inexecutivis
pubblicato
15 febbraio 2019
- Ultima modifica 15 febbraio 2019
Per rispondere all'interrogativo formulato occorre partire dalla lettura dell'art. 164 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, il quale prevede che ““quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.
Come si vede, la norma contempla un'ipotesi di chiusura anticipata del procedimento esecutivo quando la sua ragion d'essere, ossia il ragionevole soddisfacimento delle ragioni creditorie, non ha più la possibilità di essere concretamente perseguita.
Nel valutare questa eventualità dovrà tenersi conto di una molteplicità di elementi:
- l’importo e la natura dei crediti, sia complessivamente che singolarmente;
- l’importo delle spese di giustizia sostenute e prevedibilmente da sostenere a norma degli artt. 2755 o 2770 c.c., specificando, in particolare, i costi medi sostenuti per i tentativi di vendita già espletati;
- le ragioni che hanno ostacolato l’esitazione dei beni staggìti (ad es. mancata emissione dell’ordine di liberazione, necessità di regolarizzazioni edilizie e urbanistiche, necessità di interventi di manutenzione), specificando se sussistano probabilità di liquidazione del bene, tenuto anche conto di eventuali contatti intrattenuti con interessati all’acquisto;
- il presumibile valore di realizzo del bene pignorato, qualora si dovesse optare per la prosecuzione delle attività di vendita.
Il corollario dell'applicazione di questa norma è evidentemente quello per cui il caso di estinzione anticipata della procedura il bene tornerà nella disponibilità del debitore.