A nostro avviso il professionista delegato ha fatto malgoverno delle regole processuali che disciplinano lo svolgimento della vendita e della gara tra gli offerenti, ma riteniamo che l’azionabilità dello strumento del reclamo ex art. 591-ter c.p.c. non sia (più) percorribile.
L’offerta di acquisto, per espressa previsione dell’art. 571 c.p.c. è irrevocabile, e quindi il migliore offerente si aggiudica il bene anche se al momento dell’apertura delle buste è assente.
Questo vuol dire che lo svolgimento della gara (che a mente dell’art. 573 c.p.c., il professionista delegato deve indire “in ogni caso”, quando siano state presentate più offerte valide) richiede almeno la presenza di un offerente, e precisamente dell’offerente che non ha formulato l’offerta migliore, poiché se l’unico offerente presente è quello che ha presentato la migliore offerta, la gara non ha senso poiché il migliore offerente non avrà mai interesse a rilanciare su se stesso.
Se invece nessuno è presente, o comunque l’offerente presente non intende rilanciare, il delegato aggiudicherà il bene al miglio offerente.
Quindi, riepilogando: il presenza di più offerte valide il delegato deve indire la gara tra gli offerenti, ma se l’unico presente è quello che ha formulato la migliore offerta essa non ha senso, e comunque se la gara viene indetta ugualmente e l’unico (migliore) offerente non rilancia, diviene comunque aggiudicatario.
A proposito della individuazione della offerta migliore, va detto che prima dell’intervento normativo compiuto dal d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con l. 6 agosto 2015, n. 132, nel silenzio del codice, l’unico criterio di selezione delle offerte era il prezzo indicato, sicché in presenza di offerte di pari importo, il mancato svolgimento della gara imponeva di procedere secondo il sistema dell’incanto.
Questi approdi devono essere oggi completamente rivisti per effetto del significativo intervento legislativo operato con il d.l. 83/2015.
Il terzo comma dell’art. 573, infatti, così dispone: “Ai fini dell’individuazione della migliore offerta, il giudice tiene conto dell’entità del prezzo, delle cauzioni prestate, delle forme, dei modi e dei tempi del pagamento nonché di ogni altro elemento utile indicato nell’offerta stessa”.
Il cambio di rotta è evidente: il prezzo non è più l’unico, ma uno dei criteri di selezione delle offerte, le quali dovranno essere valutate anche tenendo conto:
delle cauzioni;
dei tempi e dei modi di pagamento del prezzo;
di ogni altro ulteriore elemento che possa rendere una offerta più appetibile di altre e che sia stato (a nostro avviso) predeterminato dal giudice.
Il quadro si completa con la previsione di cui al secondo comma dell’art. 572, ai sensi del quale in caso in cui, nonostante i criteri di cui al terzo comma, non sia possibile individuare una offerta migliore delle altre, il Giudice attribuisce il bene a colui il quale ha formulato l’offerta per primo.
Una prima conclusione che allora può trarsi è quella per cui il migliore offerente che può possa qualificarsi anche per il solo fatto di aver prestato, a parità di prezzo offerto, una cauzione più alta, non può essere obbligato ad eseguire alcun rilancio, avendo invece diritto ad essere dichiarato aggiudicatario.
Sennonchè tuttavia (è qui sta la ragione per cui a nostro avviso il rimedio del reclamo ex art. 591 ter c.p.c. non è più praticabile) ove ciononostante abbia ritenuto di eseguire un rilancio (che in teoria potrebbe essere dettato dalle più svariate ragioni, ivi compresa quella di conseguire rapidamente l’aggiudicazione senza attendere i tempi del subprocedimento di cui all’art. 591 ter c.p.c.) non può più tornare sui suoi passi (per un elementare principio di autoresponsabilità) e resta vincolato alla irrevocabilità dell’offerta formulata sulla scorta per cui all’esito della gara il bene viene (recte, deve essere) aggiudicato al miglior offerente.
Nel caso di specie, pertanto, l’offerente avrebbe dovuto astenersi dall’eseguire rilanci, ed eventualmente reclamare ex art. 591 ter c.p.c. il verbale di non aggiudicazione.