Avviso di vendita ambiguo

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  • Ultimo messaggio 23 marzo 2019
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citizen pubblicato 15 marzo 2019

In una vendita immobiliare per la quale stiamo valutando la partecipazione, viene posto in vendita: Piena proprietà di rimessa ubicata in ....alla via... identificata catastalmente al Fg.. Part... Sub ... Cat A7" . Accatastata quindi in A7, cioè come villino.    Approfondendo presso il Comune è risultato che l'immobile in questione è riconosciuto nel database comunale come accatastato in A7, ma dalla planimetria urbanistica come rimessa.  Quindi sia presso il Comune, che sull'avviso, che sulla perizia il bene è definito rimessa ma accatastato in A7.  Nell'atto di pignoramento invece si legge: "Immobile ubicato in ... alla via... identificato catastalmente al Fg.. Part... Sub ... Cat A7." Il tecnico comunale non ha saputo esprimersi sulla natura dell'immobile, dato che a suo avviso l'immobile è stato interessato da un cambio di destinazione di uso, quindi ha detto che per definire la pratica fa fede ciò che ci è venduto dal Tribunale (non potendo lui entrare nel merito in questo). Quindi se il Tribunale vende un appartamento per lui è un appartamento, viceversa se vende una rimessa per lui è una rimessa.  Dato che come detto sia sull'avviso, che sulla perizia il bene è definito rimessa ma accatastato in A7 (in catasto e riportato in Comune), a vostro avviso cosa stiamo comprando? Un appartamento o una rimessa?  Sappiamo che le risultanze catastali non sono probanti, però in questo caso pare che per il tecnico comunale faccia fede il documento del Tribunale, sul quale però c'è questa ambiguità.  L'immobile pignorato è la quarta unità di un piano terra di una palazzina. Tutte le altre unità del piano terra sono abitazioni.  In caso fosse rimessa, il tecnico comunale ha ipotizzato anche l'ipotesi del condono (dato che sono presenti alcune caratteristiche abitative come impianti elettrico, idrico, riscaldamento e finestre).  In questo caso si dovrebbero identificare le ragioni del credito per il quale si procede.  L'ipoteca volontaria (a favore di istituto di credito) è del 2007. Quindi non si potrebbe applicare nessun condono? Oltretutto pare che il procedente non sia l'istituto di credito che ha iscritto ipoteca nel 2007, ma una società che ha promosso il pignoramento nel 2016 (non si sappiamo se la banca sia intervenuta). Le ragioni del credito per le quali si procede quindi sarebbero datate addirittura 2016? Se così fosse non ci sarebbe nessuna possibilità di applicare un condono?  

Cordiali saluti

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inexecutivis pubblicato 19 marzo 2019

rispondiamo all'interrogativo osservando, preliminarmente, he oggetto della compavendita è il bene nella condizione di fatto e di diritto in cui si trova al momento della vendita medesima.

Da questo si ricaca che occorre procedere all'esame della perizia per verificare se essa decrive un'abitazione o una autorimessa.

Detto questo, e venendo alle ipotesi di condono, osserviamo quanto segue.

La verifica della sanabilità degli interventi edilizi abusivi costituisce precipuo compito dell'esperto stimatore, ai sensi dell’art. 173 bis, comma primo, n. 7), disp. att. c.p.c..

In forza di questa norma egli è tenuto a verificare innanzitutto la possibilità di sanatoria c.d. ordinaria ai sensi dell’art. 36, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (che riproduce la previsione dell’abrogato art. 13, l. 28 febbraio 1985, n. 47), a mente del quale “… il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.

Quindi, una prima ipotesi di sanatoria deriva dalla sussistenza del requisito della così detta "doppia conformità". L’aggiudicatario, qualora ricorra questa condizione, potrà presentare domanda di sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto di trasferimento ai sensi dell'art. 46, comma quinto d.P.R. 380/2001 (sebbene vada precisato che nessuna norma del codice di procedura civile preveda che il decreto di trasferimento sia notificato all'aggiudicatario).

In secondo luogo, ove non ricorra questa situazione, lo stimatore dovrà accertare l’eventuale presentazione di istanze di condono indicando, secondo quanto previsto dal citato art. 173 bis, comma primo, n. 7), disp. att. c.p.c.:

il soggetto istante e la normativa in forza della quale l’istanza di condono è stata presentata;

lo stato del procedimento;

i costi della sanatoria e le eventuali oblazioni già corrisposte o ancora da versare.

L’ausiliario deve verificare inoltre, ai fini della domanda in sanatoria che l’aggiudicatario potrà eventualmente presentare, se gli immobili pignorati si trovino o meno nelle condizioni previste dall’art. 40, comma sesto, l. 28.2.1985, n. 47 o dall’art. 46, comma quinto, d.P.R. 380/2001, cit. (già art. 17, commaquinto, l. 47/1985, cit.).

La prima delle due norme richiamate prevede, in particolare, che “nella ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge”.

A questo proposito va ricordato che ai sensi dell'art. 31, comma primo, l. 47/1985 potevano essere sanate le opere abusive che fossero state ultimate entro la data del 1° ottobre 1983 (il comma due della medesima disposizione specifica che "Ai fini delle disposizioni del comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente"). L'art. 35 della citata legge prevede poi che la domanda in sanatoria doveva essere presentata al comune entro il termine perentorio del 30 novembre 1985.

Qualora l'immobile abusivo sia oggetto di un trasferimento coattivo, la possibilità di richiedere la sanatoria in parola viene riconosciuta anche all'aggiudicatario dal citato art. 40 comma sesto, il quale può chiederla, come si è visto, entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della legge.

Pertanto, al fine di comprendere se sia possibile o meno per l’aggiudicatario ricorrere alla sanatoria prevista dal capo IV della l. 28.2.1985, n. 47 (artt. 31 e ss), occorre accertare:

che le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriori all'entrata in vigore della predetta legge 47/1985 (cioè 17.3.1985, il che ad oggi è alquanto improbabile);

che l'abuso sia stato realizzato entro il primo ottobre 1983.

Un'altra ipotesi di condono è prevista dall'art. 39 l. 23.12.1994, n. 724, che estende la sanatoria di cui alla legge n. 47/1985 alle pere abusive (che rispettino i requisiti del citato art. 39) che:

risultino ultimate entro il 31.12.1993;

a condizione che le ragioni di credito siano anteriori al 01.1.1995 (data di entrata in vigore di detta legge, ai sensi dell'art. 47 della medesima).

Infine, va poi considerata l'ulteriore ipotesi prevista dall’art. 32, d.l. 30.9.2003 n. 269, convertito in l. 24.11.2003, n. 326, il cui comma 25 consente il condono (alle condizioni previste da questa disposizione) alle opere abusive che:

risultino ultimate entro il 31 marzo 2003;

sempre che le ragioni di credito per cui si procede o si interviene nella procedura siano sorte anteriormente al 2.10.2003 (data di entrata in vigore della norma) come si ricava dalla lettura del comma 28 del medesimo art. 32.

Infine, per gli immobili realizzati dopo il 31 marzo 2003 è possibile soltanto la sanatoria di cui al citato art. 36, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 che richiede, come si è visto, il requisito della doppia conformità.

citizen pubblicato 20 marzo 2019

In realtà, anche la perizia parla prima di rimessa poi di A7. A questo punto, la nostra intenzione è partecipare all'asta dando per scontato che si tratti di una rimessa, ma solo dopo aver accertato con il nostro architetto la possibilità di conversione in appartamento.

Grazie, come sempre, per le risposte dettagliate e puntuali.

inexecutivis pubblicato 23 marzo 2019

Ripetiamo che comunque oggetto di vendita è il bene nella sua consistenza fisica, a prescindere da come accatastato, poichè l'accatastamente segue e "fotografa" la situazione reale, non viceversa.

Saluti.

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