Destinazione d'uso

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  • Ultimo messaggio 05 luglio 2020
giannimarci pubblicato 01 luglio 2020

Buonasera, nel 1996 ad una esecuzione immobiliare, ci siamo aggiudicati un appartamento in zona di mare, insieme al nostro, furono aggiudicati altri 17 immobili sempre dello stesso lotto. Nel decreto del giudice il bene immobile viene descritto semplicemente come appartamento  con tutte le indicazioni catastali e in nessun punto si fa riferimento all'uso urbanistico Oggi, cioè 24 anni dopo, il Comune di Pula ci fa recapitare un'ordinanza esecutiva, dove ci intima di interrompere l'uso residenziale delle nostre case, in quanto la destinazione originaria "per servizi", non consente questo utilizzo. Verifichiamo la perizia di stima e nel faldone si trova conferma dell'uso iniziale ,ma si trovano anche riferimenti a due varianti del progetto originario effettuate nei primi anni novanta, con tanto di data e numero dei documenti, dove si lascia intendere sia stato rilevato anche il cambio della destinazione d'uso. Di questi documenti nel tribunale non siamo riusciti a trovare nulla e anche nel Comune non hanno traccia, generando il sospetto che il Tecnico se li sia inventati. Resta il fatto che noi ci troviamo davanti ad un problema che non sappiamo come risolvere e con la prospettiva addirittura, di perdere la proprietà della casa.  Qualche consiglio su come venirne fuori? Grazie

 

inexecutivis pubblicato 05 luglio 2020

Cerchiamo di andare con ordine.

Intanto occorrerebbe verificare se i documenti di cui parla il tecnico vengono soltanto menzionati oppure allegati alla perizia. Se il tecnico riferisce che si tratta di allegati all’elaborato peritale occorre acquisire con certezza il fatto che nel fascicolo dell’esecuzione non risultino.

In ogni caso, se vengono indicati dall’ausiliario del giudice, che è pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, (cfr Cass. civ., 27/08/2012 n. 14652; Cass. pen., 11 giugno 2015, n. 38307,) la loro esistenza si presume fino a querela di falso, sicchè il comune non potrà limitarsi a dire che non gli risultano, poiché potrà farlo solo se si assume la responsabilità, appunto, di sporgere querela di falso nei confronti dello stimatore.

In ogni caso, l’esercizio dei poteri inibitori che la pubblica amministrazione è chiamata ad esercitare per reagire a comportamenti illegittimi deve fare i conti con il decorso del tempo, nel senso che più tempo passa, e più forte deve essere la motivazione che sorregge il provvedimento, nel senso che il comune dovrà compiutamente dare conto del fatto che, nonostante il lungo periodo trascorso, esistono interessi pubblicistici che meritano più tutela dell’affidamento generato dal lungo silenzio serbato.

In proposito ricordiamo che la sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 8 ha stabilito che nella vigenza dell'art. 21 noniesL. 241 del 1990 - per come introdotto dalla L. 15 del 2005 - l'annullamento d'ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, "deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all'adozione dell'atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole".

La pronuncia ha altresì precisato alcuni limiti a tale principio, affermando: i) che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non estingue la potestà annullatoria e che occorre comunque avere riguardo al momento in cui la pa scopre l’illecito; ii) che la rappresentazione di fatti veritieri da parte del privato non gli consente di fare affidamento sul silenzio dell’ente.

Orbene, non è dato comprendere, dal contenuto della domanda, se il comune ritenga di dover annullare d’ufficio propri provvedimento ritenendoli illegittimi o se intende sanzionare un abuso edilizio riscontrato, ma ci sembra che il considerevole lasso di tempo trascorso ed il fatto che gli acquirenti non siano stati gli autori dell’illecito rendono necessario un approfondimento della questione poiché non è detto che l’ordinanza emessa dal comune sia legittima.

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