Esiste un precedente giurisprudenziale nel quale si è affrontato un caso del tutto simile quello prospettato nella domanda è che è stato deciso da Cass. Sez.II, 22 ottobre 2009, n. 22390. In quella occasione i giudici di legittimità hanno affermato che “Nel giudizio di divisione, ove il giudice istruttore deleghi un notaio per l'espletamento delle operazioni (nella specie, vendita di un immobile ritenuto indivisibile) ai sensi dell'art. 790 cod. proc. civ., questi ha l'obbligo di dare avviso, almeno cinque giorni prima, ai condividenti e ai creditori intervenuti, del luogo, giorno e ora di inizio delle operazioni; la tardività di tale avviso, traducendosi in irregolarità procedurale che impedisce la partecipazione alla vendita all'incanto, determina la nullità di tutte le operazioni divisionali inerenti alla vendita stessa”.
Questo precedente è stato parzialmente superato dalla giurisprudenza successiva non tanto nel senso della non necessarietà dell’avviso, quanto piuttosto sul piano dei rimedi praticabili. Invero, Cass., sez. VI-III con ordinanza 29 dicembre 2016, n. 27346 nel premettere che “superando l'orientamento richiamato nella relazione (con riferimento a Cass. n. 22390/2009 e a Cass.1199/2010), questa Corte ha affermato che "in tema di scioglimento della comunione, gli atti del giudice istruttore relativi al procedimento di vendita sono soggetti al rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi di cui agli artt. 617 e 618 c.p.c., dovendo escludersi l'esperibilità di un'autonoma azione dì nullità avverso il decreto di trasferimento conclusivo del procedimento di vendita", e ha precisato che "invero, la finalità del procedimento di vendita dei beni immobili non è diversa nel giudizio divisorio o nel procedimento esecutivo e le scelte legislative degli ultimi lustri, con l'esplicito rinvio, contenuto nell'art. 788 c.p.c., a norme del processo esecutivo, sono la manifestazione di un richiamo ad esse che va inteso come sistematico" (Cass., S.U. n. 18185/2013)” ha aggiunto che “ciò non significa tuttavia che non debbano trovare applicazione le disposizioni specificamente dettate per lo scioglimento della comunione che non contraddicano tale "richiamo sistematico" e, in particolare, che la previsione di cui all'art. 790 c.p.c. debba ritenersi abrogata o comunque "superata" (in via interpretativa) per effetto dell'applicazione generalizzata dell'art. 591 ter c.p.c., che prevede appunto la possibilità di reclamo al giudice dell'esecuzione avverso il decreto dallo stesso adottato a seguito di difficoltà segnalate dal professionista delegato o - direttamente - avverso gli atti del professionista medesimo;
- per lo scioglimento delle comunioni, invece, l'art. 790 c.p.c. prevede che, in caso di contestazioni in ordine alle operazioni di vendita, "il notaio redige apposito verbale che trasmette al giudice istruttore", il quale "fissa con decreto un'udienza per la comparizione delle parti", all'esisto della quale decide sulle contestazioni con ordinanza;
- a fronte del chiaro dettato dell'art. 790 c.p.c., deve dunque escludersi l'ammissibilità del reclamo ex art. 591 ter c.p.c. avverso gli atti del notaio delegato alle operazioni di scioglimento della comunione, giacchè tutte le contestazioni devono essere sottoposte al giudice istruttore a mezzo della trasmissione del verbale che le registra, per essere decise con ordinanza, avverso la quale è esperibile l'opposizione agli atti esecutivi (ex Cass., S.U. n. 18185/2013).
Ne consegue che correttamente il Tribunale ha escluso l'ammissibilità del reclamo avverso l'atto del notaio delegato allo scioglimento della comunione e che, non avendo provveduto in via decisoria e definitiva su posizioni di diritto soggettivo, l'ordinanza del Tribunale di Pisa non risulta ricorribile in via straordinaria per cassazione”.
Fatta questa premessa, e concordando circa l’assunto per cui i destinatari dell’avviso sono i condividenti e non le parti (alle quali lo stesso art. 790, quando lo ha ritenuto, si è esplicitamente riferito), sicché non rileva la eventuale contumacia dei primi, occorre domandarsi se la previsione dell’onere della comunicazione del previo avviso sia compatibile con il richiamo sistematico compiuto con riferimento alle norme sul procedimento esecutivo.
La questione è oggettivamente dubbia, anche se probabilmente le esigenze sottese alla necessità di assicurare il massimo coinvolgimento dei condividenti suggeriscono di mantenere ferma la applicabilità della disposizione anche all’esito delle riforme del 2005.
In ogni caso, il rimedio va esperito entro i termini dell’art. 617 c.p.c.