il professionista delegato si troverà dinanzi ad una fattura nella quale è indicato questo meccanismo, egli dovrà corrispondere alla società esclusivamente l'importo netto indicato in fattura, poiché l'IVA deve essere versata direttamente dal creditore procedente, destinatario della fattura.
Nel caso prospettato, il nostro suggerimento è quindi quello di far emettere fattura in favore del creditore che ha versato il fondo spese.