Per rispondere alla sua domanda è necessario partire da alcune premesse.
Nelle vendite esecutive non opera la garanzia per i vizi della cosa venduta. Ciò per espressa previsione dell’art. 2922 c.c., a mente del quale “Nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa”, e cioè la garanzia di cui agli art. 1490 (vizi della cosa) e 1497 (mancanza di qualità) c.c.
Tuttavia l’esclusione non si estende alle ipotesi di “aliud pro alio”, configurabile “se il bene aggiudicato appartenga ad un genere affatto diverso da quello indicato nell'ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico sociale, oppure quando ne sia del tutto compromessa la destinazione all'uso, ivi considerato, che abbia costituito elemento dominante per l'offerta di acquisto” (si vedano, tra le tante, Cass. Sez. 12/07/2016 n. 14165).
Dunque, secondo la giurisprudenza, l’aggiudicatario potrà chiedere la restituzione del prezzo quando:
1) il bene appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato nell’ordinanza di vendita (aliud pro alio puro);
2) il bene manchi delle qualità necessarie per la sua naturale funzione economico sociale;
3) risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all’uso che, preso in considerazione nell’ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto.
Con particolare riferimento all’aliud pro alio, si è poi detto che “La differenza strutturale tra la vendita forzata e quella negoziale è ostativa all'adozione, per la prima, di una nozione lata di "aliud pro alio", con la conseguenza che la nullità del decreto di trasferimento è ravvisabile solo in caso di radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata ovvero se ontologicamente diverso da quello sul quale è incolpevolmente caduta l'offerta dell'aggiudicatario, oppure perché, in una prospettiva funzionale, dopo il trasferimento risulti definitivamente inidoneo all'assolvimento della destinazione d'uso che, presa in considerazione nell'ordinanza di vendita, ha costituito elemento determinante per l'offerta dell'aggiudicatario. (Nel caso di specie, la Corte ha escluso "l'aliud pro alio" relativamente alla vendita forzata di una unità abitativa la cui inagibilità, dichiarata dal Comune per la presenza di elementi inquinanti, ed emersa solo a seguito di una integrazione della perizia di stima depositata dopo il versamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario, era solo temporanea per la piena recuperabilità della salubrità dell'immobile). (Cass. n. 1669 del 29/1/2016).
Avvertiamo inoltre che nella giurisprudenza della Corte di Cassazione si registra un certo contrasto in ordine ai tempi entro i quali l’aliud pro alio può essere fatto valere.
Infatti, nella sentenza n. 7708 del 02/4/2014 è affermato che “Nella vendita forzata l'aggiudicatario del bene pignorato, in quanto parte del processo di esecuzione, ha l'onere di far valere l'ipotesi di "aliud pro alio" con il solo rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, che va esperita - nel limite temporale massimo dell'esaurimento della fase satisfattiva dell'espropriazione, costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione - comunque entro il termine perentorio di venti giorni dalla legale conoscenza dell'atto viziato, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo una diligenza ordinaria”.
Di diverso è stato espressa nella sentenza n. 4378 del 20 marzo 2012, dove si è detto, in continuità con precedenti arresti della giurisprudenza di legittimità (Cass. 13 maggio 2003, n. 7294; 3 ottobre 1991, n. 10320) che mentre i soggetti del processo esecutivo, diversi dall’aggiudicatario, possono fare valere la diversità del bene venduto rispetto a quello staggìto soltanto con una (tempestiva) opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento di aggiudicazione e gli atti successivi e conseguenti, l’acquirente aggiudicatario ha a disposizione gli stessi strumenti di tutela azionabili in caso di vendita volontaria.
Così ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, e venendo alla domanda formulata, riteniamo che:
A)il Giudice non revocherà il decreto di trasferimento;
B) si potrebbe configurare una responsabilità dello stimatore.
Quanto alla revoca del decreto di trasferimento, la stessa ci sembra da escludere in quanto il tipo di abuso riscontrato non configura, a nostro avviso, una delle ipotesi che la giurisprudenza qualifica come aliud pro alio.
In ordine alla responsabilità dello stimatore, la questione ci pare più incerta, anche se non ci sentiamo di escluderla a priori. Infatti, è evidente che se l’abuso non è riportato in perizia, l’esperto nominato per la stima ha violato una specifica prescrizione dell’art. 173 bis n. 6, c.p.c., a mente del quale dalla relazione di stima deve risultare “la verifica della regolarità edilizia e urbanistica del bene …”.
Tuttavia occorre verificare se nel caso di specie l’esistenza dell’abuso, o la mancata verifica della regolarità urbanistico edilizia del bene, fossero comunque ricavabili dagli atti della procedura pubblicati, sulla scorta di un canone di ordinaria diligenza.
Si veda, a titolo esemplificativo, Cass., 23.6.2016, n. 13010, la quale ha affermato che “Il perito di stima nominato dal giudice dell'esecuzione risponde nei confronti dell'aggiudicatario, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per il danno da questi patito in virtù dell'erronea valutazione dell'immobile staggito, solo ove ne sia accertato il comportamento doloso o colposo nello svolgimento dell'incarico, tale da determinare una significativa alterazione della situazione reale del bene destinato alla vendita, idonea ad incidere causalmente nella determinazione del consenso dell'acquirente. (Nella specie, la S.C. ha escluso la responsabilità del perito in relazione ai costi sostenuti dall'aggiudicatario per la regolarizzazione urbanistica dell'immobile acquistato, maggiori rispetto a quelli indicati in perizia, evidenziando come gli stessi fossero ricollegabili ad una disattenzione dell'acquirente, che non aveva considerato la mancanza, pur rappresentata dall'ausiliario nel proprio elaborato, di alcuni documenti importanti ai fini della valutazione di tali oneri)”.