inexecutivis
pubblicato
12 gennaio 2020
Così stando le cose, la questione si complica, e per l’aggiudicatario potrebbero esservi dei problemi.
L’art. 586 c.p.c., prescrive che nel decreto di trasferimento sia ripetuta la "descrizione contenuta nell'ordinanza che dispone la vendita".
Dunque, in linea generale, vi deve essere conformità tra il bene venduto e quello trasferito. Ovviamente, a monte, deve esservi identità tra bene posto in vendita ed e bene pignorato, il quale a sua volta deve risultare trascritto in capo al debitore esecutato in forza di una serie continua di trasferimenti di proprietà, risultanti dalla documentazione ipocatastale che il creditore procedente deve depositare a norma dell’art. 567 c.p.c. nel termine di 60 giorni dall’istanza di vendita.
Se questa concatenazione di dati conosce una soluzione di continuità, l’acquirente si espone al vittorioso esperimento, da parte del proprietario del bene erroneamente trasferitogli, di un’azione di rivendica, che se vittoriosamente esperita lo obbliga a restituire il bene, restandogli come rimedio unicamente quello di cui all’art. 2921, a norma del quale “L'acquirente della cosa espropriata, se ne subisce l'evizione, può ripetere il prezzo non ancora distribuito, dedotte le spese, e, se la distribuzione è già avvenuta, può ripeterne da ciascun creditore la parte che ha riscossa e dal debitore l'eventuale residuo, salva la responsabilità del creditore procedente per i danni e per le spese”. Secondo la giurisprudenza (Cass. civ. Sez. I, 09-10-1998, n. 10015) la norma, “consentendo all'aggiudicatario che non riesca a conseguire una parte del bene il diritto a ripetere una parte proporzionale del prezzo di aggiudicazione, impedisce che si verifichi un indebito arricchimento di coloro che dovranno ripartirsi il prezzo ricavato dalla vendita, in applicazione del principio generale della ripetizione dell'indebito.