Cerchiamo di rispondere alla domanda formulata mantenendo (e ricordando) il carattere tecnico di questo forum, la cui funzione è quella di fornire un contributo concreto agli operatori ed ai soggetti interessati nella risoluzione delle problematiche che il macrocosmo delle esecuzioni immobiliare pone quotidianamente.
Com’è noto, il Giudice ordina la liberazione dell’immobile, al più tardi allorquando procede all’aggiudicazione dello stesso; così il chiaro tenore letterale dell’art. 560, comma terzo, c.p.c.
È altrettanto noto che uno dei maggiori ostacoli ed incertezze che il sistema degli acquisti in sede esecutiva pone è quello della consegna del bene all’aggiudicatario, tanto è vero che i beni già liberi si vendono prima e ad un prezzo superiore.
Da questa considerazione empirica deriva la prassi di molti tribunali di anticipare al momento in cui si ordina la vendita del bene ai sensi dell’art. 569 c.p.c. l’adozione dell’ordine di liberazione.
Ciò detto, deve essere ricordato che quando il creditore particolare del coniuge in regime di comunione aggredisce in sede esecutiva i beni della comunione, deve pignorarli per l’intero e non per la quota. Invero, “La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l'espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all'atto della sua vendita od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione (principio affermato ai sensi dell'art. 363 cod. proc. civ.)”. (Sez. 3, Sentenza n. 6575 del 14/03/2013).
È evidente che in questo caso il coniuge non debitore subisce comunque l’esecuzione.
È discusso se in questi casi l’ordine di liberazione possa essere anticipato.
Sul punto non si registra unanimità di vedute osservandosi, da parte di coloro che negano questa possibilità, che in questo modo il coniuge non debitore sarebbe ingiustamente pregiudicato.
L’opinione prevalente, tuttavia, è di diverso avviso.
Se anche il coniuge non debitore subisce gli effetti del pignoramento, e dunque è destinato a perdere il bene, egli avrà diritto alla vendita dello stesso al prezzo più alto possibile (cosa di cui si giova anche il coniuge non debitore, che ha diritto ad ottenere dalla vendita la somma corrispondente al valore percentuale della sua quota), e la liberazione dell’immobile ha proprio questo scopo.
Inoltre va ancora considerato che se, come detto, la liberazione del bene consente non solo una vendita ad un prezzo più alto, ma una vendita tendenzialmente più veloce, ciò si traduce in un accorciamento dei tempi della procedura, e la durata ragionevole del processo è un obiettivo di rilevo pubblicistico che prescinde dall’interesse delle parti.
Non v’è dunque ragione, a nostro parere, per escludere che anche nel caso di pignoramento di beni della comunione non si possa emettere l’ordine di liberazione prima dell’aggiudicazione.