Aggiudicazione non solvibile

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  • Ultimo messaggio 07 settembre 2019
  • Argomento risolto
paolo66 pubblicato 20 agosto 2019

Buongiorno, dopo essermi aggiudicato un immobile c/o una preocedura esecutiva del tribunale di Monza, constato che nessuna banca è disponibile a finanziare nemmeno parzialmente quell'immobile, nonostante fosse stata deliberata preventivamente una verifica di mutuabilità personale. Nello specifico l'immobile non dispone ancora dell'agibilità in quanto non presentata richiesta per mancanza di finiture interne, quali caldaia, quadro elettrico, termosifoni e ringhiera protettiva del balcone. Nonostante la richiesta di mutuo sia inferiore al 50% del prezzo di aggiudicazione, alcune banche nonostante convenzionate col tribunale, non accettano la pratica a priori, altre banche effettuano un indagine preventiva che ha sempre esito positivo, ma dopo l'uscita del perito della banca , la pratica di mutuo non viene deliberata e mi viene inviata una "liberatoria" indicante di aver accolto "la mia richiesta di riununcia al mutuo".  Ho provato a chiedere al giudice tramite il curatore, la possibilità di completare i lavori a mie spese per poter accedere al mutuo e liquidare l'immobile, ma tale possibilità mi è stata rifiutata. Ora, oltre a perdere l'ingente anticipo in quanto trattasi di una villetta, si prospetta di dover perdere anche la differenza del prezzo offerto nella successiva asta.  Avete qualche consiglio da darmi quantomeno per limitare la perdita? Ringrazio Cordialmente - Paolo

 

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inexecutivis pubblicato 25 agosto 2019

Purtroppo non è infrequente che le banche rifiutino la erogazione di mutui di immobili per i quali manca il certificato di agibilità, poiché l’assenza dello stesso getta un cono d’ombra sulla regolarità urbanistico edilizia del bene.

L’unico suggerimento che ci sentiamo di offrire è quello di provare a chiedere al giudice dell’esecuzione di poter versare ratealmente il prezzo, acquisendo comunque la disponibilità dell’immobile in modo da poter completare le opere mancanti.

Cerchiamo di spiegare meglio lo strumento cui facciamo riferimento.

Tra le novità introdotte dal d.l. 83/2015 v’è quella della possibilità che il saldo prezzo sia versato ratealmente. L’art. 13, co. 1, lett. p. n. 2, nel riscrivere il terzo comma dell’art. 569 c.p.c. ha previsto infatti che “Quando ricorrono giustificati motivi, il giudice dell’esecuzione può disporre che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente ed entro un termine non superiore a dodici mesi.

Intorno alla individuazione dei “giustificati motivi” sulla scorta dei quali il Giudice può disporre che il prezzo sia versato ratealmente (e sul momento in cui detta valutazione debba compiersi) si registrano due orientamenti.

Secondo una prima tesi i giustificati motivi sono quelli addotti dallo stesso offerente e dunque attengono alla sfera personale di quest’ultimo. Il precipitato di siffatta impostazione è che l’ordinanza (e l’avviso) di vendita dovrà limitarsi a prevedere questa possibilità, e la valutazione dei giustificati motivi in forza dei quali l’aggiudicatario abbia eventualmente richiesto l’ammissione al beneficio sarà valutata dal Giudice all’esito dell’aggiudicazione e prima del versamento del saldo prezzo.

Il fondamento normativo di questa ricostruzione riposerebbe negli artt. 571 c.p.c., laddove si prevede che l’offerta deve contenere, tra l’altro, l’indicazione dei modi e dei tempi del pagamento, e 573 c.p.c. il quale dispone che anche di questi stessi elementi debba tenersi conto ai fini dell’individuazione dell’offerta migliore.

Questa opinione presta il fianco ad una serie di rilievi critici.

In primo luogo, essa mal si concilia con la collocazione sistematica della norma all’interno dell’art. 569 c.p.c., dedicato al “provvedimento per l’autorizzazione alla vendita” laddove la soluzione qui respinta ne avrebbe giustificato l’inserimento in seno all’art. 585 (“versamento del prezzo”). Se il Giudice già con l’ordinanza di vendita deve pronunciarsi in ordine alla possibilità del versamento rateale del saldo, è giocoforza ritenere che i giustificati motivi sulla scorta dei quali egli assume questa decisione non possono attenere alla sfera personale degli offerenti.

In secondo luogo, non pare che gli artt. 571 e 573 c.p.c. possano essere richiamati quali elementi di giustificazione, atteso che da un lato l’art. 571, nella parte richiamata dal citato convincimento, è stato coniato in un periodo assai precedente all’innesto normativo che consente il versamento rateale del prezzo. Dall’altro, l’art. 573 c.p.c. non implica che i motivi giustificanti il pagamento rateizzato siano quelli personali dell’offerente; l’ordinanza di vendita, infatti, ben potrebbe facultizzare ex ante l’aggiudicatario al versamento rateale, e ciò nonostante l’offerente, proprio perché i tempi di versamento del saldo prezzo incidono sulla valutazione dell’offerta, potrebbe decidere di non avvalersi di questa possibilità.

Una diversa opzione ermeneutica sostiene invece che i giustificati motivi attengono, al contrario, non già alla persona dell’offerente ma alla realtà socioeconomica in cui si svolge la vendita, ovvero ancora all’ingente valore dell’immobile; ergo, gli stessi devono essere scandagliati a monte in sede di adozione dell’ordinanza di vendita, per decidere sin da quel momento se ammettere o meno l’aggiudicatario al beneficio.

La ricostruzione da ultimo citata ci sembra più convincente.

In primis, essa è sintonica rispetto al suo inserimento all’interno dell’art. 569 c.p.c., il quale indica appunto il contenuto dell’ordinanza di vendita.

Ancora, ed in una ottica di trasparenza della procedura, sgombra il campo da un possibile alone di incertezza, che inevitabilmente sussisterebbe allorquando i giustificati motivi personali fossero vagliati all’esito dell’aggiudicazione.

Infine, meglio risponde ad esigenze di speditezza della procedura, atteso che, aderendo all’opposta tesi, dovrebbe affrontarsi il problema della individuazione del momento da cui far decorre il termine per il versamento del saldo prezzo, poiché il Giudice dell’esecuzione, ad aggiudicazione intervenuta, dovrebbe pronunciarsi sulla fondatezza dei giustificati motivi addotti dall’offerente in sede di presentazione dell’offerta, e solo dalla comunicazione del relativo provvedimento (probabilmente) potrebbe decorrere il termine per il pagamento.

Ricostruiti dunque i termini della questione, il tentativo di richiedere di essere ammessi ad eseguire un versamento rateale potrebbe essere accolto se il giudice dell’esecuzione dovesse aderire al primo degli orientamenti che abbiamo indicato.

Nel formulare la richiesta si dovrà comunque avere cura di richiedere di essere immessi nel possesso del bene, dichiarandosi disponibili (ai sensi del nuovo art. 574 c.p.c.) a prestare una fideiussione:

-        per un importo pari ad almeno il trenta per cento del prezzo di vendita;

-        autonoma, irrevocabile e a prima richiesta;

-        rilasciata a favore della procedura esecutiva a garanzia:

1.    del rilascio dell’immobile entro trenta giorni dall’adozione del provvedimento di decadenza dell’aggiudicatario;

2.    del risarcimento dei danni eventualmente arrecati all’immobile;

-        rilasciata da un operatore professionale appartenente ad una categoria individuata dal Giudice dell’esecuzione in ragione della capacità di garantire l’adempimento integrale e tempestivo della garanzia.

In questo modo si avranno 12 mesi di tempo per completare i lavori ed ottenere la erogazione di un mutuo per il versamento del saldo.

paolo66 pubblicato 26 agosto 2019

Buongiorno, ringrazio per la consulenza. Proverò ad effettuare istanza al Giudice riportando il Vostro suggerimento e vi aggiornerò su come si concluderà l'esito.

Paolo

inexecutivis pubblicato 29 agosto 2019

Grazie a lei.

Ci tenga aggiornati!!!

Offerente23 pubblicato 30 agosto 2019

In questi casi la perdita dell'anticipo è automatica e certa. Ma la "condanna" al pagamento della differenza di prezzo come avviene?

1. È certa anch'essa oppure il giudice in taluni casi potrebbe soprassedere?

2. Il compenso al professionista delegato alla vendita è dovuto? Secondo me no, perché la vendita non si è perfezionata

3. Gli altri partecipanti all'asta verranno avvisati che la vendita è sfumata?

inexecutivis pubblicato 31 agosto 2019

Con riferimento alle conseguenze economiche del mancato versamento del saldo del prezzo osserviamo riteniamo che debbano essere considerati gli artt. 509 e 587 c.p.c., nonché l’art. 177 disp att c.p.c..

L’art. 509 prevede che l’aggiudicatario decaduto può essere condannato, con decreto del

G.E., al risarcimento del danno (così testualmente l’art. 509 c.p.c.) provocato dal suo inadempimento.

È chiaro che la mera decadenza non basta cagionare un danno alla procedura esecutiva, poiché con la riapertura del procedimento di vendita potrebbe giungersi ad una nuova aggiudicazione per un prezzo pari o superiore a quello non versato dall’inadempiente.

Presupposto della condanna è dunque il conseguimento di un ricavato che, unito alla cauzione confiscata, sia inferiore al prezzo della precedente aggiudicazione.

Solo così l’aggiudicatario inadempiente potrà essere condannato al pagamento di una somma pari alla differenza tra il prezzo da lui offerto e la somma tra il nuovo prezzo di aggiudicazione e la cauzione confiscata. (art. 587 cpv. c.p.c.). Si tratta di una condanna obbligatoria, che non riconosce margini di discrezionalità.

Il decreto di condanna “costituisce titolo esecutivo a favore dei creditori ai quali nella distribuzione della somma ricavata è stato assegnato il credito da esso portato” (così l’art. 177 cpv. disp. att. c.p.c.).

In dottrina è stato osservato che si tratta di un titolo esecutivo emesso in incertam personam che necessita di essere integrato con il piano di riparto.

Trattandosi di titolo esecutivo emesso nei confronti di un soggetto diverso dal debitore esecutato, va escluso, a nostro avviso, che alla riscossione delle somme provveda la procedura esecutiva (o, in questo caso, fallimentare) tenuto altresì conto dei ritardi che essa arrecherebbe alla chiusura della stessa.

Con il decreto, dunque, i creditori insoddisfatti divengono creditori dell’aggiudicatario inadempiente.

Taluna dottrina ha ritenuto che se tutti i creditori sono stati soddisfatti in sede di riparto la somma oggetto della condanna dovrebbe essere comunque assegnata al debitore (o al fallito) come residuo di liquidazione.

Questa tesi pone qualche dubbio perché l’art. 177 attribuisce efficacia di titolo esecutivo al decreto solo a favore dei creditori insoddisfatti.

A roposito del compenso al delegato, non riteniamo che la decadenza comporti la emissione del decreto di liquidazione del compenso in favore di questi, poiché si tratta di liquidazione che consegue al decreto di trasferimento, che in questo caso è mancata.

Infine, non è previsto che gli altri offerenti devono essere avvisati dell'esito della vendita, anche se il professionista delegato potrebbe opportunamente farlo.

Offerente23 pubblicato 04 settembre 2019

Grazie per la puntuale risposta.

 

inexecutivis pubblicato 07 settembre 2019

grazie a lei

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