Cerchiamo di rispondere separatamente a ciascuna delle domande formulate.
La riduzione del 5% non si traduce in un maggior costo da sostenere per l’aggiudicatario.
L’adeguamento indicato (peraltro assai frequente), è semplicemente una riduzione del prezzo base rispetto al valore di mercato applicata in considerazione del fatto che nelle vendite esecutive non trova applicazione la disciplina della garanzia per i vizi della cosa venduta, per espressa previsione dell’art. 2922 c.c.
Anche le spese tecniche di regolarizzazione catastale non sono un costo che l’eventuale aggiudicatario deve versare unitamente al saldo del prezzo. Si tratta dei costi che l’aggiudicatario deve, se vuole, sostenere ove intenda procedere alla regolarizzazione delle difformità che evidentemente l’esperto nominato per la stima ha riscontrato.
Quanto alle spese di cancellazione delle formalità pregiudizievoli, si tratta di spese che a nostro avviso non possono gravare sull’aggiudicatario.
Invero, l’art. 2 D.M. Giustizia 15 ottobre 2015, n. 227 nel prevedere che siano posti a carico dell’aggiudicatario la metà del compenso relativo alla fase di trasferimento della proprietà e delle le relative spese generali, nonché le spese effettivamente sostenute per l'esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale, implicitamente pone a carico della massa le spese di cancellazione delle formalità pregiudizievoli.
Nulla esclude, tuttavia, che il Giudice abbia diversamente disposto nell’ordinanza di vendita.
Si osservi a questo proposito che secondo la giurisprudenza, “In tema di vendita forzata, il giudice dell'esecuzione (o quello delegato al fallimento) può, con proprio provvedimento, porre le spese per la cancellazione delle trascrizioni ed iscrizioni gravanti sull'immobile trasferito a carico dell'aggiudicatario, anziché a carico del debitore (o della massa fallimentare), come disposto dagli artt. 2878 cod. civ. e 586 cod. proc. civ. (nonché 105 della legge fall.), poiché il principio dell'obbligo del pagamento delle spese predette a carico del debitore (o della massa fallimentare) non può dirsi inderogabile, non essendo tale inderogabilità sancita da alcuna norma di legge, e non avendo esso ad oggetto situazioni soggettive indisponibili” (Cass. n. 10909 del 25.7.2002).
Quanto alle spese condominiali, occorre premettere che ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.p.c. "chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso ed a quello precedente". Per anno in corso si intende non l’anno solare (per intenderci, I° gennaio – 31 dicembre), bensì all’annualità. Così la giurisprudenza, la quale ha osservato che “In tema di ripartizione delle spese condominiali, l’espressione “anno in corso”, di cui al previgente art. 63, comma 2, disp. att. c.c. – ora, in seguito all’approvazione della l. n. 220 del 2012, art. 63, comma 4, disp. att. c.c. - va intesa, alla luce del principio della "dimensione annuale della gestione condominiale", con riferimento al periodo annuale costituito dall’esercizio della gestione condominiale, il quale può anche non coincidere con l’anno solare”. (Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 7395 del 22/03/2017. Nella stessa direzione si era espresso, in precedenza, Trib. Bolzano, 10-06-1999, secondo il quale “Il comma 2 dell'art. 63 disp. att. c.c. si riferisce all'anno di gestione e non all'anno solare nel circoscrivere al biennio anteriore all'acquisto dell'appartamento in condominio l'obbligo solidale dell'acquirente - condomino subentrante - di far fronte al pagamento dei contributi non versati dal precedente condomino”).
Ciò detto, il potenziale interessato all’acquisto, a nostro avviso, non ha diritto ad ottenere dall’amministratore l’informazione richiesta.
In problema, tuttavia, è un altro, e sta nel fatto delle spese condominiali dovute dal debitore dovrebbe dar conto la perizia di stima.
Questo si ricava dall’art. 173 bis, n. 9 disp. att. c.p.c., ai sensi del quale la perizia deve contenere “l’informazione sull’importo annuo delle spese fisse di gestione o di manutenzione, su eventuali spese straordinarie già deliberate anche se il relativo debito non sia ancora scaduto, su eventuali spese condominiali non pagate negli ultimi due anni anteriori alla data della perizia, sul corso di eventuali procedimenti giudiziari relativi al bene pignorato”.
Orbene, dinanzi alla situazione prospettata nella domanda, il consiglio che possiamo offrire è quello di rivolgere istanza al professionista delegato (e poi, eventualmente, direttamente al Giudice se il delegato rimane inerte), nella quale, dopo aver rappresentato che:
1. La perizia manca di un dato potenzialmente capace di incidere considerevolmente sul valore del bene;
2. Questa mancanza determina una situazione di incertezza che scoraggia il mercato e dunque altera il fisiologico svolgimento delle operazioni di vendita;
3. Il fatto che il perito non sia riuscito ad acquisire il dato e che l’amministratore non voglia sostanzialmente fornirlo malcelano possibili comportamenti distorsivi;
si chiede che il delegato domandi al Giudice di disporre la comparizione del perito al quale affidare il compito di verificare l’ammontare delle spese condominiali dovute dal debitore esecutato, ordinando altresì all’amministratore di condominio di esibire, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., i documenti dai quali questo elemento può desumersi.
Quanto al compenso spettante al custode, osserviamo che lo stesso va posto a carico della procedura e non può gravare in capo all’aggiudicatario. Invero, ai sensi dell’art. 65 c.p.c. la conservazione e l’amministrazione dei beni pignorati (o sequestrati) sono affidate ad un custode, ove la legge non disponga altrimenti. L’art. 2770 c.p.c. dispone poi che le spese di conservazione delle cose pignorate sono prededucibili.
Infine, per quanto attiene alla visita del bene, osserviamo che ai sensi dell’art. 560, ultimo comma, c.p.c. Il giudice, con l'ordinanza di cui al terzo comma dell'articolo 569, stabilisce le modalità con cui il custode deve adoperarsi affinché gli interessati a presentare offerta di acquisto esaminino i beni in vendita.
L’interessato, dunque, ha un vero e proprio diritto a visitare il bene. La condotta serbata dal custode che neghi questo diritto potrebbe inquadrarsi, a nostro avviso, nella fattispecie penale di cui all’art. 388, comma quinto, c.p., a mente del quale “Il custode di una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell'ufficio è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a cinquecentosedici euro”.
Il suggerimento che ci sentiamo pertanto di offrire è pertanto quello di diffidare il custode alla consegna.