inexecutivis
pubblicato
02 dicembre 2018
A nostro avviso esiste un modo semplice per risolvere il problema: dispensare il custode dall'eseguire l'ordine di liberazione, o comunque dal procedere alla liberazione dell'immobile dagli eventuali mobili ivi presenti.
Cerchiamo di esplicitare le ragioni del nostro convincimento.
La soluzione da noi prospettata si ricava dai commi terzi e quarto dell'art. 560 c.p.c., (nel testo modificato dal Decreto Legge 3 Maggio 2016 n. 59 convertito in Legge 30 Giugno 2016 n. 119) a mente dei quali il Giudice dell'esecuzione dispone la liberazione dell'immobile pignorato, senza oneri per l’aggiudicatario, quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, oppure quando revoca l’autorizzazione, se concessa in precedenza, oppure, al più tardi, quando provvede all'aggiudicazione.
Questo provvedimento è attuato dal custode secondo le disposizioni impartite dal giudice dell'esecuzione immobiliare, anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario se questi non lo esenta.
Ove nell'immobile fossero presenti beni mobili, il secondo capoverso del medesimo art. 560, comma quarto, c.p.c., dispone che il custode intima alla parte tenuta al rilascio ovvero al soggetto al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli un termine, non inferiore a trenta giorni, salvi i casi d’urgenza. Qualora l’asporto non sia eseguito entro il termine assegnato, i beni o documenti sono considerati abbandonati e il custode, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione.
Come si vede, la liberazione dell'immobile è attività che il custode compie nell'esclusivo interesse dell'aggiudicatario, che dunque in ogni momento può esentarlo dal suo compito, in tutto o (riteniamo) in parte.