A nostro avviso non ci sono possibilità che lei possa impugnare l’aggiudicazione.
Le ragioni del nostro convincimento sono molteplici.
Va premesso che gli atti della procedura esecutiva sono tali (proprio perché provenienti da un ufficio giudiziario) da formare in capo al lettore il convincimento in ordine alla regolarità degli stessi e quindi sono idonei a determinare il legittimo affidamento dell'offerente in ordine alla veridicità di quanto in essi contenuto, a meno che l'errore non sia riconoscibile anche da un soggetto mediamente o scarsamente informato.
Interessanti spunti di riflessione provengono, in argomento, dalla vicenda affrontata da Cass. civ., sez. III, 18 luglio 2011, n. 15729.
Il caso esaminato dai giudici di legittimità traeva origine da un ricorso in opposizione agli atti esecutivi con cui il debitore esecutato aveva impugnato il provvedimento di aggiudicazione asserendo che lo stesso era inficiato da nullità, essendo nulli sia l’avviso di vendita predisposto dal notaio, sia le attività pubblicitarie successive, a causa dell’errata indicazione della superficie del terreno subastato, individuata in mq. 102,70, invece che in mq. 102.270. Con sentenza del 5 maggio 2008 il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione.
Nell’unico motivo di ricorso si denunciava la violazione dell’art. 490 c.p.c., sostenendosi che il Giudice di merito avrebbe fatto malgoverno della predetta disposizione, non avendo considerato che la mancata ottemperanza all’obbligo di dare pubblicità all’avviso di vendita è riscontrabile anche nell’ipotesi in cui la pubblicità stessa sia gravata da vizi e non sia intervenuta nei termini prescritti dalla legge, con conseguente nullità dell’atto di vendita, nullità opponibile all’aggiudicatario, non operando, in parte qua, la norma di cui all’art. 2929 cod. civ.
La Cassazione ha ritenuto infondate le censure.
Ha osservato che il Giudice di primo grado ha ritenuto giuridicamente irrilevante l’erronea indicazione dell’estensione del terreno staggìto nell’avviso d’asta predisposto dal notaio in quanto:
- la pubblicità apparsa sul quotidiano era stata bene eseguita, essendo ivi stata correttamente indicata la consistenza del bene;
- sulla pagina internet era stata pubblicata la perizia integrale;
- conseguentemente, in definitiva, l’errore materiale verificatosi nell’avviso non poteva realmente ingannare i partecipanti all’incanto, essendo facilmente riconoscibile sia in base alle risultanze della consulenza tecnica, sia in base a criteri di elementare buon senso, essendo evidente che una superficie di mq. 102,70 non poteva andare all’asta a un prezzo base di più di un milione di Euro;
- il prezzo di aggiudicazione era stato superiore a quello di stima.
Traslano questi concetti al caso di specie non si può dire che il fatto che l’immobile abbia un piano e un bagno in più sia una difformità non facilmente conoscibile secondo un canone di ordinaria diligenza.
In secondo luogo si tratta di profili che potrebbe eventualmente avere interesse a far valere l’aggiudicatario (il quale dovrebbe allegare e provare quale danno concreto egli abbia subito dal fatto che l’immobile ha un piano ed un bagno in più) ma non nei confronti della procedura (poiché in sede esecutiva non opera, per espressa previsione dell’art. 2922 c.c., la garanzia per i vizi della cosa venduta, ammesso e non concesso che quello descritto sia un vizio), quanto piuttosto nei confronti dello stimatore.
Infine, osserviamo che in capo al terzo non aggiudicatario manca qualunque interesse ad agire (interesse che è alla base di ogni domanda giudiziale, ex art. 100 c.p.c.) in quanto non si comprende quale pregiudizio concreto egli abbia subito a causa dei vizi peritali denunciati.