Asta fallimentare

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  • Ultimo messaggio 22 aprile 2019
simone2305 pubblicato 16 aprile 2019

Salve. Ho acquisto un immobile dopo il fallimento di una ditta individuale. Il curatore fallimentare prima del saldo prezzo ci aveva assicurato (solo verbalmente) che la liberazione era di suo interesse attraverso il giudice delegato che avrebbe immediatamente eseguito attuazione del 560. L’immobile risultava occupato senza titolo dai genitori del fallito. Nella realtà dei fatti l’appartamento risulta disabitato ma con i mobili all’interno. Dopo aver fatto davanti il notaio delegato dal giudice un vero e proprio rogito tra me e il curatore fallimentare e trascorso più di un mese dal saldo prezzo non riusciamo ad entrare in possesso dell’appartamento in quanto le chiavi sono ancora nelle mani del fallito. Inoltre ora il giudice oltre che rifiutare di rilasciare un ordine di liberazione non vuole neanche concedere il 560 per poterci dare la possibilità di appropriarci dell’immobile. E’ possibile che l’unica via da intraprendere e’ quella di iniziare una procedura di sfratto?? Com’e Possibile che il curatore fallimentare non riesce ad ottenere la liberazione??

inexecutivis pubblicato 22 aprile 2019

Rispondiamo all’interrogativo partendo dalla premessa per cui la consegna dell’immobile costituisce uno specifico obbligo del custode. In giurisprudenza (Cass., sez. I, 17 febbraio 1995, n. 1730) è stato in proposito affermato che “Nella vendita forzata, pur non essendo ravvisabile un incontro di consensi, tra l'offerente ed il giudice, produttivo dell'effetto transattivo, essendo l'atto di autonomia privata incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, l'offerta di acquisto del partecipante alla gara costituisce il presupposto negoziale dell'atto giurisdizionale di vendita; con la conseguente applicabilità delle norme del contratto di vendita non incompatibili con la natura dell'espropriazione forzata, quale l'art. 1477 cod.civ. concernente l'obbligo di consegna della cosa da parte del venditore”.

Il contenuto di questo obbligo si sostanzia nello svolgimento delle attività necessarie per procurare all’aggiudicatario la materiale disponibilità del bene.

A proposito della possibilità di emettere anche nelle vendite fallimentari l’ordine di liberazione si è espresso in senso affermativo la giurisprudenza di merito (in questo senso, Tribunale, Reggio Emilia, sez. fallimentare, sentenza 26/10/2013 lo ammette quando la vendita si svolge secondo le prescrizioni del codice di procedura civile).

Più recentemente (Trib. Mantova, 13 ottobre 2016) si è aggiunto che anche quando la vendita si sia svolta mediante procedure competitive questa possibilità deve ammettersi. A questo proposito si è osservato che sebbene sia il curatore che sceglie, con il programma di liquidazione, le modalità di vendita dei beni, optando - ai sensi del comma 1 o del comma 2 dell'art. 107 l.fall. - per le procedure competitive ovvero per la liquidazione in base alle norme del codice di procedura civile, la scelta per l’una o l’altra modalità non incide sulla natura delle vendite medesime, trattandosi comunque di vendite coattive, attuate contro la volontà del fallito, con la conseguenza che nell’uno e nell’altro caso deve ritenersi ammissibile la possibilità di adottare l’ordine di liberazione. 

Se si accoglie questa impostazione (secondo noi condivisibile) l’ordine di liberazione deve essere emesso anche nelle vendite fallimentari per consentire alla curatela di adempiere all’obbligo di consegna del bene.

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