Riteniamo che la soluzione prospettata non sia ad oggi praticabile.
L’art. 588 c.p.c. dispone infatti che “Ogni creditore, nel termine di dieci giorni prima della data dell’udienza fissata per la vendita, può presentare istanza di assegnazione, per sé o a favore di un terzo, a norma dell'articolo 589 per il caso in cui la vendita non abbia luogo”.
La disciplina dell’istituto è poi meglio precisata dagli artt. 572 e 573 del codice di rito, i quali regolano i rapporti tra istanza di assegnazione e offerte di acquisto.
Detti rapporti possono essere così schematizzati.
Offerta unica:
Se l’offerta è pari o superiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, la stessa è senz’altro accolta;
Se invece l’offerta è inferiore rispetto al prezzo stabilito nell’ordinanza di vendita in misura non superiore ad un quarto, il giudice può procedere all’aggiudicazione quando ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita e non sono state presentate istanze di assegnazione.
pluralità di offerte:
In questo caso, se il prezzo raggiunto all’esito della gara (o in assenza di gara) è inferiore al prezzo base e vi sono istanze di assegnazione, il Giudice non aggiudicherà ma assegnerà il bene.
Il termine “vendita” utilizzato dall’art. 588 non deve trarre in errore.
Infatti, esso è stato impropriamente utilizzato dal legislatore per indicare, in realtà, quella che è l’aggiudicazione. Lo si comprende proprio dalla lettura degli artt. 572 e 573 c.p.c., nei quali il termine “vendita” viene utilizzato come alternativo proprio all’assegnazione, prevedendosi che in presenza di offerte di acquisto per un importo inferiore al prezzo base il giudice non procede alla “vendita” (recte, aggiudicazione) ma all’assegnazione.
Le conseguenze del mancato versamento del saldo prezzo sono disciplinate dall’art. 574 ultimo comma, che nel rinviare rinvio all’art. 587, prevede così che nel caso in cui il prezzo non è depositato nel termine previsto, si verifica la decadenza dell’aggiudicatario, con perdita della cauzione e celebrazione di un nuovo tentativo di vendita.
Sulla scorta di questi elementi normativi siamo dell’avviso per cui, giunti all’aggiudicazione, il procedimento si è concluso, e la decadenza dell’aggiudicatario porta alla riapertura del procedimento di vendita.
In questi termini si è pronunciata Cass. civ., sez. III, 8 aprile 2003 n. 5506, nonché Cass. civ., sez. III, 15 gennaio 2013 n. 790. La prima sentenza ha accolto il ricorso del debitore, il quale si doleva del fatto che il Giudice dell’esecuzione avesse aggiudicato al secondo miglior offerente invece di procedere ad un nuovo esperimento di vendita; la seconda ha rigettato il ricorso del secondo aggiudicatario che chiedeva l’aggiudicazione del bene in proprio favore, quale conseguenza della decadenza del primo.
Detto questo, v’è da chiedersi se i tempi siano maturi per rivedere questi approdi, o almeno per auspicare una modifica normativa che consenta al Giudice di assegnare il bene al creditore, se questi vi consente, a meno che non ritenga preferibile disporre una nuova vendita, in considerazione della sempre maggiore importanza che i tempi di recupero del credito assumono nel contesto macroeconomico e della sempre maggiore attenzione che viene prestata al principio costituzionale della ragionevole durata dal processo.
Infatti, poiché la gara e l’aggiudicazione risultano all’esito di un procedimento in cui il bene è già stato offerto al mercato, v’è da chiedersi quale sia il differenziale aggiuntivo di vantaggio (rispetto ad una assegnazione) che un nuovo tentativo di vendita può recare (tenuto conto dei tempi e dei costi che esso comporta).
Peraltro, si tratta di una soluzione che scoraggerebbe comportamenti, non rari, di offerenti che partecipano alla vendita per fini dilatori, con il preordinato intento di non versare il saldo prezzo.