Dobbiamo confermare, quanto detto nelle precedenti risposte.
In primo luogo, come abbiamo già osservato, il fatto che in un mutuo siano stati pattuiti interessi anatocistici o usurari non impedisce di per sé al creditore di agire esecutivamente. Infatti, se il debitore non ha restituito neppure il capitale, questo è dovuto al creditore indipendentemente dalla clausola relativa agli interessi, poiché, come abbiamo evidenziato, l’art. 1815 comma secondo c.c. esclude che la nullità della clausola che contenga la pattuizione di interessi usurari si estenda all’intero contratto.
In secondo luogo, l’art. 629 c.p.c. non consente affatto al professionista delegato di sospendere la procedura esecutiva, né lo consente alcuna altra norma del codice di procedura civile.
Osserviamo, inoltre, che nel senso da noi esposto nelle precedenti risposte, e nella stessa direzione indicata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, si è espressa, più recentemente, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18312 del 27/08/2014, la quale si è occupata del caso in cui era stato venduto ed aggiudicato un immobile per intero, mentre in realtà oggetto di vendita era soltanto una quota, osservando che non può essere richiesto all’aggiudicatario di partecipare alla vendita dopo aver preliminarmente controllato gli atti della procedura esecutiva, e rimarcando che l’unico limite alla salvezza dei diritti dell’acquirente è quello della collusione con il creditore procedente.
La Suprema Corte, nell’esplicitare il proprio convincimento, richiama inoltre il precedente di cui alla sentenza n. n. 7991/2010, che ha dichiarato inammissibile l'opposizione agli atti esecutivi con cui il debitore denunci un vizio formale verificatosi prima della vendita, qualora sia proposta dopo che la vendita è già stata compiuta, atteso che la disposizione di cui all'art. 2929 c.c., dispone che la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di loro collusione con il creditore procedente, dando, quindi, la predetta norma risalto solo a tale collusione, che presuppone una dolosa preordinazione della condotta dell'acquirente in danno dell'esecutato, e a nulla rilevando, invece, il difetto di diligenza del terzo acquirente", aggiungendo che “Solo a fronte di un comportamento non semplicemente mancante di diligenza, e neppure solo contrario a buona fede ma doloso e in accordo con il creditore, viene meno il fondamento della tutela privilegiata accordata all'aggiudicatario dall'art. 2929 c.c.. Si ha collusione solo se aggiudicatario e creditore fossero entrambi ben consapevoli della nullità della ordinanza di vendita o che comunque si riverberava sulla vendita, ed abbiano deciso di tacere e portare ugualmente a termine la vendita l'una per compiere un acquisto vantaggioso, l'altro per una più sicura occasione di vendere un bene reso più allettante dall'errore procedurale compiuto.
“A ciò si aggiunga [proseguono i Giudici Supremi] che la vendita forzata si differenzia dal contratto di compravendita, poiché mentre in questo l’acquirente ha l’onere di verificare, secondo l'ordinaria diligenza la congruità dell'affare, l'identificazione del bene, il suo reale valore ecc., per poter consapevolmente scegliere se concludere il contratto o meno “nella vendita forzata invece, il potenziale acquirente si affida all'ufficio giudiziario che sovrintende alla vendita, ed ha ragione di attendersi che esso svolga tutti i controlli necessari per la validità del procedimento, non potendosi l'acquirente ritenere onerato di ripercorrere e controllare, in prima persona, l'attività svolta dall'ufficio per poter essere tutelato in caso che esistano delle nullità procedimentali”
Infine la sentenza richiama il precedente, da noi citato, delle Sezioni Unite con la sentenza n. 21110 del 2012 osservando come in quella sentenza “La Corte ha affermato che, anche nel caso estremo che un bene sia stato venduto all'asta pur in mancanza di un valido titolo esecutivo in capo al creditore, l'acquisto dell'aggiudicatario, per la tutela offerta dall'art. 2929 c.c., vada tenuto fermo.