inexecutivis
pubblicato
08 giugno 2017
Riteniamo di no.
Ricaviamo questo convincimento dalla lettura dell’art. 164 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, a mente del quale “quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.
Nel valutare questa eventualità dovrà tenersi conto di una molteplicità di elementi:
- l’importo e la natura dei crediti, considerati sia complessivamente che singolarmente;
- l’importo delle spese di giustizia sostenute e prevedibilmente da sostenere a norma degli artt. 2755 o 2770 c.c., specificando, in particolare, i costi medi sostenuti per i tentativi di vendita già espletati;
- le ragioni che hanno ostacolato l’esitazione dei beni staggìti (ad es. mancata emissione dell’ordine di liberazione, necessità di regolarizzazioni edilizie e urbanistiche, necessità di interventi di manutenzione), specificando se sussistano probabilità di liquidazione del bene, tenuto anche conto di eventuali contatti intrattenuti con interessati all’acquisto;
- il presumibile valore di realizzo del bene pignorato, qualora si dovesse optare per la prosecuzione delle attività di vendita.
Nel caso in esame, il valore residuo del bene è ancora decisamente apprezzabile, per cui riteniamo che la procedura debba assolutamente proseguire.