Ai sensi dell'art. 490, comma secondo, c.p.c. in caso di espropriazione di beni mobili registrati, per un valore superiore a 25.000 euro, e di beni immobili, l'avviso, unitamente a copia dell'ordinanza di vendita e della relazione di stima redatta ai sensi dell'articolo 173-bis disp. att. c.p.c., sono inseriti in appositi siti internet almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto.
Poiché gli allegati alla perizia non sono documenti diversi dalla perizia medesima poiché ne costituiscono parte integrante, essi devono essere pubblicati secondo le modalità appena descritte.
Ove così non fosse accaduto, il professionista delegato ha l'obbligo di consegnarne copia o di integrare la pubblicazione, ove carente.
Ricordiamo che secondo il pressoché costante orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’insufficiente o irregolare pubblicità costituisce motivo di opposizione agli atti esecutivi, idoneo ad incidere anche sull’atto di aggiudicazione, con evidenti effetti anche per l’acquirente, e deve essere fatto valere mediante lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., a pena di inammissibilità, nel termine di decadenza che decorre dall’atto di aggiudicazione. In questi termini si sono pronunciate Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2005 n. 8006; Cass. civ., sez. III, 11 dicembre 1995 n. 12653. In ordine all’applicabilità della regola di cui all’art. 2929 c.c. si veda Cass. Civ., sez. III 9 giugno 2010, n. 13824 secondo cui “La regola contenuta nell'art. 2929 cod. civ., secondo il quale la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita e l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, non trova applicazione quando la nullità riguardi proprio la vendita o l'assegnazione, sia che si tratti di vizi che direttamente la concernano, sia che si tratti di vizi che rappresentino il riflesso della tempestiva e fondata impugnazione di atti del procedimento esecutivo anteriori ma ad essi obbligatoriamente prodromici. (Nella specie, la nullità dell'aggiudicazione e del conseguente decreto di trasferimento sono state dichiarate, in sede di cassazione con rinvio della sentenza di rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi, perché l'udienza di vendita, rifissata dopo un rinvio disposto d'ufficio, non era stata preceduta dalle formalità obbligatorie di pubblicità)”.
Quanto alla presunta esistenza di presunte esigenze di riservatezza, osserviamo che esse non hanno ragione di esistere. Infatti, "in tema di protezione dei dati personali, non costituisce violazione della relativa disciplina il loro utilizzo mediante lo svolgimento di attività processuale giacché detta disciplina non trova applicazione in via generale, ai sensi degli artt. 7, 24 e 46-47 del d.lgs. n. 193 del 2003" (Sez. U, 08/02/2011, n. 3034), essendo stato altresì aggiunto che "La diffusione di dati personali in sede giudiziaria è lecita, anche senza il consenso dell'interessato, purché finalizzata alla difesa tecnico-giuridica, essendo illecita, viceversa, ove diretta a screditare, agli occhi del giudice di appello, il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata" (Cass., sez., 3, 28/08/2013 n. 19790).
Inoltre la disciplina della tutela della privacy nelle procedure esecutive, non contiene affatto divieti di pubblicazione di atti, limitandosi solo al divieto di rendere le generalità del debitore e di soggetti estranei.
Cerchiamo di darne brevemente conto.
Rispondiamo alla domanda osservando che già con un provvedimento del 22 ottobre 1998, il Garante si era espresso sulla necessità di rispettare la dignità delle persone coinvolte nel processo esecutivo, invitando gli uffici giudiziari ad adottare prassi più attente e rispettose dei diritti degli interessati.
In argomento è poi intervenuto il codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs 30 giugno 2003, n. 196), entrato in vigore il primo gennaio 2004, che ha previsto all'art. 174, recante "Notifiche di atti e vendite giudiziarie", al n. 9 la modifica dell'art. 490, terzo comma, ed al n. 10 la modifica dell'art. 570, primo comma, disponendo così che l’avviso di vendita non debba contenere indicazioni relative al debitore, e che comunque le informazioni relative anche alle generalità del debitore possono però essere fornite dal cancelliere (o dal professionista delegato) agli interessati.
Da queste considerazioni ricaviamo il dato per cui gli atti oggetto di pubblicità a norma dell’art. 490, non possono contenere informazioni relative alle generalità del debitore.
Sulla materia si registra anche il provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 07/02/2008, recante “Pubblicazione in appositi siti Internet degli atti attraverso cui viene data notizia delle vendite giudiziarie”, la cui preoccupazione è stata quella di armonizzare la portata delle modifiche apportate al codice di rito dal d.lgs 196/2003 alle novità normative del 2005, che in materia di pubblicità avevano previsto, con la riscrittura dell’art. 490, comma secondo, che vi fosse assoggettata sia l’ordinanza di vendita che la perizia di stima.
In questo provvedimento il Garante ha osservato che l’oscuramento dei dati del debitore deve riguardare anche l’ordinanza di vendita e la perizia, poiché altrimenti la tutela apprestata dall’art. 490, comma terzo c.p.c. (entrato in vigore prima delle riforme del 2005) sarebbe vanificata.
Con il medesimo provvedimento si è altresì prescritto che gli atti oggetto di pubblicità non possono contenere i dati personali di soggetti estranei alla procedura esecutiva, trattandosi di informazioni eccedenti e non pertinenti rispetto alle finalità cui è preordinato il procedimento espropriativo.