Soppalco sparito.

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  • Ultimo messaggio 27 febbraio 2019
giuseppecasavola pubblicato 15 febbraio 2019

Mi sono aggiudicato un asta di un locale con una superficie di circa 80 mq più un soppalco di 35 mq. Tutto riportato in perizia che ha dato la stima dello stesso. Dovrei versare il saldo ma sono venuto a conoscenza che il soppalco non esiste più. Ho chiesto chiarimenti al delegato che mi ha confermato la sparizione del soppalco. Ho dimostrato al delegato la mia non volontà a concludere la procedura in quanto il suddetto soppalco era parte importante per il mio acquisto. Lo stesso mi ha consigliato di fare un istanza al giudice inoltrata tramite lo stesso dove chiedo l'annullamento della procedura e quindi il rimborso della caparra o il ripristino dello stato dei luoghi che sarebbe impossibile. Cosa mi devo aspettare, visto che la perizia e lo stato dei luoghi mostra irregolarità avrò l'annullamento. Grazie

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inexecutivis pubblicato 19 febbraio 2019

Non è facile rispondere all'interrogativo poiché occorrerebbe comprendere in che cosa si traduce, nella sostanza, la mancanza del soppalco.

Andrebbe cioè capito se essa determina un semplice vizio della cosa o una vera e propria ipotesi di aliud pro alio.

Nel primo caso, nessuna doglianza potrebbe essere sollevata poiché a mente dell’art. 2922 c.c., "nella vendita esecutiva non trova applicazione la disciplina della garanzia per i vizi della cosa venduta".

Questa previsione, che per costante giurisprudenza si applica anche alle vendite fallimentari (crf., sul punto, cass. Ordinanza n. 14165 del 12/07/2016) riguarda le fattispecie prefigurate dagli artt. da 1490 a 1497 c.c. (vizi e mancanza di qualità della cosa), ma non l'ipotesi di consegna di "aliud pro alio", configurabile, invece, se il bene aggiudicato:

1. appartenga ad un genere affatto diverso da quello indicato nell'ordinanza di vendita;

2. oppure manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico sociale;

3. oppure ancora quando ne sia del tutto compromessa la destinazione all'uso previsto e che abbia costituito elemento dominante per l'offerta di acquisto.

Tale speciale disciplina si giustifica in ragione delle peculiarità della vendita forzata, che partecipando alla natura pubblicistica del procedimento, realizza congiuntamente l'interesse pubblico, connesso ad ogni processo giurisdizionale, e quello privato, dei creditori concorrenti e dell'aggiudicatario.

Se si intende far valere l'aliud pro alio, il consiglio è quello di promuovere al più presto una opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c.

Invero, la sentenza n. 7708 del 2 aprile 2014, (Pres. Russo, Est. De Stefano), ha affermato che l’aggiudicatario di un bene pignorato ha l’onere di far valere l’ipotesi di aliud pro alio (che si configura ove la cosa appartenga a un genere del tutto diverso da quello indicato nell’ordinanza, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere la sua naturale funzione economico-sociale, oppure risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all’uso che, preso in considerazione nell’ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto) con il solo rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi e quest’ultima deve essere esperita comunque - nel limite temporale massimo dell’esaurimento della fase satisfattiva dell’espropriazione forzata, costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione - entro il termine perentorio di venti giorni dalla legale conoscenza dell’atto viziato, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo una diligenza ordinaria.

Quest’ultimo indirizzo è stato poi confermato, seppur meglio precisato, dalla sentenza 29 gennaio 2016, n. 1669, e dalla Ordinanza n. 11729 del 11/05/2017, le quali hanno affermato che il termine di cui all’art. 617 c.p.c. “decorre dalla conoscenza del vizio o delle difformità integranti la diversità del bene aggiudicato rispetto a quello offerto, occorrendo, conseguentemente, anche fornire la prova della tempestività della relativa opposizione all’interno del processo esecutivo”.

giuseppecasavola pubblicato 21 febbraio 2019

la mancanza del soppalco si traduce nel fatto che:

l'immobile in questo caso un magazzino, è composto da una superfice di circa 80 mq. nella sua area era presente un soppalco di 34mq correlato di chiusura in anticorodal e vetri con scala d'accesso il tutto regolarmente certificato da progetto e autorizzato con concessione edilizia. Nella perizia di stima il tutto viene riportato e correlato con fotografie dello stesso. Questa struttura ora non è piu presente. Il delegato giudiziario mi ha confermato riconducendo lo smontaggio all'esecutato. Visto che il soppalco era cosa importante al fine del mio acquisto e visto questa difformita tra la perizia e lo stato dei luoghi, posso avere l'annullamento della procedura? Le eventuali responsabilita potrebbero essere del custode giudiziario o del delegato? qualora il giudice dovesse rigettare la mia istanza posso rivalermi su qualche responsabile e su chi? Grazie

giuseppecasavola pubblicato 25 febbraio 2019

il giudice ha risposto alla mia istanza di annullamento con un parere negativo. Non ci sono i presupposti di aliud pro alio. Posso chiedere almeno un abbassamento del prezzo di aggiudicazione in proporzione al costo del soppalco valutato in perizia? grazie.

inexecutivis pubblicato 27 febbraio 2019

La decisione del giudice, alla luce delle ulteriori informazioni che ci ha fornito nel secondo post, ci sembra assolutamente corretta e conforme allo stato della normativa e della giurisprudenza, entrambe citate nella nostra prima risposta.

Che fare ora?

Quanto alla possibilità di ottenere una riduzione del prezzo, ci sembra strada del tutto impraticabile in ragione del fatto che, come abbiamo detto, nella vendita esecutiva non trova applicazione la disciplina della garanzia per i vizi della cosa venduta, per espressa previsione dell'art. 2922 cc.

Ribadiamo anche il fatto che in linea teorica potrebbe ipotizzarsi una responsabilità del custode, ma questo a condizione che si individui la condotta che questi avrebbe potuto concretamente tenere per evitare che l'esecutato, nel lasciare l'immobile, smontasse il soppalco.

In conclusione, l'unica strada che a nostro avviso è percorribile è quella di un'azione risarcitoria diretta contro il debitore.

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