Cerchiamo di rispondere separatamente a ciascuna delle domande formulate.
A proposito dei benefici fiscali connessi all’acquisto della prima casa, osserviamo che i requisiti necessari per usufruirne sono previsti dalla nota 2 bis dell’art. 1 della tariffa del d.P.R. 26 aprile 1966, n. 131 (testo unico dell’imposta di registro). Secondo questa norma devono ricorrere le seguenti condizioni.
a) che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano . La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto;
b) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere proprietario (esclusivo o in comunione con il coniuge) di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare (alla proprietà è equiparato il diritto di usufrutto, uso e abitazione);
c) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere proprietario (neppure per quote, anche in regime di comunione legale) su tutto il territorio nazionale di altra casa di abitazione acquistata con le agevolazioni prima casa, (alla proprietà è equiparato il diritto di usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà).
Dette agevolazioni spettano anche per l’acquisto delle relative pertinenze (C/2, C/6 e C/7), anche se acquistate con atto separato.
Per completezza va detto che l’articolo 1, comma 55, della l. 28.12.2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016) estende l’agevolazione “prima casa” al contribuente che, già proprietario di un immobile acquistato con le agevolazioni, acquisti un nuovo immobile, a condizione che proceda all’alienazione della casa preposseduta entro un anno dal nuovo acquisto (con la circolare n. 27/E del 13 giugno 2016 l’agenza delle entrate ha precisato che l’estensione non si applica nei casi in cui l’acquirente sia già titolare di altra abitazione, acquistata senza fruire delle agevolazioni per la “prima casa”).
Come si vede, non è necessario che il contribuente trasferisca la residenza nell’immobile acquistato con i benefici prima casa, essendo semplicemente necessario che abbia (o la trasferisca entro 18 mesi) la residenza nello stesso comune.
A proposito del contratto di locazione in essere, osserviamo che probabilmente non si tratta di contratto stipulato dal custode nominato dal Giudice (stipula che comunque deve essere preventivamente autorizzata dal Giudice dell’esecuzione a mente dell’art. 560, comma secondo, c.p.c.); si tratta, verosimilmente, di locazione stipulata dallo stesso esecutato, inopponibile alla procedura perché successiva al pignoramento. Il fatto che il debitore abbia subito il pignoramento, infatti, non incide sulla validità degli atti dispositivi da lui posti in essere bensì semplicemente sulla loro opponibilità dello stesso alla procedura, e quindi all’aggiudicatario.
Ciò detto, l’adozione dell’ordine di liberazione da parte de Giudice risponde alla prassi, invalsa presso moltissimi uffici giudiziari, di anticipare il provvedimento ad un momento antecedente a quello ultimo in cui esso deve obbligatoriamente essere emesso, e che va individuato nel momento dell’aggiudicazione.
Tanto si ricava sua dalla lettura dell’art. 560, comma terzo, c.p.c. (dal quale si ricava l’affermazione per cui il momento dell’aggiudicazione costituisce il momento ultimo entro il quale l’ordine di liberazione deve essere emesso) sia dalla considerazione per cui la tempestiva adozione ed attuazione dell’ordine di liberazione incentiva la vendita poiché garantisce al potenziale acquirente l’acquisto di un bene libero, di cui quindi potrà immediatamente disporre.
Ai sensi del quarto comma del citato art. 560 l’ordine di liberazione viene attuato dal custode anche dopo la pronuncia del decreto di trasferimento, purché l’aggiudicatario non lo esenti; ne consegue che quest’ultimo può certamente chiedere al custode di non liberare. In questo modo potrà decidere di continuare nel rapporto di locazione in essere o stipularne uno nuovo.
Infine, quanto al fondo patrimoniale, osserviamo quanto segue.
Il fondo patrimoniale non rientra tra le formalità di cui il Giudice dell’esecuzione ordina la cancellazione ai sensi dell’art. 586 c.p.c.
Peraltro, in linea di principio, la cancellazione non è neanche necessaria in quanto, da un lato, ai fini dell’opponibilità ai terzi è rilevante l’annotazione nei registri di stato civile e non la trascrizione (così si è espressa Cass. civ., 8 ottobre 2008, n. 24789, secondo la quale “La costituzione del fondo patrimoniale va compresa tra le convenzioni matrimoniali ed è soggetta alle disposizioni dell’art. 162 c.c., circa le forme delle convenzioni medesime, ivi inclusa quella del comma 3, che ne condiziona l’opponibilità ai terzi all’annotazione del relativo contratto a margine dell’atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo, ai sensi dell’art. 2647 c.c., resta degradata a mera pubblicità notizia e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti della costituzione del fondo”.
Dall’altro, poiché il vincolo creato dal fondo patrimoniale si risolve nella impignorabilità del bene, una volta che la procedura esecutiva si è conclusa con la vendita del bene non possono esservi pregiudizi per i diritti dell’acquirente.
Ciononostante è chiaro, (e dunque la domanda è pertinente) che la presenza del vincolo può generare incertezze, e dunque rendere meno fluida la circolazione del bene, sicchè alcuni tribunali ne ordinano comunque la cancellazione (eventualmente previa comunicazione del decreto di trasferimento a coloro che potrebbero avere interesse al mantenimento della formalità, in modo da provocarne l’eventuale opposizione), anche se la Corte di Cassazione ha affermato che il decreto di trasferimento non può contenere l’ordine di cancellare trascrizioni diverse dal pignoramento e dalle ipoteche senza il consenso delle parti interessate (Cass., 9 novembre 1978, n. 5121; 10 settembre 2003, n. 13212).