La riposta relativa alla responsabilità dello stimatore richiede lo svolgimento di alcune premesse normative.
A norma dell’art. 173-bis disp. att. c.p.c., nell’elaborato peritale l’esperto stimatore è tenuto a riportare (tra l’altro):
- “La verifica della regolarità edilizia e urbanistica del bene nonché l’esistenza della dichiarazione di agibilità dello stesso previa acquisizione o aggiornamento del certificato di destinazione urbanistica previsto dalla vigente normativa”;
- “In caso di opere abusive, il controllo della possibilità di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e gli eventuali costi della stessa; altrimenti, la verifica sull’eventuale presentazione di istanze di condono, indicando il soggetto istante e la normativa in forza della quale l’istanza sia stata presentata, lo stato del procedimento, i costi per il conseguimento del titolo in sanatoria e le eventuali oblazioni già corrisposte o da corrispondere; in ogni altro caso, la verifica, ai fini della istanza di condono che l’aggiudicatario possa eventualmente presentare, che gli immobili pignorati si trovino nelle condizioni previste dall’art. 40, comma 6, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ovvero dall’art. 46, comma 5 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, specificando il costo per il conseguimento del titolo in sanatoria”;
- “L’informazione sull’importo annuo delle spese fisse di gestione o di manutenzione, su eventuali spese straordinarie già deliberate anche se il relativo debito non sia ancora scaduto, su eventuali spese condominiali non pagate negli ultimi due anni anteriori alla data della perizia, sul corso di eventuali procedimenti giudiziari relativi al bene pignorato”.
Una perizia completa evita possibili future contestazioni e incentiva all'acquisto, poiché un paniere informativo ampio soddisfa la fondamentale esigenza di qualunque potenziale offerente di conoscere nel modo più dettagliato possibile ciò che si accinge ad acquistare. Emblematica, sul punto, Cass. 2 aprile 2014, n. 7708, secondo la quale “il bando di vendita – e, prima di esso, l’ordinanza del giudice che pone in vendita il bene, a sua volta fondata sulla descrizione datane nel pignoramento prima e nella relazione dell’esperto poi – corrisponde a quella che, nella vendita volontaria, sarebbe una proposta contrattuale di compravendita”
L’aggiudicatario di un immobile il quale si avveda che il bene acquistato presenta vizi occulti, non conoscibili con l’ordinaria diligenza, non può agire per la risoluzione della vendita o ottenere la riduzione del prezzo, oppure ancora il risarcimento del danno nei confronti della procedura. Ad impedirlo è l’art. 2922 c.c., il quale esclude esplicitamente che nella vendita esecutiva trovi applicazione la disciplina della garanzia per i vizi della venduta.
Questo tuttavia non vuol dire che egli sia sprovvisto in assoluto di rimedi.
Infatti, egli potrà eventualmente agire nei confronti del perito stimatore, il quale soggiace alle regole generali in tema di responsabilità civile, e dunque all’art. 2043 c.c., che impone l'obbligo del risarcimento del danno a colui che compie un fatto illecito con dolo o colpa.
Quella dello stimatore, è una obbligazione di mezzi, e dunque la diligenza dovuta è quella di cui all’art. 1176, comma secondo, c.p.c.; se poi nello svolgimento dell’incarico egli è stato chiamato a svolgere di prestazioni di particolare difficoltà, la sua diligenza dovrà essere valutata secondo i criteri di cui all’art. 2236 c.c.. In questi termini si è pronunciata Cass. 2.2.2010, n. 2359, con riferimento al caso in cui lo stimatore aveva erroneamente determinato la superficie di un immobile pignorato.
Più in generale, secondo la giurisprudenza “L'esperto nominato dal giudice per la stima del bene pignorato è equiparabile, una volta assunto l'incarico, al consulente tecnico d'ufficio, sicché è soggetto al medesimo regime di responsabilità ex art. 64 c.p.c., senza che rilevi il carattere facoltativo della sua nomina da parte del giudice e l'inerenza dell'attività svolta ad una fase solo prodromica alla procedura esecutiva. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di condanna dell'ausiliare, che aveva proceduto a stima viziata, per difetto, nel computo della superficie dell'immobile, al risarcimento dei danni in favore di coloro cui era stata revocata, in conseguenza di tale errore, l'aggiudicazione in sede esecutiva)”. (Cass., 18.9.2015, n. 18313).
Nello stesso solco si è collocata, per altro recentemente, Cass., 23.6.2016, n. 13010, la quale ha affermato che “Il perito di stima nominato dal giudice dell'esecuzione risponde nei confronti dell'aggiudicatario, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per il danno da questi patito in virtù dell'erronea valutazione dell'immobile staggito, solo ove ne sia accertato il comportamento doloso o colposo nello svolgimento dell'incarico, tale da determinare una significativa alterazione della situazione reale del bene destinato alla vendita, idonea ad incidere causalmente nella determinazione del consenso dell'acquirente. (Nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità del perito in relazione ai costi sostenuti dall'aggiudicatario per la regolarizzazione urbanistica dell'immobile acquistato, maggiori rispetto a quelli indicati in perizia, evidenziando come gli stessi fossero ricollegabili ad una disattenzione dell'acquirente, che non aveva considerato la mancanza, pur rappresentata dall'ausiliario nel proprio elaborato, di alcuni documenti importanti ai fini della valutazione di tali oneri)”.
Quindi, in definitiva, una eventuale responsabilità dello stimatore può essere invocata a condizione che non esistano, all’interno della procedura, strumenti di tutela.
Se così fosse, potrebbero esservi spazi per individuare una responsabilità dello stimatore.
A proposito della sanabilità, una risposta precisa potrebbe venire solo dalla lettura degli atti.
Proviamo, comunque a fornire delle indicazioni utili.
La verifica della sanabilità degli interventi edilizi abusivi costituisce precipuo compito dell'esperto stimatore, ai sensi dell’art. 173 bis, comma primo, n. 7), disp. att. c.p.c..
In forza di questa norma egli è tenuto a verificare innanzitutto la possibilità di sanatoria c.d. ordinaria ai sensi dell’art. 36, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (che riproduce la previsione dell’abrogato art. 13, l. 28 febbraio 1985, n. 47), a mente del quale “… il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.
Quindi, una prima ipotesi di sanatoria deriva dalla sussistenza del requisito della così detta "doppia conformità". L’aggiudicatario, qualora ricorra questa condizione, potrà presentare domanda di sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto di trasferimento ai sensi dell'art. 46, comma quinto d.P.R. 380/2001 (sebbene vada precisato che nessuna norma del codice di procedura civile preveda che il decreto di trasferimento sia notificato all'aggiudicatario).
In secondo luogo, ove non ricorra questa situazione, lo stimatore dovrà accertare l’eventuale presentazione di istanze di condono indicando, secondo quanto previsto dal citato art. 173 bis, comma primo, n. 7), disp. att. c.p.c.:
il soggetto istante e la normativa in forza della quale l’istanza di condono è stata presentata;
lo stato del procedimento;
i costi della sanatoria e le eventuali oblazioni già corrisposte o ancora da versare.
L’ausiliario deve verificare inoltre, ai fini della domanda in sanatoria che l’aggiudicatario potrà eventualmente presentare, se gli immobili pignorati si trovino o meno nelle condizioni previste dall’art. 40, comma sesto, l. 28.2.1985, n. 47 o dall’art. 46, comma quinto, d.P.R. 380/2001, cit. (già art. 17, commaquinto, l. 47/1985, cit.).
La prima delle due norme richiamate prevede, in particolare, che “nella ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge”.
A questo proposito va ricordato che ai sensi dell'art. 31, comma primo, l. 47/1985 potevano essere sanate le opere abusive che fossero state ultimate entro la data del 1° ottobre 1983 (il comma due della medesima disposizione specifica che "Ai fini delle disposizioni del comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente"). L'art. 35 della citata legge prevede poi che la domanda in sanatoria doveva essere presentata al comune entro il termine perentorio del 30 novembre 1985.
Qualora l'immobile abusivo sia oggetto di un trasferimento coattivo, la possibilità di richiedere la sanatoria in parola viene riconosciuta anche all'aggiudicatario dal citato art. 40 comma sesto, il quale può chiederla, come si è visto, entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della legge.
Pertanto, al fine di comprendere se sia possibile o meno per l’aggiudicatario ricorrere alla sanatoria prevista dal capo IV della l. 28.2.1985, n. 47 (artt. 31 e ss), occorre accertare:
che le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriori all'entrata in vigore della predetta legge 47/1985 (cioè 17.3.1985, il che ad oggi è alquanto improbabile);
che l'abuso sia stato realizzato entro il primo ottobre 1983.
Un'altra ipotesi di condono è prevista dall'art. 39 l. 23.12.1994, n. 724, che estende la sanatoria di cui alla legge n. 47/1985 alle pere abusive (che rispettino i requisiti del citato art. 39) che:
risultino ultimate entro il 31.12.1993;
a condizione che le ragioni di credito siano anteriori al 01.1.1995 (data di entrata in vigore di detta legge, ai sensi dell'art. 47 della medesima).
Infine, va poi considerata l'ulteriore ipotesi prevista dall’art. 32, d.l. 30.9.2003 n. 269, convertito in l. 24.11.2003, n. 326, il cui comma 25 consente il condono (alle condizioni previste da questa disposizione) alle opere abusive che:
risultino ultimate entro il 31 marzo 2003;
sempre che le ragioni di credito per cui si procede o si interviene nella procedura siano sorte anteriormente al 2.10.2003 (data di entrata in vigore della norma) come si ricava dalla lettura del comma 28 del medesimo art. 32.
Infine, per gli immobili realizzati dopo il 31 marzo 2003 è possibile soltanto la sanatoria di cui al citato art. 36, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 che richiede, come si è visto, il requisito della doppia conformità.