decadenza da aggiudicazione bene all'asta: che costi?

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  • Ultimo messaggio 29 luglio 2017
lucapanella pubblicato 26 luglio 2017

Buongiorno,

mi sono aggiudicato due lotti non omogenei all'interno della medesima procedura (ottava vendita senza incanto, all'interno di un fallimento) a seguito di due offeerte diverse. Il primo per la somma di € 11.500, il secondo per € 500.

La mia domanda riguarda le spese del secondo lotto, in quanto le spese del primo erano prevedibili ed ammontano a 2.600 euro (bolli, notifica decreto, registrazione, trascrizione e voltura e 1000 euro forfettarie per il notaio delegato) mentre quelle del secondo ammontano a € 2.500.

All'inizio pensavo ci fosse un errore ma poi ho capito che l'imposta di registro minima è 1.000 euro se non erro mentre il compenso per il notaio rimane 1000 (anche se poi lo deciderà il giudice ma il notaio saprà cosa può chiedere) e le altre spese saranno fisse e quindi mi ritrovo a pagare per un bene aggiudicatomi a 500 euro, spese complessive di 2.500.

Ora la domanda è questa: se decido di non versare per il secondo lotto decado anche per il primo? Direi di no ma per scrupolo lo chiedo.

Poi volevo sapere: una volta decaduto solo per il secondo, che spese devono sostenere? Direi la perdita della cauzione ed il rischio di dover pagare la differenza indicata dall'art. 587 cpc (differenza tra prezzo di aggiudicazione e il prezzo ricavato più la cauzione di 50 euro già versata).

I miei dubbi sono due principalmente e lo chiedo agli esperti: 1) se il bene non viene più venduto devo pagare lo stesso la differenza in caso di chiusura infruttuosa della procedura? Quindi 450 euro (500 meno la cauzione).

2) il dubbio più importante è questo: in sede di decreto di revoca dell'aggiudicazione il giudice presumo che liquiderà il notaio ma quanto potrebbe liquidare? 1000 euro mi sembrano molte. Inoltre vorrei sapere se dovrò sostenere spese per la notifica ecc. del decreto di revoca.

Insomma se decado rischio di risparmiare troppo poco e di perdere il bene e vorrei quindi farlo solo se le spese che dovrò sostenere siano minime.

Vi ringrazio anticipatamente.

Mariolino78 

inexecutivis pubblicato 29 luglio 2017

Cerchiamo di rispondere separatamente a ciascuna delle domande formulate.

Quanto alla prima, possiamo rispondere affermando che la decadenza dall’aggiudicazione per un lotto non comporta alcuna conseguenza sull’aggiudicazione degli altri lotti.

Con riferimento alle conseguenze economiche del mancato versamento del saldo del prezzo osserviamo riteniamo che debbano essere considerati gli artt. 509 e 587 c.p.c., nonché l’art. 177 disp att c.p.c..

L’art. 509 prevede che l’aggiudicatario decaduto può essere condannato, con decreto del

G.E., al risarcimento del danno (così testualmente l’art. 509 c.p.c.) provocato dal suo inadempimento.

È chiaro che la mera decadenza non basta cagionare un danno alla procedura esecutiva, poiché con la riapertura del procedimento di vendita potrebbe giungersi ad una nuova aggiudicazione per un prezzo pari o superiore a quello non versato dall’inadempiente.

Presupposto della condanna è dunque il conseguimento di un ricavato che, unito alla cauzione confiscata, sia inferiore al prezzo della precedente aggiudicazione.

Solo così l’aggiudicatario inadempiente potrà essere condannato al pagamento di una somma pari alla differenza tra il prezzo da lui offerto e la somma tra il nuovo prezzo di aggiudicazione e la cauzione confiscata. (art. 587 cpv. c.p.c.).

La necessità di considerare anche la cauzione confiscata ci pare vada mantenuta ferma nonostante il fatto che l’art. 177 disp. att. c.p.c. non ne tenga conto, stabilendo che la condanna dell’inadempiente abbia ad oggetto il “pagamento della differenza tra il prezzo da lui offerto e quello minore per il quale è avvenuta la vendita”, poiché si tratta comunque di una posta attiva incassata dalla procedura in conseguenza dell’inadempimento.

Il decreto di condanna “costituisce titolo esecutivo a favore dei creditori ai quali nella distribuzione della somma ricavata è stato assegnato il credito da esso portato” (così l’art. 177 cpv. disp. att. c.p.c.).

In dottrina è stato osservato che si tratta di un titolo esecutivo emesso in incertam personam che necessita di essere integrato con il piano di riparto.

Trattandosi di titolo esecutivo emesso nei confronti di un soggetto diverso dal debitore esecutato, va escluso, a nostro avviso, che alla riscossione delle somme provveda la procedura esecutiva (o, in questo caso, fallimentare) tenuto altresì conto dei ritardi che essa arrecherebbe alla chiusura della stessa.

Con il decreto, dunque, i creditori insoddisfatti divengono creditori dell’aggiudicatario inadempiente.

Taluna dottrina ha ritenuto che se tutti i creditori sono stati soddisfatti in sede di riparto la somma oggetto della condanna dovrebbe essere comunque assegnata al debitore (o al fallito) come residuo di liquidazione.

Questa tesi pone qualche dubbio perché l’art. 177 attribuisce efficacia di titolo esecutivo al decreto solo a favore dei creditori insoddisfatti.

Non riteniamo che la decadenza comporti la emissione del decreto di liquidazione del compenso in favore del notaio, poiché si tratta di liquidazione che consegue al decreto di trasferimento, che in questo caso è mancata.

 

Riteniamo, infine, che se il bene dovesse rimanere definitivamente invenduto, l’importo del decreto di condanna emesso a suo carico sarà pari alla differenza tra prezzo di aggiudicazione (500) e cauzione (50).

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